Quale “Bellezza” auspicare per Mesagne? (di Vito De Guido)
Sono trascorsi quasi quarant’anni da quando la notte del Natale del 1983 nel carcere di Trani,
Giuseppe Rogoli, per la prima volta, viene inserito come santista nell’organizzazione criminale della ‘ndrangheta ricevendo, nel contempo, l’autorizzazione per fondare la Sacra Corona Unita; tale evento viene posto in essere non per una manifestazione di vicinanza ai mafiosi siciliani, calabresi o campani, ma perché erano maturi i tempi per gettare le fondamenta di quella che diventerà la quarta mafia italiana e che nel corso degli anni ha seminato un numero considerevole di omicidi, che nel 1990 saranno 50 solo nel brindisino.
Mesagne, città natale di Rogoli, non rimane immune da questa disumana carneficina con la conseguenza di piombare in un clima di terrore e di paura; ha dovuto lottare strenuamente per lunghi anni per cancellare il marchio infamante che le era stato affibbiato dagli organi di stampa e dalla “società civile”.
Una città, la nostra, che ha saputo ampiamente riscattarsi con dignità, coraggio e sensibilità civica e istituzionale, con il sostegno anche di un associazionismo diffuso e dinamico, ed acquisire riconoscimenti e apprezzamenti lusinghieri che le hanno consentito di diventare una delle mete turistico-culturali più ambite nel panorama nazionale.
Il suo stemma reca la corona di “Città” titolo conferito con Decreto del Presidente della Repubblica del 19 luglio 1999, nel 2003 è stata designata per il prestigioso premio europeo “Benemeriti del turismo e dell’ospitalità” consegnato nella città di Cracovia, e dal 2003 Mesagne è stata anche proclamata “Civitas Mariae”. La proclamazione ha conferito ufficialità ad un sentimento sedimentatosi nei secoli che ha reso Mesagne una città mariana ben prima dell’avvento del nuovo millennio.
Nel 2016 è stata inoltre eletta la città più longeva d'Italia, contando al mese di Luglio dello stesso anno ben 5 ultracentenari e 314 novantenni.
Negli ultimi anni ha conosciuto un notevole incremento del flusso turistico ed è stata scelta come ubicazione per le riprese cinematografiche di diversi film.
La riscoperta del suo centro storico e delle sue tradizioni popolari, la consapevolezza della bellezza del suo patrimonio architettonico hanno contribuito alla sua attrattività nell’ambito turistico-culturale ed enogastronomico.
Questa era la premessa a una mia riflessione generata prima che fossimo travolti da questa inattesa pandemia che ha sconvolto le nostre vite. Ma il suo prosieguo ritengo non debba essere scalfito in alcun modo dai riflessi di questa angosciante condizione, anzi, dovrebbe costituire, ancor più di prima, l’obiettivo comune imprescindibile.
Come ci insegna la psicologia, un modello ben consolidato nello studio della bellezza, vuole che essa comprenda il coinvolgimento in tre domini fondamentali: quello della bellezza della natura, della bellezza dell’arte che comprende anche le arti minori e, infine, della bellezza morale. E Mesagne, indiscutibilmente, gode di una bellezza riferibile ai primi due domini. Quella alla quale la nostra Mesagne dovrà porre la massima attenzione per il futuro è la “Bellezza interiore” così definita dal filosofo Vito Mancuso nel suo bellissimo saggio “La via della Bellezza”.
“La bellezza interiore appare nascere da uno spazio concavo, vuoto, e per questo accogliente. Quanto più c’è vuoto interiore, cioè libertà da sé e dal proprio interesse, tanto più c’è la capacità di iter-essere, di avere spazio per gli altri. E’ innanzitutto una questione fisica. E in questo spazio vuoto all’interno, si dà la possibilità della relazione autentica da cui si sprigionano calore e luce, e sono questo calore e questa luce a generare la bellezza interiore di un essere umano”.
Famosa è la celeberrima citazione tratta da “L’Idiota” di Dostoevskij “La bellezza salverà il mondo”; e pare che l’intellettuale russo avesse ragione: la bellezza e l’esperienza del bello sono effettivamente capaci di modificare in meglio diversi aspetti rilevanti per il nostro benessere. Egli intendeva dire in buona sostanza che la nostra capacità di sperimentare il senso del bello può influenzare le nostre emozioni, dunque i nostri pensieri, intenzioni e persino le nostre azioni verso l’altro.
La Bellezza interiore è la migliore strada possibile per condurci a un senso di vicinanza, di socialità, di universalità rispetto al prossimo.
Incominciamo a stupirci, a incantarci dinanzi alla bellezza di un paesaggio, di un’opera d’arte, di un ambiente naturale; avremo distratto la nostra attenzione rispetto a noi stessi, permettendoci di assumere un atteggiamento più altruistico, trascendentale, oltre ad avere l’indubbio vantaggio di generare emozioni positive e un senso di benessere senza secondi fini.
Per affrontare il difficile futuro che ci attende, sforziamoci di apprezzare il buono e il bello che ci circonda, andando oltre le banalizzazioni, rigettando ogni forma di cinismo sterile che impedisce ad ogni nuovo slancio di nascere e di crescere, ad ogni forza positiva di instaurarsi e di dare i suoi frutti. E Mesagne godrà di una bellezza compiuta.
Mi piace giusto chiudere questa mia modesta riflessione con una citazione di Peppino Impastato:
«Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore».
Vito De Guido