La città, il territorio, il vino Un ritorno al passato rivolto al futuro (di Carmine Dipietrangelo)
A fine anni 70 erano censiti in tutta la provincia di Brindisi circa 33.500 ettari vitati.
Nel 2016 solo circa 11.000, a tutto vantaggio della viticoltura veneta, toscana e di altri territori. Si è assistito ad un vero e proprio impoverimento produttivo e colturale di un territorio vocato e dalle grandi tradizioni vitivinicole. In questi anni molti hanno abbandonato, ha inciso certamente la crisi del settore negli anni del metanolo ed una convinzione che il nostro vino fosse solo utile per tagliare altri vini e quando in eccesso buono per distillare in quanto remunerato con le provvidenze comunitarie. C’è stata poi la crisi e il fallimento delle cantine sociali e recentemente anche l'asservimento agli impianti fotovoltaici di aree agricole pregiate e vocate alla vite. Malgrado tutto questo si sta registrando negli ultimi anni anche a Brindisi un ritorno di interesse verso la vitivinicoltura grazie a chi ha voluto resistere e ha investito puntando alla valorizzazione dei nostri vitigni autoctoni e alle loro potenzialità per ottenere grandi vini.
Un ritorno al passato rivolto però al futuro.
Ben 4.000 ettari dell'agro cittadino (il 50% della superficie agraria provinciale dove si produce uva da vino) ,tra vecchi e nuovi impianti, sono coltivati a vigneto per uve da vino. Molti di questi vigneti sono condotti, però, non da viticoltori brindisini. Questi 4.000 assieme ai 1.300 ettari dell'agro di Mesagne costituiscono l’area della Doc Brindisi(una delle poche città capoluogo che da' il proprio nome ad una denominazione d’origine controllata ). Una Doc, tra le 29 pugliesi, poco valorizzata e tutelata, poco utilizzata dagli stessi viticoltori: su circa 5000 ettari vitati solo 337 sono stati registrati come doc Brindisi nel Consorzio. Mentre sono tanti gli imbottigliatori che si fregiano di etichette con la Doc BRINDISI come dimostra tra l’altro l’inchiesta in corso su presunti vini sofisticati venduti come Doc.
Il consorzio di tutela della doc brindisi può e deve diventare uno strumento di valorizzazione, di promozione non solo del vino ma anche delle città che producono questa Doc. È questo l’impegno assunto dal nuovo consiglio di amministrazione del Consorzio che recentemente ha ottenuto dal Ministero delle politiche agricole il riconoscimento “erga omnes “ proprio per la Doc Brindisi. Questo consentirà nuove funzioni di controllo e di valorizzazione dei nostri vini e dei nostri autoctoni come il negroamaro, il susumaniello e la malvasia nera nelle loro varie forme di vinificazione. Ed è stato un atto lungimirante da parte del Consorzio quello di chiedere ed aver ottenuto l’adesione allo stesso delle amministrazioni locali interessate a partire da quella della città di Brindisi. E questo in controtendenza di una scelta improvvida e cretina della recente gestione commissariale della città che, per recuperare qualche centinaio di euro, decise di ritirare l’adesione di Brindisi dalla associazione nazionale “Le Città del vino”. Quanta ignoranza e non solo del commissario!
Il Testo Unico del Vino approvato qualche anno fa ha semplificato e riunito le norme del settore con l’obiettivo di dare ad esso il giusto valore. Con ritardo l’Italia si è voluta uniformare alla Francia e alla Spagna le cui norme legislative del settore da tempo hanno assunto il concetto che il vino ha un valore sociale, territoriale e culturale.
L'art. 1 della legge italiana recita testualmente: "La Repubblica salvaguarda, per la loro specificità e il loro valore in termine di sostenibilità sociale, economica, ambientale e culturale, il vino prodotto della vite, e i territori viticoli, quale parte del patrimonio ambientale, culturale, gastronomico e paesaggistico italiano, nonché frutto di un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni". Aldilà dell’Italiano un po’ involuto, in questo articolo si esprime finalmente il valore da dare al vino prodotto dalla vite.
Questo articolo della legge può diventare il manifesto per rilanciare e valorizzare la vitivinicoltura brindisina. Ci sono oggi favorevoli condizioni per ricostruire a Brindisi una nuova economia e una cultura del vino. Ci sono competenze, pratiche, tradizione e storia. Oggi più che mai è necessario mettere e mettersi assieme(produttori, tecnici, associazioni, istituzioni), cooperare in maniera innovativa, ripensare e rafforzare le forme associative di tutela, di ricerca, di promozione del prodotto vino e del suo territorio. Non servono prime donne ma imprenditori e produttori che devono saper cooperare nella valorizzazione di Brindisi, terra di antichi vigneti e di vino buono.
I produttori, tutti, devono stare in prima fila non solo perché è necessario il loro protagonismo ma per salvaguardare e difendere il loro saper fare anche rispetto ai tentativi di snaturare “il vino prodotto da vite”. Ma non solo essi. Ci devono credere le istituzioni, le associazioni, i ristoratori, le enoteche, le vinerie, gli appassionati, i degustatori del vino, gli operatori turistici, le scuole. Attorno alla città e al suo territorio viticolo così come a tutti i suoi beni culturali, al suo mare, alle sue tante bellezze, bisogna far crescere un movimento di sinergia tra città, campagna, mare, i cui prodotti e beni hanno grandissime potenzialità tutte ancora inespresse.
L'economia e la cultura del vino non possono essere solo quella che si incontra negli eventi estivi, tipo sagre paesane anche se ambiziose e di livello o esaurirsi con essi. Se ne fanno tante e ovunque ormai. Esse, però, non sono sufficienti, disperdono energie in inutili e invidiose competizioni e rischiano di diventare solo spettacolo ed indistinta sagra di enogastronomia. C'è bisogno di iniziative in grado di aiutare e promuovere capacità di conoscenza, di innovazione, di ricerca, di promozione, di commercializzazione e di valorizzazione dei nostri vini in tutt’uno con la città e il territorio.
Si faccia tesoro degli errori commessi o delle esperienze già fatte per avviare percorsi di nuovi eventi, di luoghi, di scelte e di strumenti indispensabili per promuovere il nostro vino e il territorio che lo produce. Il consorzio di tutela della Doc Brindisi con il suo nuovo riconoscimento, il programma e le misure di finanziamento del Gal Alto Salento e quelle per il patto per lo sviluppo, nelle sue varie articolazioni, devono vedere la città di Brindisi e i suoi produttori agricoli e vitivinicoli protagonisti. Spetta a questi un ruolo fondamentale non solo per valorizzare ciò che già producono ma per contribuire ad un nuovo sviluppo della città recuperando e qualificando il paesaggio agricolo per renderlo più produttivo anche da un punto di vista turistico e ambientalmente sostenibile
Insomma una Brindisi che va "scoperta", interpretata, attraverso "un viaggio" che parte con un calice di vino di negroamaro o di susumaniello, incontra e percorre il territorio e il paesaggio(quello vecchio e nuovo dei vigneti brindisini), passa dalle cantine ed arriva alla cultura(storia, tradizione, ricerca, innovazione). E i giovani brindisini che stanno scoprendo il vino e la sua cultura possono essere i testimoni e gli ambasciatori di queste emozioni che si possono provare a Brindisi e con i vini di Brindisi
Il negroamaro brindisino come altri vitigni autoctoni (susmaniello innanzitutto) hanno la loro specificità (sentono il clima del mare) ed hanno tutte le potenzialità per imporsi con una propria identità.
L'identità del vino ha un valore economico e non è solo un racconto da comunicare. L'identità è un percorso che affonda le radici nel passato e che si apre al futuro. Brindisi, terra di antichi vigneti e di vino buono, può essere tutto questo. Solo così l'attenzione verso questo importante settore potrà essere l'occasione per ritrovarsi come comunità che sa valorizzare il territorio, le sue vigne, i suoi vitigni, il suo vino.
Carmine Dipietrangelo
Vice presidente del Consorzio per la tutela dei vini
Doc BRINDISI e Doc Squinzano