Salute pubblica: quando gli studi scientifici non dicono il vero. Nota su uno studio di Piscitelli e Distante dell'Isbem.

Questa nota riporta alcune critiche rivolte ad un articolo scientifico di argomento epidemiologico (1), per inquadrarle nel tema più ampio della crisi della credibilità della scienza.

Tra gli epidemiologi ha fatto e fa molto discutere all’estero e in Italia (2, 3), uno studio condotto da Piscitelli e Distante dell’ISBEM di Mesagne, insieme con un nutrito gruppo di ricercatori di prestigiose università italiane (Università di Napoli) e straniere (Queen Mary University di Londra), e di tecnici di sanità pubblica (dipartimento di prevenzione dell’ASL di Lecce).

Intenzione degli autori era quella di stimare, attraverso i dati delle schede di dimissione ospedaliera, il cosiddetto cancer burden, ossia letteralmente il carico di tumori tra persone di età comprese tra 0-19 anni e 20-39 anni. Gli autori, secondo le critiche pubblicate in Italia su Epidemiologia e Prevenzione (3) e, all’estero, sulla stessa rivista su cui Piscitelli e colleghi hanno pubblicato l’articolo (2), forniscono una stima errata, in particolare in eccesso, di tumori in Italia. L’eccesso è quantificabile in almeno il 40%. Un errore evitabile, se gli autori avessero confrontato i dati dei ricoveri, con i dati dei registri tumori. Almeno in quelle zone che sono coperte da registrazione. Il dato di Piscitelli e colleghi è giudicato inaffidabile (“unreliable”) da Benedetto Terracini, decano degli epidemiologi italiani, e da colleghi del registro tumori piemontesi. Un giudizio che è anche un invito agli autori, nemmeno tanto velato, a ritirare l’articolo dalla circolazione.

L’articolo era assurto alla cronaca nazionale anche perché pubblicato in concomitanza con la comunicazione dei nuovi dati del registro dei tumori infantili campano. La stampa, messa di fronte a due cifre, quelle vere e affidabili del registro tumori campano – fonte giudicata dagli addetti ai lavori come generalmente più attendibile delle schede di dimissione ospedaliera – e quelle sovrastimate fornite dall’ISBEM, enfatizzava acriticamente e ingiustificatamente le seconde. Per descrivere l’impatto sulla stampa dell’articolo, Terracini utilizza la categoria della post-verità, giacche’ i giornalisti avevano dato un’enfasi inferiore ad un dato oggettivo – quello dei registri tumori – ed una maggiore ai dati forniti dall’ISBEM.

Agli autori dell’articolo sta ora il compito di reagire a queste critiche, ovvero di farle proprie e ritirare lo stesso. Questa vicenda appare però emblematica della tendenza alla negazione dei fatti della scienza e della deriva post-fattuale che si ritiene possa essere bloccata solo ribadendo la necessità dell’approccio scientifico ai problemi, ovvero di un approccio che salvaguardi trasparenza e riproducibilità del processo di produzione dei dati.

E’ necessario, tuttavia, anche indagare le ragioni ed i meccanismi che spingono alla negazione dei fatti della scienza. O al preferire alcuni fatti a dei (fino a prova contraria) non-fatti. Certamente c’è un problema di sfiducia nelle istituzioni, anche nella Istituzione-Scienza.

La sfiducia nella Scienza potrebbe essere anche il frutto di una ricerca solo tesa a introdurre innovazioni tecnologiche “mercantilizzabili” (il ricercatore scientifico che produce uova d’oro per la tavola del capitalismo)(4) e che insegue le mode del momento(5). Un modo di fare ricerca che non si distingue affatto da qualsiasi altra attività umana: si fa ricerca per fare carriera e vendere più beni e servizi. Del resto quando mai la scienza – quella reale, non quella di narrazioni fantastiche che la vedono neutrale – è stata avulsa dal contesto in cui ha operato (6)?

E’ innegabile che attività di ricerca orientate al mercato o finalizzate al soddisfacimento di bisogni di carriera individuali, legittimi ma non necessariamente rispondenti ai bisogni della collettività, possano aver facilitato atteggiamenti dell’opinione pubblica o dei mass-media indifferenti o, apertamente ostili, nei confronti della scienza.

I finanziamenti ad Università ed enti di ricerca, d’altra parte, sono sempre più dipendenti da indicatori che privilegiano aspetti quantitativi della produzione scientifica, tra questi il numero di articoli pubblicati e l’impatto, misurato con il numero di citazioni, che essi hanno nella comunità scientifica. E dipendono inoltre anche dalla produzione scientifica e dalla capacità di attrarre finanziamenti alla ricerca le carriere dei ricercatori e delle ricercatrici.

Che grado di libertà hanno, dunque, le Università e gli Enti di ricerca pubblici nel condurre ricerche di interesse collettivo? Basso se i finanziamenti giungono per lo più dagli interessi economici che hanno come scopo solo o prevalentemente quello di fare profitto o se giungono da finanziatori pubblici, con lo scopo di ideare nuovi prodotti e servizi per il mercato. Un dato emblematico dell’egemonia del binomio scienza-innovazione è quello dei fondi della ricerca europea: nel 2002-2013, a fronte di 70 miliardi di Euro investiti sullo sviluppo di prodotti e tecnologie, appena 465 milioni di Euro sono destinati alla protezione della salute e dell’ambiente, lo 0,7% del totale (7).

In quest’ottica è assolutamente prioritario il recupero di una etica pubblica da parte delle istituzioni di ricerca e soprattutto dei suoi ricercatori, ma è anche necessario che cambino le domande che gli scienziati si pongono nonchè le attese sociali nei loro confronti: la scienza non può cambiare solo dal proprio interno. (6)

Sul declassamento dei fatti della scienza si dovrebbe riflettere anche sul piano politico. La politica ha oscillato, negli ultimi anni, dal ridurre i flussi di finanziamenti al negare i fatti della scienza, quando questi suggerivano di compiere scelte che non pagavano in termini di consenso elettorale. E’ in questo senso paradigmatica la vicenda dei risultati delle indagini epidemiologiche condotte sull’impatto dell’Ilva di Taranto (8) o dell’industria energetica e petrolchimica brindisina (9). Risultati ignorati dai decisori politici.

Come fare per ridare credibilità alle pubblicazioni scientifiche evitando che contengano conclusioni false? John Ioannidis della Standford Univerity che ha studiato molto le false notizie negli articoli scientifici, propone alcune misure correttive(10): ricerche condotte in gruppi cooperativi, adozione di una cultura della replicazione, registrazione degli studi, dei protocolli, condivisione dei dati, pratiche di riproducibilità, contenimento dei conflitti tra sponsor e autori, modelli statistici più appropriati, migliori disegni degli studi e migliore preparazione statistica. Questi alcuni dei consigli per rendere più credibile la scienza. Correttivi interni, ma forse anche nuove attese nei confronti dei ricercatori pubblici da parte dei loro veri sponsors, i cittadini che pagano le tasse, potranno arginare la deriva in corso.

1.Piscitelli P, Marino I, Falco A, Rivezzi M, Romano R, Mazzella R, et al. Hospitalizations in Pediatric and Adult Patients for All Cancer Type in Italy: The EPIKIT Study under the E.U. COHEIRS Project on Environment and Health. Int J Environ Res Public Health. 2017;14(5).

2.Terracini B, Alessi D, Isaevska E, Macerata V, Magnani C, Manasievska M, et al. Comment on Piscitelli et al. Hospitalizations in Pediatric and Adult Patients for All Cancer Type in Italy: The EPIKIT Study under the E.U. COHEIRS Project on Environment and Health. Int. J. Environ. Res. Public Health 2017, 14, 495. Int J Environ Res Public Health. 2017;14(8).

3.Terracini B. [A post-truth about childhood cancers in Italy]. Epidemiol Prev. 2017;41(3-4):157-8.

4.Dronamraju KR. Haldanés Daedalus revisited. . Oxford: Oxford university Press; 1995.

5.Tomatis L. [Confidence in evidence: 10 years after the death of Maccacaro]. Epidemiol Prev. 1987;9(30):1-3.

6.Mangia C, Cervino M, Gianicolo EA. Interessi economici-finanziari e ricerca in ambiente e salute: che genere di intreccio? Riflessioni Sistemiche. 2015;13.

7.Harremoës P, Gee D, MacGarvin M, Stirling A, Keys J, Wynne B, et al. Late lessons from early warnings: the precautionary principle 1896–2000. European Environmental Agency; 2012.

8.Forastiere F, Biggeri A, Triassi M. Perizia conferita il giorno 24 Giugno 2011dal Giudice per le indagini preliminari dott.ssa Patrizia Todisco. Tribunale di Taranto Ufficio per le Indagini Preliminari. 2012.

9.Bauleo L, Ancona C, Morabito A, Nocioni A, Giua R, Spagnolo G, et al. Studio di coorte sugli effetti delle esposizioni ambientali sulla mortalità e morbosità della popolazione residente a Brindisi e nei comuni limitrofi. 2017.

Joannids J.P.A How to make more published research true. PloS Med 2014 Oct 21;11(10):e1001747

 

http://www.salutepubblica.net/gli-studi-scientifici-non-dicono-vero

Per offrirti il miglior servizio possibile questo sito utilizza cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego in conformità della nostra Cookie Policy.