Eugenio Castellotti e Delia Scala: un amore impossibile in Formula Uno (di Erika Giordano).

(Ho ripercorso il racconto di mio padre e ho ricostruito poi gli avvenimenti, le date e quanto ha interessato Castellotti)

La prima domenica di settembre del 2018 riuscimmo a portare mio padre a Monza. Insieme a mio fratello ed a mia madre avevamo regalato un biglietto per il Gran Premio di Formula Uno, l’unica cosa che lo convinse a staccarsi dal lavoro in quella afosa estate. Così fu possibile fargli respirare l’emozione di uno sport che ha sempre seguito e che in molte circostanze ci aveva raccontato.

Durante le gare seguite in televisione di Formula Uno si è sempre parlato di alcune realtà attuali, Leclerc, Raikkonen, Werstappen e mi ha raccontato molte cose: intanto Ferrari il drago, Colin Chapman e Jim Clark, rispettivamente ingegnere e pilota della favolosa Lotus, la morte di Von Trips in quella famigerata corsa del 1961, alla curva parabolica, che registrò 15 morti

Una volta mi disse: se hai tempo cerca da qualche parte di un certo Eugenio … Eugenio Castellotti!, un campione quasi dimenticato, un purosangue della velocità dell’automobilismo, caro ad Enzo Ferrari.

Mi accennò alcune cose, dette con passione quasi a sottolineare un qualcosa di particolare, fuori dal quotidiano poi lasciò a me la ricostruzione del tutto.

Castellotti nacque a Lodi il 10 ottobre 1930, figlio di Angela una sedicenne nubile che tenne nascosto il padre per molti anni, al figlio. Fu riconosciuto dal padre, l’avv. Castellotti, appartenente all’alta borghesia del lodigiano quando aveva 9 anni ed aveva vissuto i suoi primi anni tra una madre che gli permetteva tutto ed un padre che poteva essere considerato per l’età il nonno, fortemente severo.

Alla fine del 1949 morì il padre e si ritrovò ricchissimo; qualcuno ha calcolato che solo di tassa di successione abbia pagato circa 60 milioni dell’epoca. Ritrovatosi ricco oltre ogni dire, non aveva problemi per soddisfare tutti i suoi desideri e comprò subito una Ferrari con la quale andava spesso a Milano sfoggiando eleganza ed atteggiamento quasi da bullo.

Prese la patente tre giorni dopo il suo compleanno, ed amava tanto correre da decidere che una tale passione doveva diventare la sua futura professione.

Cominciò quindi a correre e cominciarono le prime gare: il giro di Sicilia, la Mille Miglia, la Coppa della Toscana, delle Dolomiti, il Giro della Calabria e cominciarono anche le vittorie con il Gran Premio di Monaco e quello di Portogallo. Così la Lancia lo chiamò nella propria scuderia e conobbe Alberto Ascari con il quale condivise momenti di gioia fino al giorno in cui lo stesso Ascari perse la vita a Monza il 26 maggio del 1955, proprio alla curva che porta al vialone e che ancora oggi porta il suo nome. Questa tragedia lo scosse in modo particolare; ad Alberto Ascari, Castellotti aveva prestato il casco ed i suoi guanti e vedere l’amico morto con i “suoi strumenti di lavoro” lo turbò non poco tanto che qualcuno in scuderia lo sentì mormorare: “se mai accadrà a me, preferisco che ciò avvenga nella mia terra, nelle vicinanze di casa mia”.

La morte di Ascari, oltre ad altre difficoltà interne, fece chiudere la Lancia che cedette tutto (mezzi e piloti) alla Ferrari e così Castellotti si ritrovò alla corte di Enzo Ferrari e ne divenne uno dei piloti più apprezzati dal Drake in quel gruppo di piloti chiamati “la primavera” ossia “gli indisciplinati” unitamente a Luigi Musso, Alfonso de Portago, Peter Collins e Mike Hawthorn; morirono tutti e cinque, tutti al volante di una rossa tranne l’ultimo, Hawthorn, l’unico tra l’altro coronare il sogno di diventare Campione del Mondo di F1 nel 1958, morto fuori pista a bordo di una Jaguar.

Nel 1956 Castellotti vince le “Mille Miglia”, ed arrivò l’estate, e quell’anno volle dire anche amore perché conobbe Delia Scala in un ristorante, la soubrette più conosciuta d’Italia. Il giorno dopo le inondò il camerino di rose.

La loro storia riempì le cronache rosa di tutti i settimanali dell’epoca. Delia non voleva vederlo correre ed in molti ricordano, in tempi in cui non c’erano cellulari, quante volte telefonasse durante le gare alle varie redazioni sportive per chiedere quanti giri mancassero alla fine.

Poi decise di presentarla a sua madre, Angela, gelosissima, che accolse Delia in modo duro e determinato  dicendole «Sembri una cameriera e di conseguenza puoi accomodarti da quella parte, giusto in cucina».

Ne sorse un durissimo alterco, Eugenio s’infuriò e la madre lo cacciò di casa, imponendogli di lasciare Delia se mai avesse voluto riallacciare i rapporti. Ed allora per risolvere una tale situazione che si era creata tra le sue donne, Eugenio pensò bene di sposarsi. Glielo chiese e lei accettò. Fissarono la cerimonia per il dicembre del 1957 e stipularono quasi un contratto: lei avrebbe smesso di recitare e lui avrebbe smesso di correre.

Tutto filava per il meglio ma nel marzo Enzo Ferrari lo chiamò a Modena e gli chiese senza mezzi termini che voleva un record su quella pista. E la richiesta venne in un periodo molto duro per il ragazzo lodigiano. Delia era a Firenze, protagonista con Walter Chiari della commedia di Garinei e Giovannini “Buona notte Bettina” ed Eugenio si recava ogni sera a Firenze, da Modena, e tornava la mattina dopo ed a lungo andare ogni giorno che passava, arrivava sempre meno concentrato in pista.

Il 14 marzo dei ’57 si dice che Delia e Eugenio litigarono in modo furibondo. Lui dormì appena 3 ore, poi se ne ritornò a Modena perché la mattina dopo aveva le prove. Aveva i nervi a fior di pelle, poco concentrato, girava ma senza convinzione e mordente nonostante in pista avesse accanto Jean Behra, il francese suo ultimo rivale.

Eugenio, al volante aveva altro per la testa, pensava alla sua Delia, doveva decidere che fare della sua vita e se a 27 anni fosse giusto per amore rinunziare a quello che era stato l’unico scopo della sua vita. Probabilmente mentre correva si chiedeva se era un buon pilota per Ferrari, per l’automobilismo in genere.

E mentre si immaginava fuori dalle piste, la macchina toccò il cordolo laterale sbandando paurosamente, uscì dalla pista attraversando il prato ed andò a sbattere sull’altro cordolo che delimitava l’inizio della pista. L’auto si ribaltò. Fu la fine, erano le 17,19. Morì mentre era in ambulanza; si dice che indossasse una sola scarpa rafforzando la superstizione dei piloti i quali ritenevano che se dopo un incidente si restasse con una sola scarpa non c’era assolutamente speranza (A.AZZANO, F1, Eugenio Castellotti: Con le corse nel sangue, https://www.formulapassion.it/).

La stessa sera Delia Scala andò in scena insieme a Walter Chiari; saltò qualche battuta, ma continuò a recitare. La madre di Eugenio, visse fino al ’76, nel ricordo del figlio, che era stato l’unica ragione della sua vita..

Angela Castellotti e Delia Scala non si incontrarono mai più. Delia Scala non andò neppure ai funerali, che furono imponenti con la partecipazione di Enzo Ferrari e di tutto il mondo sportivo legato alle corse.

Due anni prima, nel 1955, in Italia era uscito il film: Tempo d’estate con interpreti d’eccezione come Catherine Hepburn e Rossano Brazzi; raccontava una mielosa ed elegante love-story tra l’americana Jane Hudson ed il veneziano Renato De Rossi, uomo sposato. Jane, presa da questo insolito rapporto, alla fine, decide poi di interromperlo tornando in America con grosso rammarico di Renato. La parte finale del film girava intorno ad un fiore, la camelia, dai più, nel linguaggio dei fiori, considerato il simbolo dell’amore impossibile. Mentre Jane era in treno, in partenza Renato cercò di raggiungerla per donarle una camelia, ma correndo si scontrò con un signore e gli fu impossibile raggiungere Jane. Rimase con la camelia in mano, quasi come testimonianza dell’amore impossibile.

Nel mese di dicembre del 1957, il mese scelto da Eugenio Castellotti e Delia Scala per convolare a nozze, si racconta che fu vista una donna vestita di scuro e con vistosi occhialoni neri che le coprivano il viso, varcare la porta del cimitero di Lodi, andare nei pressi della tomba di famiglia Castellotti, rigorosamente chiusa e vietata agli estranei. Una sosta di pochi secondi nei pressi della porta della cappella, qualche momento di raccoglimento e la posa di un fiore, proprio una camelia!

Alcuni pensarono che quella misteriosa donna fosse proprio Delia Scala che chiudeva definitivamente il ciclo terreno con il suo Eugenio!.

Erika Giordano

04.04.2022

Per offrirti il miglior servizio possibile questo sito utilizza cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego in conformità della nostra Cookie Policy.