Coronabond, cosa sono e a cosa servono (a cura di Giovanni Vecchio)
Il periodo che stiamo vivendo porterà uno sconvolgimento economico
che verrà ricordato per sempre nella storia del genere umano; oggi più che mai veniamo "bombardati" da termini tecnici che condizioneranno il nostro futuro ma di cui spesso non comprendiamo il significato. In questa rubrica spiegheremo volta per volta il significato di termini quali Mes, Coronabond, Pil ecc. nella maniera più semplice possibile, evitando di sfoggiare in modo plateale le nostre conoscenze e di utilizzare un linguaggio forbito ma incomprensibile per il lettore medio, che magari è meno informato su determinati argomenti.
L’obiettivo è invece quello di riuscire ad esprimere concetti così gettonati e complicati con semplici espressioni facendo capire a chiunque, in linea di massima, di cosa si sta parlando, rispettando soprattutto alcune regole fondamentali della scuola, cioè quelle di far comprendere a tutti quanti ciò che si vuol dire e cercare di essere neutrali, evitando di schierarsi a favore o meno di un determinato strumento finanziario o pensiero politico. Cercheremo di descrivere in parole povere la sostanza di un determinato argomento puntando al lettore medio, che vuole essere informato principalmente sulla quotidianità dei fatti, magari non conoscendo approfonditamente determinati concetti.
Sono passati circa 10 anni da quando la crisi economica iniziò a colpire l’eurozona e si cominciò a parlare di uno strumento, tuttora ipotetico, chiamato eurobond. In passato la Germania e i Paesi del Nord Europa lo hanno sempre rifiutato non permettendone la realizzazione; ora, a distanza di anni, si è tornato a parlare di questo mezzo chiamato coronabond spinti dalla situazione che si sta vivendo.
Attualmente ogni Paese si finanzia sul mercato emettendo titoli di Stato con varie scadenze a tassi di remunerazione diversi. In base al profilo di rischio, cioè l’affidabilità e la capacità di rimborsare il debito, ogni Paese paga un tasso di interesse (più è alto il rischio più è alto l’interesse da pagare). I coronabond invece sono un ipotetico meccanismo che dovrebbe permettere la distribuzione dei debiti tra gli Stati dell’eurozona attraverso l’emissione di obbligazioni (che sono titoli di credito emessi da uno stato membro e che attribuiscono al possessore, alla scadenza, il diritto di rimborso del capitale prestato più un interesse, normalmente semestrale, su tale somma); ciò permette ad un singolo Stato membro di chiedere soldi in prestito per finanziare spese di carattere straordinario come quelle attuali causate dell’emergenza sanitaria, assistito da una garanzia solidale di tutti gli stati membri. Un possibile vantaggio, quindi, per quei Paesi con una insufficiente capacità di spesa per sostenere le continue uscite di denaro dovute alla pandemia. Tale meccanismo non è ben visto da Paesi come la Germania nota per la solida stabilità economica e finanziaria, molto scettica anche l’Olanda, paese divenuto ormai un vero e proprio paradiso fiscale (cioè uno Stato che garantisce tasse basse o nulle ad organismi multinazionali in concorrenza sleale con i paesi membri). Situazione che fa capire quanto i Paesi del Nord e Sud Europa abbiano opinioni completamente contrastanti; da una parte si ha un gruppo di 9 Paesi dell'area mediterranea, di cui fanno parte Italia e Spagna, comprendente Stati con fragili conti pubblici che chiedono all’Unione Europea la condivisione dei debiti, e quindi dei rischi, attraverso l’emissione di eurobond per finanziare misure straordinarie a favore di famiglie e imprese in difficoltà. Dall’altra parte invece ci sono Stati come Germania, Olanda, Finlandia e Austria che sono contrari ad ulteriori aiuti da parte dell’UE, la quale ha già provveduto alla sospensione del Patto di Stabilità che prevedeva alcuni vincoli per gli Stati in tema di redazione e di approvazione delle leggi di stabilità.
Secondo gli Stati del Nord Europa la condivisione del debito è un qualcosa da continuare ad evitare per non dover garantire gli eccessivi debiti altrui; i Paesi del Sud hanno paura di sentirsi abbandonati da un Nord egoista in un momento di totale emergenza.
E’ possibile che questa Unione Europea non guardi al futuro ?
E’ possibile che rimanga solo una integrazione monetaria (vedi Euro) ?
La rubrica è curata dall'alunno Giovanni Vecchio, della classe VB indirizzo Informatico dell'Istituto Tecnico Economico "Epifanio Ferdinando" di Mesagne, sotto la guida del prof. Ronzini di Economia Aziendale.