La fuga. La resa. Gli aventiniani. Gli incapaci (di Anonymus)

Si non potes inimicum tuum vincere, habeas eum amicum

 

Se non puoi vincereil tuo nemico fattelo amico (aforisma attribuito a Caio Giulio Cesare).

Non so cosa sia più disonorevole tra la fuga e la resa. C'è anche una variante tra queste due ipotesi: l'Aventino.

Assurti alle funzioni di responsabilità, con annessi oneri ed onori, ed in politica ciò vale sia allorquando si hanno responsabilità di governo, sia quando si hanno quelle altrettanto importanti di controllo, quindi all'opposizione, la fuga è il rimedio cui ricorre l'ignavo.

Già posti da Dante nell'Antinferno (III Canto dell'Inferno) egli chiede: "Maestro, che è quel ch’io odo? E che gent'è che par nel suo duol si vinta? Il Maestro spiega a Dante che si tratta di  quelle  persone  che "Mischiate sono a quel cattivo coro de li angeli che non furon ribelli né fuor fedeli a Dio, ma per sé fuoro."

Animati e mossi da una visione elitaria della politica, gonfi "di vano orgoglio nella sua mente carnale", (San Paolo da Lettere ai Colossesi) ricorrono alla fuga tutte le volte in cui non sanno dare la giusta spiegazione al loro comportamento di fuggitivi di fronte alle loro responsabilità umane.

Ancor più grave risulta il comportamento di chi avendo svolto entrambe le funzioni che la politica e dunque i cittadini, gli hanno assegnato fugge in tutte e due le occasioni.

Avviluppati all'interno di un alto tasso di indignazione, che oggi si compra gratis e non vale niente, rifuggono (dalle)le loro responsabilità nobilitando il loro agire con motivazioni apolitiche, quasi moraleggianti.

La resa, invece, è tipica di chi depone le armi di fronte al suo avversario. Gli riconosce la vittoria, e come il pugile sul ring suonato dal suo contendente, getta la spugna e si arrende.

Il suo è un comportamento definitivo. Troppo forte l'avversario e dunque si ritira.

Gli va riconosciuto che non si rifugia in suggestive quanto inconcludenti giustificazioni del suo operato: si arrende.

Gli aventiniani aspettano! Aspettano che il tempo dia loro ragione; aspettano per dimostrare l'inconsistenza politica del loro avversario; aspettano … aspettano ...che neanche Quinto Fabio Massimo il Temporeggiatore .

Ovvero: l'inconsistenza fatta soggetto politico.

I tempi però incalzano; l'astensionismo aumenta; le decisioni vanno prese; l'anti politica impera. Allora "CHE FARE"?

L'assillo leninista impone una risposta.

Ci viene in soccorso Caio Giulio Cesare con il suo famoso aforisma: Si non potes inimicum tuum vincere, habeas eum amicum

Traduzione moderna: gli incapaci, a vario titolo, restino fuori dall'agone della politica!.

Anonymus

12/10/2022

(Nella foto: Menenio Agrippa)       

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