La Storia di Mesagne e Diego Ferdinando (di Domenico Urgesi).
Il 16 novembre del 1611, 408 anni fa, nasceva uno dei figli di Epifanio Ferdinando, Diego Carlo Luigi.
A qualche mesagnese questo nome ricorderà il prolungamento di via Epifanio Ferdinando. Molti si domanderanno perché fu dato il nome di una strada sia ad Epifanio che a suo figlio Diego. E altri vorranno, magari, sapere se la Piazzetta dei Ferdinando, nel centro storico, abbia a che fare con loro.
Senza addentrarci in lunghi discorsi, diciamo soltanto che, alla fine dell’Ottocento, la classe dirigente mesagnese volle intitolare le strade di Mesagne a personaggi che essa riteneva di altissimo valore storico, culturale, morale. Antonio Profilo fu Tommaso (da non confondere con un altro omonimo Antonio Profilo), allora Sindaco della città, si fece promotore della nuova toponomastica; scrisse anche un libro di oltre 350 pagine per illustrare quei personaggi, e i monumenti, sia civili che religiosi. Il libro si intitolava Vie, piazze, vichi e corti di Mesagne; e venne a coronamento di un altro libro che il Profilo aveva pubblicato circa 20 anni prima: la Messapografia ovvero Storia di Mesagne. Questi due libri furono una specie di Bibbia storiografica e valoriale per buona parte del secolo seguente; anche oggi sono fonti preziose, ma… purché siano messe a confronto con gli studi storici che hanno rinnovato la metodologia e le conoscenze storiche. Non è questo il luogo per esaminare dettagliatamente le opere del Profilo; basti dire che i cardini fondamentali attorno ai quali egli si muoveva (e la società del suo tempo) erano: -le radici Messapiche di Mesagne; -l’importanza dei Normanni e degli Svevi; -lo stretto rapporto con il potere civile, ecclesiastico e degli ordini religiosi.
E da dove traeva tutte quelle notizie il Profilo? Da molti scrittori antichi, fra i quali Epifanio e Diego Ferdinando.
Tra la fine del 1500 e i primi anni del 1600, la classe dirigente mesagnese volle cristallizzare la propria identità nella più antica e gloriosa stirpe, allora conosciuta, che avesse abitato la regione salentina: i Messapi. E infatti, negli antichi documenti di quell’epoca, Mesagne viene indicata come la città Messapia.
I più famosi interpreti di quella concezione furono Epifanio Ferdinando e suo figlio Diego. Il primo scrisse un’opera intitolata Antiqua Messapographia, datata al 1637, che però non condusse a termine, e rimase di poche pagine (circa 160), anche perché egli morì nel 1638.
Ben più corposa fu, invece, l’opera che scrisse Diego Ferdinando, raccogliendo l’eredità storiografica del padre: 516 pagine. Anch’essa è scritta in latino, e ci è stata tramandata col titolo Messapographia sive Historia Messapiae, e finora non era stata mai tradotta in italiano; ma ora la traduzione è in corso di stampa, a cura del sottoscritto e del giovane studioso Francesco Scalera.
Ma chi era Diego Ferdinando? Era nato nel 1611 e, dopo i primi studi svolti in Mesagne, si laureò a Napoli in Medicina e, tornato in Patria, vi esercitò questa professione. Nel 1639 si sposò con Margherita Geofilo; poi, nel 1648, dopo la morte della moglie, divenne sacerdote; ma continuò ad esercitare la professione medica. Morì nel 1662.
Diego ci ha lasciato un’opera fondamentale che ha segnato la storia di Mesagne, citata spesso, ma quasi mai veramente conosciuta. Ed è anche un’opera fondamentale per la storia del Salento, per i legami stretti che univano Mesagne non solo a Brindisi, ma anche a Lecce, Gallipoli, Galatina, Galatone, Otranto. Per Diego Ferdinando, insomma, Mesagne era, con la massima certezza, Messapia; ossia la capitale dei Messapi. Ma ciò non era vero soltanto per lui; era valido per tutta la comunità mesagnese. Tanto è vero che sul frontone della Chiesa Matrice, si legge la seguente iscrizione: IN HONOREM SANCTORUM OMNIUM COLLAPSUM MESSAPIA RESTITUIT A.D. 1653. Traduciamo: Crollata, Messapia [Mesagne] la ricostruì in onore di tutti i Santi, nell’anno del Signore 1653.
A quando è databile questa Messapographia di Diego? È databile intorno al 1655; e, comunque, all’ultimo decennio della sua vita. Vale a dire che… l’opera prende forma nella sua mente, nel periodo della ricostruzione della Chiesa Matrice.
Tutta l’opera di Diego Ferdinando è tesa a dimostrare che Messapia era la regione salentina, che Messapia era anche il nome della città di Mesagne e che quindi essa era la capitale dei Messapi. Asse portante è soprattutto la versione mitologica dei Messapi, letta anzitutto attraverso i classici greci e latini, come Pausania, Strabone, Virgilio, Ovidio. Vi ricorre spesso l’utilizzo di fonti ecclesiastiche come S. Agostino, S. Epifanio, Lattanzio. Tra gli umanisti Salentini, soprattutto Antonio De Ferrariis detto il Galateo, e anche Girolamo Marciano, citati molto spesso oltre che parafrasati. Nei loro confronti il nostro Autore riconosce continuamente un’autorevolezza indiscussa; presente è Antonello Coniger, ma anche Giulio Cesare Infantino. Varie volte Diego attesta le sue affermazioni con l’autorevolezza del padre Epifanio. Innumerevoli i richiami a Giovanni Giovine, Giovanni Antonio Summonte, Marino Freccia.
Le tesi di Diego non hanno retto alle ricerche archeologiche e storiche del novecento, ma soprattutto agli studi della Scuola di archeologia dell’Università di Lecce e dell’Istituto per la storia e l’archeologia della Magna Grecia. Tuttavia, sembrano rilevanti le notizie linguistiche ed epigrafiche.
A titolo di esempio, in un brano, Diego spiega l’etimologia della parola dialettale vuttisciana. Come sappiamo, essa significa giorno infrasettimanale, ossia non festivo. Ebbene, Diego spiega (in latino ripetiamo) alla fine di un lungo ragionamento, le origini di questa parola:
Unde dies, quo haec omnia exercentur, Vuttisciana quasi dies Iani, seu vultus Iani appellabatur.
Tradotto significa:
Perciò il giorno, in cui si fanno tutte queste cose, veniva chiamato Vuttisciana, vale a dire, “giorno di Giano”, o “sguardo di Giano”.
Curiosamente, poi, il nostro Autore ritrova in un vecchio nome di Mesagne, Meianium, la radice di Giano.
Sulle iscrizioni epigrafiche, rinvenute ai suoi tempi o alcuni anni prima, Diego ci trasmette alcune varianti inedite. Sono tredici iscrizioni latine, delle quali ci fornisce la trascrizione, e la spiegazione. Varie di esse sono state poi disperse negli anni successivi a Diego. Alcune si sono salvate e si trovano nel Museo di Mesagne e in quello di Brindisi.
Altra cosa alla quale Diego ci tiene tanto, oltre ai Messapi, è Sant’Eleuterio, antico patrono di Mesagne, al quale egli era particolarmente devoto.
Il nostro Autore non ama i Normanni, anzi li critica fortemente; come pure gli Svevi. Invece, grande risalto egli dà agli Angioini e anche agli Aragonesi. Vari accenni egli dedica alle vicende mesagnesi del turbolento avvento degli spagnoli di Carlo V. E una estesa rievocazione propone dei Martiri di Otranto, trucidati dai turchi nel 1480.
In conclusione, dalla Storia di Mesagne di Diego Ferdinando si possono apprendere molte notizie finora sconosciute; ma soprattutto si può capire come, nel 1600, la maggior parte dell’élite mesagnese concepiva la propria storia, come amava rappresentarsi presso se stessa, presso i feudatari e presso le città circonvicine.
(Domenico Urgesi – Presidente della Società Storica di Terra d’Otranto)