La scuola contribuisca a far nascere un nuovo umanesimo! (di Marcello Ignone)
La riapertura della scuola italiana è complessa perché l’epidemia virale si aggiunge ad un grave degrado strutturale e culturale
frutto di scelte sbagliate o non scelte della classe dirigente negli ultimi decenni. Il nuovo contesto richiede alla scuola di ripensare profondamente la propria impostazione, rivedendo metodi, contenuti, riferimenti valoriali. Il modello didattico tradizionale è inservibile e questa consapevolezza postula un profondo cambiamento nell’impostazione didattica, pena il rischio che essa diventi sempre più anacronistica, incapace di fornire l’attrezzatura cognitiva indispensabile a vivere nella complessità di una società dove tutto si modifica rapidamente e conoscenze e abilità acquisite dopo un lungo tirocinio possono, molto presto, risultare inservibili.
È ormai urgente e non differibile una rivoluzione del modello stesso di scuola e, di sicuro, le risposte efficaci non possono essere trovate restando dentro il modello dell’insegnamento trasmissivo, di fatto tenuto in vita da un pletorico sistema burocratico.
Basta osservare con attenzione la situazione sociale ed economica dell’Italia di oggi, per rendersi subito conto che il modello a cui dobbiamo fare riferimento non è più l’insegnamento ma l’apprendimento, un apprendimento ampio considerato che la nostra principale risorsa per un futuro meno tetro del presente è l’Educazione (con la E maiuscola) e bisogna avere il coraggio di puntare su questa “utopia necessaria” andando oltre gli slogan e puntando ad un cambiamento profondo che investa, oltre la scuola, l’intera società italiana perché in gioco c’è molto di più della relazione educativa docente-discente.
Non solo la Scuola, che è pur sempre parte della società, ma l’intero Paese ha bisogno di una didattica ampia, capace non solo di trasmettere conoscenze, di insegnare a pensare, ma soprattutto capace di educare (capacità persa da tempo da larghe fasce della popolazione) e formare il cittadino in ogni momento della sua vita sociale.
È utopia? L’incubo di un prossimo “Stato etico”? Sicuramente il degrado educativo è visibile ad ogni livello, sociale, economico e politico.
“La Scuola serve all’Italia” ma serve una Scuola che faccia crescere l’intero Paese, visto che il 47% dei cittadini italiani è analfabeta funzionale. Il cittadino non può istruirsi e formarsi (quando lo fa o lo fa bene) solo durante il “tempo scuola” che nel nostro Paese è mediamente di 13 anni o di 16 anni al massimo ma non per tanti. La vita media ha da tempo superato gli ottant’anni. Un cittadino “medio” non sempre comprende quello che legge e, quindi, non può valutare criticamemnte e costruttivamente ciò che non capisce; non sempre sa esprimersi con chiarezza, sia per iscritto sia oralmente. Non parliamo, poi, della comprensione del pensiero scientifico.
Non si tratta, quindi, solo di aver riaperto o di riaprire in sicurezza le scuole, cosa importante quanto ovvia in una società avanzata, ma occorre che, in modo diverso e specifico, le scuole non chiudano mai. Non la scuola, ma le scuole.
C’è, oggi come non mai, la necessità di andare oltre un’istruzione per tutti e puntare ad una vera educazione civica generalizzata, figlia di una vera rivoluzione educativa e formativa capace di incidere in tutti gli aspetti del vivere civile.
Un esempio “banale” (ma non tanto…): chi ha preso la patente a 18 anni può guidare fino alla vecchiaia, anche per oltre mezzo secolo, senza mai che qualcuno senta il bisogno, per la sicurezza di tutti, di educare, formare e verificare a fronte di cambiamenti nei codici, nelle tecniche ecc.
Ci rendiamo conto che ormai nulla sarà come prima? L’epidemia virale del 2020 è uno spartiacque. In tanti ma non tutti hanno compreso la precarietà del modello sociale ed economico postindustriale. L’economia della conoscenza e delle informazioni digitali richiede molto di più di quanto la scuola e la società intera sono riusciti a dare finora.
La nostra società ha bisogno di cittadini con una solida educazione ed una formazione elevata; cittadini che abbiano competenze al passo con i tempi e capacità di ragionamento per affrontare i complessi problemi quotidiani. Questo modello di cittadino non si forma “solo” a scuola ma si completa lungo l’arco della vita sociale. In particolare, per il ruolo storico e culturale che le compete, l’Italia ha bisogno di cittadini che sappiano generare nuove idee, nuovi prodotti e nuove informazioni. Per noi Italiani è vitale investire nell’educazione e nello sviluppo continuo della persona. Non è certo una formula magica capace di sconfiggere la povertà, la disoccupazione, la precarietà, l’esclusione, la solitudine, le differenze di genere, la corruzione, i soprusi quotidiani, la violenza, insomma i mille problemi di un’Italia dolente, ma è la sola via di un futuro migliore, dal momento che è a scuola che si sopperisce alle deficienze dell’ambiente sociale, famiglia compresa, non più in grado di formare il cittadino, preso dalla complessità e dalla necessità di nuovi saperi. Questa formazione non si può e non si deve esaurire solo nella scuola ma deve continuare a realizzarsi anche nella società. In questo modo la nostra società può finalmente aspirare a divenire società della conoscenza e della formazione continua, che ha al centro il pieno sviluppo della persona umana e molto diversa dall’attuale società di mercato.
L’unica rotta possibile è quella di puntare ad un “nuovo umanesimo”. Ne parla anche l’attuale presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, citando Edgar Morin che per primo (Insegnare a vivere. Manifesto per cambiare l’educazione) coniò la formula, riferendosi al bisogno, ormai inderogabile, di chiudere con il liberismo e di puntare a costruire una società con al centro l’uomo, i suoi bisogni, i suoi diritti le sue naturali inclinazioni.
Per questa ragione profonda, la scuola non può e non deve essere un’articolazione del mondo economico, non deve essere parte della competitività economica e tecnologica; la scuola non deve costruire lavoratori su misura. Non serve un’altra fallimentare riforma della scuola, perché non c’è alcun progresso per legge. E questo vale anche per le riforme sociali e politiche. Serve una radicale riforma di civiltà, del pensiero attuale. E l’unica prospettiva è un nuovo umanesimo.
Del resto, basta leggere i giornali, guardare la cronaca dei tg, leggere i post dei social per rendersi conto dell’assenza di educazione, di umanità, che ha lasciato lo spazio all’insulto, all’intolleranza, all’odio. È quasi del tutto assente l’educazione, senza la quale non c’è senso civico, convivenza civile e progresso umano. E quando dico “educazione” mi riferisco proprio al rispetto degli altri e del bene comune. Siamo di fronte al prevalere cieco degli egoismi e di ogni genere di appetiti che possiamo sconfiggere solo con un nuovo umanesimo, educando all’accettazione reciproca ed alla convivenza delle diversità. È il solo modo che abbiamo per riformare profondamente la società, arrivando fin dentro le sue più profonde pieghe, scuola compresa e, per la sua stessa essenza, in prima linea. Evitiamo, però, di sacralizzare i luoghi, come sta accadendo con le aule, perché ogni luogo può diventare ricco di interazioni sociali, perché l’apprendimento è per sua stessa natura sociale.
O un nuovo umanesimo, civile e democratico, o la barbara inciviltà dell’ignoranza. Tocca a noi scegliere. Ora.
Marcello Ignone