Brindisi, cultura tra terra e mare (di Carmelo Grassi)

Si è detto più volte che Brindisi ha grandi potenzialità inespresse o che non riesce a esprimere in pieno.

La nostra città incarna in effetti la straordinaria connessione tra terra e mare come poche altre. Il mare segna il confine liquido offrendosi come elemento identitario, tratto di secoli di storia che hanno prodotto l’identificazione della città nel suo porto. La sua posizione ha poi fatto il resto, una città nel cuore del Mediterraneo che si è dotata di infrastrutture e di un’economia diversificata. Brindisi è proprio così, una città che intreccia diverse anime, un po’ come tutte le città-porto che sono composte dai segni di civiltà differenti e successive, una summa di tracce che restituisce una irripetibile diversità.

Da una parte la terra, con la sua straordinaria fertilità, con le sue produzioni tipiche e i commerci che da esse derivavano, dall’altra il mare con le sue mille rotte di navigazione, i collegamenti, l’economia, le influenze recepite dai Paesi frontalieri. Due poli che hanno segnato le vie dello sviluppo, a fasi alterne e con alterne fortune, tra i quali la città ha da sempre vissuto e continuerà a vivere cercando di esprimersi. La città tra terra e mare, due elementi che hanno fatto la storia e che faranno il destino di Brindisi. Tra queste due sponde, che la tratteggiano anche fisicamente, Brindisi si ritaglia il suo ruolo attingendo alle mille ricchezze e opportunità che il mare e la terra le offrono.

Penso alla terra, ai segni della tradizione che occorre ancor più valorizzare mettendo Brindisi al centro della scena internazionale. Il vino racchiude la storia, la racconta, distilla tutti i sapori e gli accenti di un territorio vocato e ne esalta il rapporto con il mare. Negli ultimi decenni i produttori hanno saputo resistere alla crisi, all’invasione degli impianti fotovoltaici, restituendo dignità ai vitigni autoctoni e testimoniando la capacità di produrre grandi vini, commercializzati e apprezzati in tutto il mondo. Siamo lontani dal tempo in cui il vino di Brindisi s’imbarcava per lunghi viaggi, destinazione nord Italia e Francia dove era utilizzato come “vino da taglio”. Merito di produttori che hanno lavorato duramente e ci hanno creduto investendo con lungimiranza. Conservando e riscoprendo una tradizione.

Brindisi ha bisogno di questo modello, della capacità di non vedere ovunque salite invincibili, di credere nelle proprie gambe e nei propri talenti, esaltando le possibilità che il territorio mette a disposizione e di non aspettare sempre che qualcuno consegni a domicilio le soluzioni ai problemi.

Poi c’è il mare. Esso rappresenta il carattere antropologico di una comunità che costruisce il suo patrimonio, la sua tradizione culturale attorno ad esso, è il legame ideale, luogo di partenza e di ritorno e nodo di confluenza di scambi culturali e commerciali. A mio avviso, non bisogna mai perdere di vista un obiettivo, quello di fare del porto un polo di economia, di relazione, di turismo, attorno al quale ruotino anche i momenti di vita quotidiana e commerciale della città. Il mare è così dentro la città che non si può immaginare un modello di sviluppo che non ne esalti la centralità. L’identità di Brindisi è mappata nel suo porto, centro propulsore delle attività, nel tempo approdo commerciale e turistico, base di scambi e comunicazione che ne ha storicamente regolato lo sviluppo. L’Autorità di Sistema portuale del Mare Adriatico Meridionale ha da poco annunciato la caratterizzazione dei fondali in vista della realizzazione di nuovi accosti e banchine e della riqualificazione della stazione marittima. Banchine di movimentazione, catene logistiche, scali, imbarchi, cantieri, barche, pesca. Il porto è da sempre il simbolo indiscusso della storia di Brindisi. Ritornare al mare, idealmente e concretamente, significa ritrovare un’identità, renderlo ancora più parte attiva ed essenza della città. Significa proiettarla a nodo strategico nello scenario internazionale della geopolitica mediterranea.

Tra terra e mare c’è la cultura, c’è la tradizione, c’è la memoria. Ci sono infiniti segni che danno la cifra di una città infinitamente bella e generosa. Su questo aspetto tanto è stato fatto, tanto si è lavorato provando a maturare e comunicare una consapevolezza più profonda, promuovendo iniziative che restituissero all’immaginario comune il ruolo di Brindisi nella storia, le radici che devono incessantemente alimentare le ambizioni per il futuro. Tanto è stato fatto ma non basta. L’emergenza sanitaria ha obbligato tutti a fare un passo indietro. Ora occorre ricostruire e in questo processo sarà fondamentale ritrovarsi nei segni della città, in quel capitale storico-culturale che nessuna epidemia può indebolire o cancellare. Passano le epoche, passano i successi e le sconfitte, i tempi bui e le rinascite, ma la città resta lì sullo sfondo, ad osservare e ad arricchirsi di nuove esperienze da scrivere e da raccontare. La cultura farà di nuovo la sua parte quando questa tragedia sarà finita: la terra e il mare saranno ancora i due grandi orizzonti a contenerla e a diffonderla.

La cultura è un simbolo di forza e un motore economico, lo è stato all’indomani delle più dolorose lezioni della storia. Questo tempo sospeso ci ha insegnato l’importanza del digitale, delle connessioni, della tecnologia che azzera il distanziamento. Tante sono le proposte, ma per ripartire e farlo nella direzione giusta la città non può fare a meno della vicinanza delle istituzioni intermedie, penso alla Regione Puglia, che qualche giorno fa ha attivato un piano straordinario di sostegno alla cultura pugliese da oltre 17 milioni di euro, e che in futuro sarà sempre più importante per la crescita e lo sviluppo della nostra città. Oggi, come al termine delle guerre del passato, la cultura è chiamata a svolgere un ruolo cruciale e per questo diventa necessario un forte impegno pubblico: Mibact e Regione Puglia sono al lavoro per varare un New Deal che permetta alla cultura di superare la fragilità emozionale di questo tempo e di offrire una possibile visione di mondi diversi. La cultura è capacità di astrazione, spetta alla cultura immaginare la vita fuori dei confini dell’emergenza: solo innovando e rivoluzionando, nel rispetto della tradizione, torneremo pienamente a vivere.

Carmelo Grassi

Componente del Consiglio Superiore dello Spettacolo MIBACT

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