Macchia (Cgil): lo sbarco degli albanesi… per non dimenticare
Come ogni anno il 07 marzo torna a ricordarci che Brindisi il 07.03.1991 è stata un esempio per tutta l’Italia, attenzionata anche dall’UNICEF.
Alle 10 del mattino di quel 7 marzo si affacciò sul porto di Brindisi la nave Sirja, carica di gente disperata che aveva lasciato la propria terra, l’Albania, per cercare la pace lontano da un regime militare oppressivo.
Dopo il primo approdo ci fu un susseguirsi di navi di fortuna che portarono a Brindisi oltre 25.ooo profughi, a fronte di una popolazione che rasentava appena i 90.000 abitanti.
In quel caso lo Stato riuscì ad essere presente solo dopo il 12 marzo, prima di allora fu demandato tutto alla solidarietà del popolo Brindisino che coadiuvò con la propria solidarietà e senza riserve la macchina organizzativa messa in piedi dall’allora Sindaco di Brindisi.
Un evento quello di 28 anni fa ben lontano sia politicamente, che umanamente, dalle invettive razziste e xenofobe dell’attuale governo, il quale ha fatto della politica dell’odio il proprio segno distintivo.
Una politica che mira a cancellare i diritti e le garanzie dei più deboli, a favore di un non ancora precisato fine epurativo che fa riecheggiare i fasti del ventennio.
Partendo da Riace per poi giungere ai casi della nave Aquarius e Diciotti sono state annientate le più nobili esperienze di inclusione ed integrazione maturate nel nostro Paese.
Si è minato alle fondamenta del modello Riace togliendo loro dapprima i fondi che da sempre hanno permesso di coltivare i valori della accoglienza e della pacifica convivenza, per poi abbandonare al proprio destino i migranti delle navi lasciate in mare perché rifiutate nei nostri porti da una norma aberrante.
Adesso siamo a tirare i conti su quanto fosse appagante e moralmente coinvolgente essere i protagonisti di un intervento umanitario senza precedenti, rammaricati del fatto che questa storia è stata da molti cancellata, poiché si vuol convincere chi ha bisogno che odiando e scacciando i più indifesi, si otterranno maggiori diritti.
Questa è mancanza di onestà intellettuale, chi governa dovrebbe avere il coraggio di ammettere la propria inadeguatezza e non cercare di spostare l’attenzione su elementi estranei che abbruttiscono la cultura di un paese che da sempre si contraddistingue per la nobiltà delle gesta.
Noi non cadremo mai in questo tranello perché abbiamo ben in mente quali sono i valori di solidarietà e cultura del sociale da portare avanti e trasmettere nel futuro.
Il Segretario Generale
Antonio Macchia