Finestra con svista (Carlo Ferraro)
Se sia stato un colpo di sole o un colpo di calore a spingere il vice sindaco assessore all’urbanistica avv. Semeraro a voler aprire una finestra
in più al Castello per far circolare l’aria, non lo sapremo mai.
Sulle prime abbiamo pensato ad una fake news tesa a screditare la sanità mentale del vice sindaco; appurata la veridicità della notizia, con un po’ di dietrologia abbiamo pensato ad un’arma di distrazione di massa, un modo per distogliere l’attenzione della cittadinanza dalla vera notizia del giorno: il Sindaco aveva giubilato la segretaria comunale dott.ssa Giorgia Vadacca senza troppi convenevoli. Alla fine ci siamo dovuti arrendere: la notizia dell’intenzione di aprire una finestra sull’antico torrione del Castello era vera..
Con tutti i problemi che ha Mesagne il vice sindaco ha pensato bene di correggere quella che lui considera una anomalia, la falsa finestra del Castello. Ne sentivamo proprio la necessità! Certo non si era ancora visto qui da noi, che abbiamo assistito a diversi restauri “creativi” durante i lavori del Giubileo, qualcuno che considerasse quello che appare a prima vista come un tamponamento murario, alla stregua di un abuso edilizio, e che d’imperio si proponesse di sanarlo, forte anche della maggioranza assoluta in consiglio comunale.
Fortunatamente la reazione dei cittadini, degli studiosi, delle associazioni culturali, dell’inclito e del colto è stata veemente; si pensa già di costituire un comitato NoTap per il Castello, dove Tap sta al posto di tapparelle.
Ma veniamo ai fatti: perché quella finestra è chiusa? Chi si fa questa domanda dovrebbe prima di tutto conoscere la storia del castello o, almeno, esaminarlo in pianta.
Su questo il prof. Urgesi ha dato ampie notizie storiche per poter avviare una seria disamina della questione. Nonostante questo mi permetterò di avanzare alcune mie considerazioni, basate solo sull’evidenza dei fatti.
La pianta del primo piano del Castello mostra chiaramente che in quel vano non c’è mai stata una finestra. Manca il segno dell’imbotte e dell’archivolto che denunciano sempre la presenza di una apertura nello spessore dei muri. Inoltre l’asse di simmetria del vano corrispondente alla supposta finestra, un vano minore, non è in asse con questa, e siccome in quell’epoca le finestre erano poste in mezzeria per ragioni statiche, se avessero dovuta farla sarebbe risultata in contrasto con l’impaginato della facciata, perché posta troppo vicina all’angolo. Quindi non poteva esserci anche per ragioni estetiche. Le stesse ragioni estetiche che indussero gli architetti del seicento, maestri dell’illusionismo barocco, a disegnare con lo stucco una finta finestra: per amor di simmetria e di armonia si accettava un piccolo inganno. Proprio questo è il fascino del barocco, il tormento dell’essere e dell’apparire.
Inoltre sono state fornite immagini storiche del Castello in cui si vede chiaramente che una finestra lì non c’è mai stata.
E per non farci mancare nulla mi sono recato al Castello e ho controllato il paramento murario nel punto dove ci sarebbe stata una finestra. Come si può vedere dalla foto non c’è traccia alcuna di imbotte o altro.
Ma assumiamo per un momento e per assurdo che lì ci possa essere una finestra; perché i nostri antenati avrebbero dovuto murarla? C’è solo una ragione che può giustificare la negazione di uno sforzo ingegneristico come l’apertura di una finestra nel poderoso spessore murario del torrione, ( 2 metri abbondanti di spessore), ed è appunto una ragione ingegneristica. L’unica ragione poteva essere la presenza di un cedimento dell’angolo del torrione, dovuto proprio all’apertura di quella benedetta finestra, e la sua conseguente chiusura per ragioni statiche, per preservare la tenuta del torrione. Il prof. Urgesi avanza anche l’ipotesi che in seguito a due cannonate il torrione abbia subito dei cedimenti. Ai fini del nostro discorso stiamo parlando della stessa cosa. Si evince quindi che, quand’anche volessimo riaprire quella finestra, faremmo meglio a stare fermi con le mani, e rispettare il Castello per come si è venuto configurando nel tempo.
Alla fine resta solo da chiedersi il perché della intenzione di aprire una finestra dove ne viene denunciata solo la necessità estetica. Colgo con tristezza solo una voglia di normalizzare la realtà di un monumento che racconta nelle sue eccezioni alla regola la sua storia particolare. Come se si avesse paura della complessità del fenomeno artistico, fenomeno complesso per eccellenza, e volessimo banalizzare la sua complessità per non porci troppe domande. E questo è davvero un brutto segno, figlio di questa nostra epoca incapace di leggere la realtà se non servita come omogeneizzato attraverso la sua banalizzazione per rassicurare le menti dei semplici.
Di questa banalizzazione il vice sindaco sembra essersene fatto condottiero. Vorremmo suggerire al vice sindaco, nonché assessore all’urbanistica di affrontare i problemi più seri che la sua carica gli impongono. Al netto dei colpi di sole, e delle alzate di ingegno, potrebbe pensare a rimuovere le famigerate zone “D”, che obbligano i cittadini proprietari dei terreni che vi insistono a sborsare sterilmente ingenti somme per pagarne l’IMU. La città di Mesagne necessita di un nuovo Piano Urbanistico Generale; sarebbe il caso che cominciasse a metterci mano.
Carlo Ferraro