Vinitaly e vigne a Via del mare: una speranza per la città. (Carmine Dipietrangelo)
Considerazioni di un “interessato".
La decisione di arredare, con un pezzo di vigneto, via del mare, pur tra tante piante non autoctone, è una scelta bella e coraggiosa, è un segnale che vuole dire che Brindisi è terra di vigneti. Così almeno io l’ho colto. Oltre il porto, l’industria, c’è una campagna ricca di vigne. Si spera che sia una inversione di tendenza. Un modo diverso di richiamare l’attenzione. Un bel biglietto da visita che può aiutare la città a riprendersi un ruolo in un settore che negli ultimi anni ha fatto molti passi in avanti.
La viticoltura e la vitivinicoltura della città ha avuto storicamente un ruolo determinante nel settore e ha ancora grandi potenzialità anche se ai più, istituzioni locali comprese, sfugge l’importanza produttiva, turistica e culturale.
Nei giorni scorsi si è svolto a Verona il Vinitaly, vetrina storica e importante del vino italiano a cui, per quantità e qualità, quello pugliese da un notevole apporto. I dati forniti per questa occasione dimostrano il ruolo e l’importanza che il vino italiano sta avendo per l’export e per l’economia italiana.
Anche in provincia di Brindisi e in città il settore si sta sviluppando ed evolvendo. Un contributo lo stanno dando le nuove generazioni.
E questo grazie soprattutto a quei produttori, vecchi e nuovi, che hanno resistito, creduto e credono nella nostra vitivinicoltura facendole raggiungere livelli di qualità ormai riconosciuti dal mercato e dai consumatori.
Se la vitivinicoltura sta acquistando sempre più importanza e valore, contribuendo alla rivalutazione dei territori vocati e dei vitigni autoctoni, anche quella brindisina, nel contesto pugliese e nazionale, ha tutte le condizioni e le potenzialità per recuperare e per riproporsi.
Il suo "terroir", i suoi vitigni autoctoni (negroamaro, malvasia nera e bianca, susumaniello), il suo vino, vanno innanzitutto conosciuti e riconosciuti dagli stessi brindisini.
Brindisi deve recuperare e credere nelle sue potenzialità agricole e vitivinicole. Si darebbe un contributo per un nuovo (anche se vecchio) sviluppo. Dopo la crisi industriale di questi anni e il fisiologico esaurimento di quello impostato o imposto, sessant’anni fa, con l’industria di base(petrolchimica) e di servizio(energia da fossili) l’agricoltura può rappresentare un solido riferimento. Non un ritorno ad un passato. Ma consapevolezza che la vitivinicoltura brindisina ha contribuito a fare, in anni passati, la storia del vino e della sua economia.
Dopo lo svellimento incentivato dei vigneti negli anni 70/80((si è passati in provincia di Brindisi dai 33.500 ettari vitati censiti in tutta la provincia nel 1970 ai circa 11.000 del 2016 a tutto vantaggio della viticoltura veneta e toscana ), dopo la crisi del metanolo del 1987, dopo quella delle cantine sociali e dopo il più recente asservimento agli impianti fotovoltaici di aree agricole pregiate e vocate alla vite, si registra anche a Brindisi un ritorno di interesse verso la vitivinicoltura.
Ben 4.000 ettari dell'agro cittadino (il 50% della superficie agraria provinciale di tutta la superficie dove si produce uva da vino) ,tra vecchi e nuovi impianti, sono coltivati a vigneto per uve da vino. Tutto questo crea lavoro, economia, reddito. Assieme ai 1.300 ettari dell'agro di Mesagne costituiscono la zona della Denominazione d’origine controllata(DOC) “Brindisi” (una delle poche città che da' il proprio nome ad una doc). Ma tra le 29 pugliesi è poco valorizzata e tutelata, poco utilizzata dagli stessi viticoltori brindisini. Sul mercato la DOC Brindisi non è sufficientemente apprezzata e, per dirla tutta, non è presa in considerazione anche a causa dello scarso interesse dello stesso territorio.
Il consorzio di tutela della Doc Brindisi deve tutelarla e valorizzarla in maniera significativa; deve sentire il territorio e condividere impegni, iniziative e programmi.
La strada per la valorizzazione dei nostri vitigni, del nostro vino, del nostro territorio, rimane tutta da percorrere. Credo che i vitivinicoltori brindisini dovrebbero mettersi assieme per battere questa strada e per coinvolgere, sulle caratteristiche del vino di Brindisi, sul suo terroir e sulla sua storia, le associazioni, gli operatori del turismo, della ristorazione, le istituzioni locali, l’informazione, gli appassionati del vasto mondo del vino che vede i giovani sempre più in prima fila.
Con il Testo Unico del Vino sono state semplificate e riunificate le norme del settore.
L'art. 1 di questa legge recita testualmente: "La Republica salvaguarda, per la loro specificità e il loro valore in termine di sostenibilità sociale, economica, ambientale e culturale, il vino prodotto della vite, e i territori viticoli, quale parte del patrimonio ambientale, culturale, gastronomico e paesaggistico italiano, nonché frutto di un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni".
Questo articolo della legge può diventare il manifesto per rilanciare e valorizzare la vitivinicoltura brindisina.
Ci sono oggi favorevoli condizioni per ricostruire a Brindisi una nuova economia e una cultura del vino. Ci sono competenze, pratiche, tradizione e storia. Oggi più che mai è necessario mettere e mettersi assieme(produttori, tecnici, associazioni, istituzioni), cooperare in maniera innovativa, ripensare e rafforzare le forme associative di tutela, di ricerca, di promozione del prodotto vino e del suo territorio. Non servono prime donne ma imprenditori e produttori che devono saper cooperare nella valorizzazione di Brindisi, terra di antichi vigneti e di vino buono.
I produttori, tutti, devono stare in prima fila.
Brindisi, grazie alle azioni costiere della pesca, è entrata nel GAL dell’Alto Salento di Ostuni, anche se sarebbe stato più logico far parte di quello di Mesagne. Non si perda, a Brindisi, l’occasione di mettere a sistema la grande sinergia potenziale tra risorsa “mare”(turismo, prodotti ittici,ecc.) e risorsa “terra” (agriturismo, prodotti della terra, enogastronomia,ecc.).
L'economia e la cultura del vino non possono essere solo quelle che si incontrano negli eventi estivi, tipo sagre paesane anche se ambiziose e di livello o esaurirsi con essi. Non sono sufficienti. C'è bisogno di iniziative in grado di aiutare capacità di conoscenza, di innovazione, di promozione, di commercializzazione e di valorizzazione dei nostri vini.
Si faccia tesoro degli errori commessi o delle esperienze già fatte per avviare percorsi di nuovi eventi per promuovere il nostro vino e il territorio che lo produce. Il consorzio di tutela della Doc Brindisi e il programma del Gal Alto Salento devono vedere Brindisi e i suoi produttori agricoli protagonisti. Basta farsi rappresentare da chi, lontano da Brindisi, è più interessato a far si che
il valore aggiunto del nostro vino arricchisca altri territori.
Brindisi andrebbe "scoperta" e rappresentata anche attraverso "un simbolico percorso" che parte dal bicchiere(vino di negroamaro e di susumaniello da degustare in posti storici), attraversa il territorio e il paesaggio(quello vecchio e nuovo dei vigneti brindisini), passa dalle cantine ed arriva alla cultura(storia, tradizione, ricerca, innovazione). Un percorso utile per richiamare turisti e da far conoscere agli stessi brindisini.
Il nostro negroamaro come altri vitigni autoctoni del territorio (susmaniello innanzitutto) hanno la loro specificità (sentono il clima del mare) ed hanno tutte le potenzialità per imporsi con una propria identità.
L'identità del vino ha un valore economico, è un racconto da comunicare e non solo. L'identità affonda le radici nel passato e si apre al futuro. Brindisi, terra di antichi vigneti e di vino buono, può essere tutto questo per ritrovarsi come comunità che sa valorizzare il territorio, le sue vigne, i suoi vitigni, il suo vino.
Carmine Dipietrangelo
Vitivinicoltore