Ibam forte via Sacra (di Carlo Ferraro)
Così esordiva Orazio in una delle sue più famose satire: in una Roma superaffollata lo scrittore andava veloce per la sua strada.
Provateci voi a passare veloci per la via Albricci, nel centro storico, il sabato sera o le sere delle altre feste comandate. Frotte di varia umanità sciamano liete per la via centrale e le sue piazze; abbagliati dalle luci, attirati dalle musiche, accarezzati dallo struscio generale, insomma intontiti, i vari flussi umanitari a volte si incagliano in alcuni punti nevralgici, impedendo l’avanzare, e restando lì come in balìa delle onde.
Qui c’è qualcosa di più del sabato del villaggio, dove si usciva per “mirar ed esser rimirati”.
Qui da noi in questa epoca in cui tutto si omologa ci si guarda addosso con l’uso dei selfie, (sono proprio i selfisti che impediscono la regolare circolazione della gente), non c’è più bisogno dello sguardo fisico degli altri, ognuno confinato in sè stesso manda la sua immagine altrove, in un luogo virtuale dove uno è tutti e tutti sono uno.
E trovano nella Mesagne da bere il loro sfondo ideale.
Uno sfondo fatto da “se stessi”: ragazzi tirati a lucido per la sera, famiglie in libera uscita, turisti affascinati da tutto questo movimento, di cui non se ne capisce la ragione. Una massa variegata e variopinta in continua transumanza da una piazzetta all’altra, a scoprire le sorprese musicali della sera o le varie offerte gastronomiche dei locali.
Come sia nato il fenomeno Mesagne, così trendy in tutta la provincia ed oltre, non lo sappiamo, ed in fondo amiamo non saperlo ma viverlo, ma ormai è così eclatante da essere considerato alla stregua di un fenomeno di costume.
Forse perché il nostro centro storico è circoscritto e delimitato, e per questo facilmente percorribile e vivibile; forse perché le varie piazze e piazzette, nella diversità e varietà di configurazione e dimensione, offrono ciascuna un set diverso per eventi differenti e concomitanti, moltiplicando la sensazione di una vasta offerta; forse perché i gestori di pub, pizzerie e ristoranti si premurano di offrire quasi ogni sera un evento musicale o di ballo o altro. Una fortunata sinergia tra tutti questi fattori ha dato origine a questo inedito paese dei balocchi.
Eppure non c’è un fiume da costeggiare, un mare o un panorama da contemplare; solo il continuo e mutevole scorrere delle persone elevato a meraviglia.
Ed in tutto questo sono arrivati a frotte i turisti, lieti di aver scoperto un luogo in cui succede sempre qualcosa, ed in cui la generale entropia creata dai flussi di persone restituisce la sensazione che stia per accadere qualcosa.
Così, essendo il centro storico assediato dai turisti, dai gastronomi, dai musicofili, dai cinefili e dai cinofili, al mesagnese doc non resta altro luogo in cui trovare ristoro da tutto questo se non la villa comunale, vero polmone serale, dove la gente si “difresca” dopo la calura quotidiana, seduti al bar a sorseggiare una bibita, o seduti sulle panchine a gustare un gelato, lontani dalla pazza folla.
Tutto perfetto quindi: chiasso nel centro storico, pace sotto la villa, se non fosse per un piccolo problema, che è la ragione di questo breve scritto agostano.
Nonostante la chiusura al traffico di tutta la via Tenente Ugo Granafei, ogni sera, alla sua estremità est, quella verso Porta Grande, si raduna un folto gruppo di giovani centauri in piena tempesta ormonale, o almeno così dobbiamo presupporre, se vogliamo interpretare in qualche modo l’ostinato e violento dare gas agli acceleratori per far rombare la loro estensione sessuale.
Capisco che questi giovani debbano esprimersi anch’essi; invece di fare la rivoluzione hanno deciso di fare casino e basta, e va bene pure, ma questo aumentare assurdo dei decibel dai tubi di scappamento, ed il poderoso effluvio di gas di scarico, che inquina ed appesta l’aria circostante, è davvero fuori posto in un luogo in cui la gente cerca un po’ di aria fresca e silenzio.
E capisco anche che per questi adolescenti sia necessario esprimersi, dire al mondo della loro esistenza. Ma penso anche che essi debbano imparare quanto prima una regola basilare del vivere civile, quella di vivere e di lasciar vivere gli altri.
Quindi prima di tutto il rispetto degli altri. E chi glielo dice? La scuola? Purtroppo siamo in vacanza. I genitori? Sono in vacanza anche loro, da tempo.
Forse banalmente basterebbe che una coppia di vigili urbani passeggiasse la sera lungo il viale della villa comunale ed estendesse qualche bella contravvenzione o, meglio, sequestrasse qualche motorino, giusto per ribadire in maniera robusta il principio che la libertà personale finisce là dove comincia la libertà altrui. Chiediamo troppo?
Carlo Ferraro