Ritorno alle origini della fotografia con Inphoto e Cusumano a Brindisi

Un salto nel passato di oltre 160 anni, senza usare la macchina del tempo?

E' possibile farlo con il fotografo Gianni Cusumano, eccezionalmente in Puglia a Brindisi per l’Associazione Fotografica InPhoto. Lui, usa per realizzare le sue immagini il "collodio umido", la tecnica usata tra il 1850 e il 1880 e poi tramontata con l'avvento dei processi "a secco", sostituiti, infine, con il procedimento della gelatina-bromuro d'argento, che consentì anche ai dilettanti, con maggiore semplicità, di dedicarsi alla fotografia. Insomma iniziò la massificazione degli scatti. Ma Cusumano ferma il calendario. E ora la sua tecnica è materia di workshop tenuti da Mark Osterman e France Scully in collaborazione con il George Eastman Museum di New York presso la sua bottega. Gianni nato a Porto Empedocle, il comune da cui Andrea Camilleri ha preso spunto per creare l'immaginaria Vigata, ha vissuto per anni tra Atene e Londra e poi nel 2013 è ritornato in Sicilia. "La passione per la fotografia ce l'ho da bambino, ma mentre i mie coetanei si limitavano a guardare le immagini io mi chiedevo come fossero state realizzate dal punto di vista tecnico - racconta - Cercavo una mia indipendenza delle industrie fotografiche. E cosi il primo banco ottico lo costruii con le mie mani." Le sue immagini ritraggono la natura o si concentrano sui primi piani che fa su commissione. "Ho sempre vissuto in grandi città, ora abito immerso nella natura in un piccolo borgo medievale situato in uno dei parchi più grandi della Sicilia. - dice - Amo il colore delle foglie, il ritorno degli uccelli, il vento del nord, il tempo del grano e quello del raccolto". Il suo approccio alla fotografia, attraverso l'antica tecnica del collodio umido, riflette "la lentezza del posto in cui trascorro la gran parte delle mie giornate. Mi piace perdermi nel silenzio della natura, - spiega - fotografandone le forme: ulivi, con tronchi nodosi e rami flessibili, instancabili osservatori delle generazioni umane che si susseguono". "Adoro anche fare ritratti: la tensione che si crea tra il mio occhio e il soggetto davanti a me si trasforma in una lastra unica e singolare", prosegue. "In passato le persone vivevano con poche immagini che conservavano per tutta la vita e le lasciavano ai loro figli come testimonianza della loro esistenza - osserva - Il processo fotografico che pratico ci riappropria della materialità perduta". Per ogni scatto la posa dura dai dodici ai quattordici secondi. Poi l'intero processo, dalla pulizia del vetro all'applicazione della vernice, richiede metodi lunghi e laboriosi che sono decisivi per ottenere buoni risultati. Ma il tic tac delle lancette nella bottega di Cusumano si è fermato a centinaia di anni fa.

“Tornare alle origini della fotografia e capirne le antiche tecniche è il miglior corso che si possa proporre e frequentare. Poi i fortunati che parteciperanno al laboratorio impareranno anzitempo una tecnica che sta tornando sul panorama fotografico che potranno utilizzare per lavorare in un campo antico ma tutto nuovo” dice Teo Iaia Presidente dell’Associazione InPhoto di Brindisi.

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