“Cos’è rimasto di quegli anni ‘80” di Anna Rita Pinto
Nell’ultimo articolo ci siamo lasciati parlando in qualche modo del disumano.
Abbiamo raccontato di quel gruppo di ragazzetti che aveva dato fuoco a un cane bruciandolo vivo, fino ad arrivare alle lotte clandestine dei cani che mettevano in risalto proprio la differenza tra l’animale e la bestia. E dove la bestia era certamente l’uomo.
Poi, qualche giorno fa, ho visto “stasera sono in vena” uno spettacolo di teatro sociale, ironico e amaro allo stesso tempo, di e con Oscar di Summa, che è stato capace di affondare una mano dentro le costole ricordandoci il dolore di chi ha vissuto quegli anni ’80 impregnati di eroina. Quegli anni che preparavano il terreno all’allora neonata Sacra Corona Unita, mentre noi ragazzi, che già volevamo essere grandi, nei pomeriggi assolati di agosto ascoltavamo col volume a palla i Pink Floyd, stipati in un’auto che ci portava al mare ai quattro gatti e con l’unico sogno di rompere quella noia, “perché qua giù non c’è mai niente da fare”, dicevamo.
E così, molti di quella generazione, effettivamente, hanno pensato di fare qualcosa o per meglio dirla, hanno pensato di “farsi”. Un’intera flotta di adolescenti degli anni ’80 l’abbiamo persa così, tra un’overdose e una cella. Altri, invece, sono riusciti a diventare adulti, ce l’hanno fatta a non piegarsi a quella noia. Probabilmente saranno diventati anche genitori e magari, proprio loro meglio di altri, riconosceranno nell’apatia dei loro figli tipica degli adolescenti. Quella che ti spinge a ricercare emozioni sempre nuove, magari accompagnate da gesti eclatanti. Perché i cinque minuti di gloria, diciamolo, fanno piacere a tutti.
Così mentre noi ragazzi di allora impegnavamo il tempo nell’autolesionismo, i ragazzi di oggi hanno fatto un salto di qualità: impegnano il loro tempo nel lesionare degli altri. È quello che è successo nel napoletano, dove, ancora una volta, un gruppetto di ragazzi ha dato il meglio di sé. Loro, i cinque minuti di gloria, li volevano su Tik Tok e cosa poteva esserci di più visualizzabile se non un’azione “eroica”, come quella di sollevare un vecchietto in braccio, ma non per accompagnarlo ad attraversare la strada, ma per buttarlo in un cassonetto dell’immondizia.
E allora sì che mi viene da chiedermi: ma cosa manca oggi a questi ragazzi, visto che davvero hanno tutto? Dall’ultimo modello dell’i-phone, ai soldi in tasca, alla microcar, al poter rientrare all’alba anche a 15 anni o addirittura al poter fare l’amore nella stanza accanto a quella dei genitori perché, dicono le madri, “tanto certe cose le farebbero comunque, tanto vale che ce li teniamo in casa che sono più controllati”.
Insomma da dove nasce questa noia? Ora che tra l’altro, anche qui, nel profondo sud, abbiamo molto da fare tra teatro, cinema, concerti e così via. Niente, non basta mai niente. E come ne usciamo, quindi, per evitare che domani quella ad essere buttata nel cassonetto possa essere proprio io o chi sta leggendo? Come facciamo, noi adulti, ex adolescenti, a far capire la differenza tra ciò che è normale e ciò che non lo è affatto? Perché se è vero che di quegli anni ‘80 è rimasta la stessa identica noia nonostante tutto, è vero anche, forse, che non siamo riusciti a trasmettere l’esperienza. Quella parola che, secondo la filosofia, significa conoscenza, ovvero quel momento in cui viene coinvolta la sensibilità interiore che è la percezione intuitiva, immediata, di un sentimento o di un'emozione.
Ecco, ciò che si dovrebbe salvare di quegli anni ’80, non è solo quella fantastica musica che ci ha fatto sognare, ballare, trasgredire e perderci su quelle strade assolate di agosto mentre andavamo ai quattro gatti stipati in una macchina, ma l’esperienza. L’eredità che avremmo dovuto lasciare ai nostri figli per permettere loro di essere meno annoiati di noi, più motivati, più acculturati, più stimolati a fare grandi rivoluzioni umane. E i gesti eroici, così come le buone rivoluzioni, portano con sé l’odore del riscatto, non quello dell’immondizia.
Anna Rita Pinto
29.04.2022