Le donne, il lavoro e la Costituzione (di Rosanna Saracino)
Un contributo che riteniamo interessante e che, autonomamente, lo proponiamo per i nostri lettori.
Su richiesta dell’ANPI "Eugenio Santacesaria" Mesagne Rosanna Saracino ha scritto su: LIBERTA’ FEMMINILE, donne, parità di genere, uguaglianza, pari diritti e lavoro femminile nella Costituzione Italiana.
Gli amici dell’ANPI di Mesagne mi hanno chiesto di approfondire un articolo della Costituzione per commemorare insieme a loro la festa della Repubblica. Ho accolto molto volentieri questo invito e da donna ho deciso ricordare questa festività pensando proprio a tutte quelle donne che sono state le grandi protagoniste della Liberazione ed a tutte quelle donne che con il loro essere contemporaneamente madri, mogli, professioniste, continuano ad essere le grandi protagoniste della storia dei nostri giorni.
La data del 2 giugno del 1946 rappresenta un vero e proprio punto di approdo di un lungo percorso e di una storia che segna il Novecento. Le donne si recano per la prima volta in massa alle urne (anche se già il 10 marzo del 1946 avevano esercitato il diritto di voto durante le elezioni amministrative in alcuni comuni) ed il loro voto è un momento chiave del processo di ricostruzione dell'Italia e una svolta radicale nella storia del paese: non fu una concessione, ma una conquista ottenuta anche con la partecipazione di massa delle donne alla lotta di liberazione. Già con la resistenza le donne entrano nella storia e diventano soggetto politico: protagoniste degli scioperi del 1943, delle lotte del centro-nord, della liberazione di Napoli, partigiane, staffette, organizzano la resistenza civile. E proprio sulla loro partecipazione alla resistenza si fonda anche la conquista dei loro diritti civili, sociali e politici.
Il 2 giugno del 1946 la percentuale delle votanti fu quasi uguale a quella maschile (89% le donne e 89,2% gli uomini), e nelle amministrative furono elette quasi 2 mila consigliere comunali.
Le 21 elette all'Assemblea costituente, le nostre madri costituenti, hanno aperto, con il loro lavoro, la possibilità delle riforme dei decenni successivi. È lunga la storia delle battaglie delle donne: fino al 1953 non potevano far parte di una giuria popolare, fino al '63 non potevano entrare in magistratura, gli articoli del codice civile che confliggevano con la parità dei coniugi sancita nella Costituzione sono stati riformati solo negli anni '70, le leggi a tutela delle lavoratrici via via negli anni hanno messo un argine alle discriminazioni.
Già nella nostra Costituzione si rinvengono passaggi fondamentali che hanno come scopo primario la rimozione di ogni forma di discriminazione e diseguaglianza legata al genere.
L’art.37 della Costituzione, per esempio, riconosce parità di diritti tra le lavoratrici ed i lavoratori. Detto articolo è stato frutto di una lunga discussione in seno alla terza sottocommissione per la Costituzione, ed il lavoro ha portato alla formulazione del testo finale che è il seguente:
“La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.
La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.
La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione”.
L’art.37 della Costituzione rappresenta la sintesi di una grande intuizione delle donne della costituente, ovvero la necessità di riconoscere uguale valore al lavoro svolto dalle donne rispetto a quello svolto dagli uomini.
Approvando l’art. 37 i costituenti vollero inserire nella Costituzione precise garanzie a tutela dei lavoratori più deboli: le donne e i minori.
Quanto alla tutela delle donne lavoratrici, l’on. Aldo Moro (Democrazia cristiana) affermò: «[…] il riferimento alla essenzialità della missione familiare della donna è un avviamento necessario e un chiarimento per il futuro legislatore, perché esso, nel disciplinare l’attività della donna nell’ambito della vita sociale del lavoro, tenga presenti i compiti che ne caratterizzano in modo peculiare la vita».
Il secondo e il terzo comma sulla protezione del lavoro dei minori furono proposti dall’on. Bruno Corbi (Partito comunista italiano) che evidenziò come la legge del 26 aprile 1934 sul lavoro minorile fosse «la più arretrata fra quelle esistenti», mettendo in evidenza l’alto numero di giovani addetti a svolgere «un lavoro faticosissimo e pericolosissimo».
Il tempo trascorso dall’entrata in vigore della Carta Costituzionale non, del tutto, si è tradotto in progresso e la prospettiva storica sul lavoro al femminile, non completamente, segue il percorso dei diritti sanciti dall’articolo 3, circa il principio fondamentale di pari dignità sociale e di uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge “…senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali”.
Si è reso, infatti, necessario negli anni fare ricorso ad una legislazione volta ad affermare la piena uguaglianza formale tra lavoratori e lavoratrici. In particolare, la legge n. 903 del 1977 stabilisce che «è vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro, indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia professionale».
Inoltre, a partire dagli anni Novanta si è andata affermando una politica tesa al raggiungimento dell’uguaglianza sostanziale (ovvero, effettiva), attenuando un evidente squilibrio a sfavore delle donne, che, a causa di discriminazioni accumulatesi nel corso della storia passata per il dominio di determinati comportamenti sociali e modelli culturali, ha portato a favorire le persone di sesso maschile.
L’isolamento sociale e la conseguente grave crisi scatenata in questi ultimi mesi dalla pandemia del Covid-19 ha mostrato tutta la fragilità del sistema lavoro che ruota attorno al pianeta donna.
Sono proprio le donne che escono sconfitte da questa pandemia perché all’improvviso hanno dovuto svolgere contemporaneamente il ruolo di lavoratrici, madri e casalinghe, senza alcuna garanzia, senza alcun sostegno, senza alcuna valorizzazione per tutte le attività svolte.
Nel secolo scorso l'aspirazione alla libertà e all'autonomia da parte delle donne ha cambiato la vita di tutti. Ma quella stessa libertà femminile ancora fatica ad affermarsi perché è difficile liberarsi da una storia millenaria di soggezione e di minorità, perché la struttura di welfare del paese si regge ancora su un ruolo femminile di supporto e supplenza, perché il maschilismo strisciante o conclamato da noi è un po' peggio che in altri paesi europei. C'è bisogno di una nuova consapevolezza maschile, che faccia i conti con i vantaggi che la libertà femminile porta con sé. E c'è bisogno di scelte, di un impegno ancora più forte delle istituzioni a sostegno del cambiamento culturale e sociale.
Se oggi in parlamento e al governo ci sono tante donne lo dobbiamo anche a quelle 21 costituenti che hanno aperto la strada a tutte coloro che si sono battute per la parità e i diritti, che non sono dati una volta per tutte ma vanno difesi e fatti vivere.
Rosanna Saracino