A 35 anni dalla morte di Carlo Alberto Dalla Chiesa, sono molti ancora i punti da chiarire ...

Si ripropone un articolo di Gianni Cipriani (fonte Unità): "Andreotti ha le carte originali di Moro”. La suocera di Dalla Chiesa: “Fu Carlo Alberto a dargliele”.

 

L'accusa è pesantissima. Giulio Andreotti ha avuto il memoriale di Aldo Moro nella sua versione integrale e ha fatto «sparire» le parti più scottanti, con la scusa del segreto di Stato. Era stato il generale Alberto Dalla Chiesa a consegnargli quei documenti, dopo averli recuperati nell'ottobre del 1978 nel covo brigatista di via Montenevoso. Insomma l'ex presidente del consiglio e attuale senatore a vita sarebbe a conoscenza dei segreti inconfessabili scritti da Moro in punto di morte.

Questa circostanza, adesso, è stata rivelata da Maria Antonietta Setti Carraro, madre di Emanuela, la giovane moglie del generale che venne assassinata nella strage di via Carini. Dichiarazioni che, per la loro gravita, dovranno essere attentamente verificate, ma che comunque vengono da una persona che in tutti questi anni ha sempre evitato interventi a sproposito.

«Dopo la morte di Aldo Moro - ha raccontato la signora Setti Carraro in una dichiarazione rilasciata all'Adn Kronos - Carlo Alberto venne in contatto con le carte dello statista. È sicuro che Moro negli ultimi giorni della sua prigionia fosse perfettamente cosciente di dover morire ed abbia deciso, dunque, di scrivere tutto ciò che sapeva. Carlo Alberto ha avuto in mano il diario integrale di Moro, trovato nel covo delle brigate rosse di via Montenevoso. Andreotti, come presidente del Consiglio, chiese a Carlo Alberto di consegnargli il diario. Cosa che il generale fece. Prima, però, sono sicura, Carlo Alberto fece una copia del documento, che poi fu reso noto, ma, sono certa, non in modo completo».

Queste le dichiarazioni della madre della seconda moglie di Dalla Chiesa. Affermazioni fatte, presumibilmente, in base alle confidenze della figlia.

Attendibili? Lo dovrà stabilire la magistratura, che finora non ha mai brillato nella ricerca della verità sul caso Moro e sulla storia delle Brigate rosse. Certo è che il racconto della signora è perfettamente verosimile. Anzi: si inquadra con una serie di elementi riscontrati in più occasioni e che non hanno ancora mai avuto una spiegazione in sede giudiziaria.

Il più «simile» al racconto di Maria Antonietta Setti Carraro è il documento che fu sequestrato a Firenze in casa del giornalista Marcello Coppelli.

Coppetti aveva annotato il resoconto di un colloquio avuto a villa Wanda con Licio Celli e Umberto Nobili, ufficiale del Sios (il servizio segreto, ndr) aeronautico. «Il caso Moro non è finito - scriveva Coppetti - Dalla Chiesa aveva un infiltrato, un carabiniere giovanissimo, nelle Brigate rosse. Così sapeva che le Br che avevano sequestrato Moro avevano anche materiale compromettente di Moro. Dalla Chiesa andò da Andreotti e gli disse che il materiale poteva essere recuperato se gli veniva data carta bianca. Siccome Andreotti temeva le carte di Moro (le valigie scomparse) nominò Dalla Chiesa. Costui recuperò ciò che doveva. Così il memoriale Moro è incompleto. Anche quello della magistratura. Perché è segreto di Stato».

Ascoltati in commissione Moro, sia Coppetti che Nobili confermarono il contenuto del colloquio. E adesso, dopo i «riscontri» sul conto Protezione, si è avuta la prova che molte indicazioni di Gelli non erano assolutamente infondate.

Del resto è provato che da momento dell'individuazione del covo delle Br di via Montenevoso, dove c'erano le carte di Moro, a quello del blitz, trascorsero più di due mesi. E proprio nei giorni immediatamente precedenti all'azione, Dalla Chiesa ebbe da Andreotti i poteri speciali, con un decreto che fin dal primo istante suscitò perplessità. I documenti furono trovati?

Nell'ottobre del 1990, quando in un nascondiglio segreto di via Montenevoso furono scoperte le fotocopie di una parte del memoriale, ritornò il «dubbio» sugli originali. Chi li aveva?

Gli stessi dubbi che aveva manifestato Dalla Chiesa deponendo davanti alla commissione Moro il 23 febbraio 1982, quando era stato «esiliato». «L'unica copia che è stata non è in prima battuta»,

disse il generale. E poi aggiunse: «Io penso che ci sia qualcuno che possa aver recepito tutto questo». A chi si riferiva?

Il generale Dalla Chiesa è stato assassinato e non potrà più raccontare quella vicenda. I figli, in una nota diffusa in serata, hanno sostenuto di non aver mai saputo nulla delle carte di Moro. Ma ogni giorno di più la strage di via Carini sembra collegata ai retroscena sul caso Moro di cui Dalla Chiesa era a conoscenza.

Lo stesso Buscetta, davanti alla commissione Antimafia, aveva parlato di una «entità» che voleva la morte del generale fin dal 1979, quando non poteva aver dato alcun fastidio a Cosa Nostra.

E lo stesso Nando Dalla Chiesa, dopo le parole di Buscetta, ha ipotizzato che tra il caso Moro e la morte del padre ci fosse uno stretto legame. «È anche la mia convinzione - commenta l'ex senatore del Pci Sergio Flamigni, maggior esperto del caso Moro - tutti i fatti dimostrano che le carte originali erano state effettivamente trovate. Furono sottratte e coperte con il segreto di Stato che Dalla Chiesa, leale servitore delle istituzioni, mantenne». In nottata, la signora ha in parte modificato la sua versione: «Si trattava di pagine scritte dallo statista - ha detto - che potevano, a mio parere, essere state rinvenute nell'abitazione del generale e di cui, il senatore Andreotti, allora presidente del Consiglio, poteva aver chiesto visione». Ma delle sue dichiarazioni c'è una registrazione, mandata in onda, tra l'altro, dal Tg5.

Fonte: L’Unità, 7 aprile 1993

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