Che la terra ti sia lieve, Ustinu!

In molti hanno parlato di Ustinu, sacrestano della Chiesa di San Giuseppe sulle pagine dei social e tutti lo ricordano come tale.

Avevo sei anni quando conobbi Ustinu, lui ne aveva 23 circa, un divorzio alle spalle ed una figlia che non ho mai conosciuto. Lavorava nei cantieri di lavoro, quello strumento che nel dopoguerra e fino al 1960 leniva la disoccupazione di tanta povera gente. Proprio in uno di quei cantieri che hanno permesso di realizzare il piazzale della porta Grande, il Convento del Carmine con il Campanile, Piazza Orsini del Balzo, l’attuale Caserma dei Carabinieri, il campo sportivo di Via Sasso. Ed Ustinu è stato il primo portiere di una squadra “Scapuli e Spusati” della prima partita di calcio giocata in quel favoloso ed indimenticabile terreno di gioco. Parlo di un giovane alto e robusto con una forza indicibile. La giornata con sei ore di duro lavoro era retribuita con 600 lire al giorno per gli scapoli e 700 per gli ammogliati a questo si aggiungeva 250 grammi di pasta, una cinquantina cc. di olio e 200 grammi di salsa il tutto distribuito ogni sabato. Tempi duri al limite della sofferenza.

L’ho conosciuto perché a cominciare dalla prima elementare frequentata dalle sorelle Candido allu Buriu (Via Epifanio Ferdinando) e poi per altri quattro anni all’unico edificio della scuola elementare in Via Latiano venivo accompagnato a Scuola. Il più delle volte a piedi e raramente si andava in bicicletta.

I ragazzi alla scuola elementare andavano a piedi come appare in una cartolina con scolari in Via Latiano nei pressi del Castello, e la paura dei traini faceva sì che qualche genitore trovasse qualcuno disposto ad accompagnare i propri a scuola.

Ustinu mi accompagnava a scuola e lo ha fatto per ben cinque anni. E nonostante fossi un moccioso riuscivo a capire il suo animo gentile, disponibile anche se in uno stato di sofferta povertà. E più di qualche volta comunicavo a mia madre la sua situazione ed a strappare il panino e, molto gradito, qualcosa di cucinato da portare a casa con i suoi due genitori, due simpatici vecchietti usurati dal lavoro svolto nei campi per tutta una vita.

Ed il pomeriggio cercava altro lavoro, il più delle volte da Lisandro, l’unico personaggio diciamo imprenditore di pompe funebri con attività in Via Eugenio Santacesaria (lato destro del ristorante Pepe Nero). Si era specializzato a saldare con alluminio le bare obbligatorio per le casse che dovevano essere tumulate nei loculi di primo tempo. Quando Lisandru, aveva cominciato ad allentare il suo lavoro Ustinu convinse Romano Pignataro, allievo sacrestano della Porta Grande, dove era in servizio ‘Ntognu Pia (zio se non erro di Romano). E le nuove Pompe funebri si dislocarono come negozio in Vico Quercia con Romano Pignataro sacrestano e imprenditore ed Ustinu factotum che prendeva contatto con i familiari del de cuius, organizzava il funerale , prenotava il Capitolo o il mezzocapitolo, le orfanelle (fino al 1963 anno del Concilio Vaticano II), la banda quando si trattava di funerali di zingari, la sepoltura con Carmelo Menotte (lu campusantieri). Fornitori i vari Spagnoletti e Pacucci, ditte ancora in attività nel settore. Ustinu si industriò ancor di più con Romano e siccome all’epoca non c’erano fiorai presso il Camposanto nella ricorrenza del 2 novembre organizzava un gruppo di lavoro in Piazza IV Novembre e nel viale esterno del Cimitero per vendere crisantemi, garofanini e qualche rosellina.

Proprio praticando ambienti religiosi, chiese, sacerdoti, suore si ritrovò con don Angelo Galeone. Diventò sacrestano nella chiesa di San Giuseppe quando lo stesso don Angelo ebbe l’incarico, giovanissimo di gestire la nascente parrocchia di San Giuseppe Artigiano, dislocata in un ampio locale tutto da ristrutturare di proprietà dell’Enel.

Ed i più hanno conosciuto Ustinu che in tale veste ossia come sacrestano, persona tranquilla che ispirava fiducia ad un intero quartiere, ma ancor di più amico, confidnte, in definitiva persona a cui rivolgersi in caso di bisogno e di necessità.

Gli ultimi anni li ha trascorsi presso le suore antoniane, lo andavano a trovare in molti in particolare Renato Zanzarella amico a cui era rimasto legato oltre ogni dire. I suoi amici più stretti lo avevano anticipato nel percorre la Grande strada da ‘Ntognu Pia a Romanu, da Musciaredda a Ntunucciu ti li Tumminicani per finire a Cocu e Carmelu Scardinu.

Ustinu forse rimarrà nel cuore di quanti lo hanno conosciuto come esempio di estrema umiltà, che rimane nel cuore di tanti a testimonianza che la vita, alcune volte, è rappresentata da cose e persone semplici.

Quando questa mattina sono andato a salutarlo, presso le suore antoniane nella camera delle riunioni allestita come camera ardente non c’era nessuno. Il suo volto era sorridente quasi a dirmi in modo sornione: “me ne vado via alla chetichella”.

Che la terra ti sia lieve Ustinu.

Ho chiesto alla Redazione di www.mesagne.net di pubblicare questo mio ricordo senza firma come se fosse un saluto della nostra comunità mesagnese.

Da parte mia è stato solo un ringraziamento per tutte le cose belle che mi ha indicato e che sono diventate negli anni, punti di riferimento indelebili del mio esistere.

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