Odi alimentari, risultato di un laboratorio culturale a cui partecipa il "nostro" Carmelo Colelli.
Il più delle volte, quando si sente parlare di laboratori, si pensa ad un luogo dove si lavora a qualcosa di specifico e particolare;
poche volte si immagina che il laboratorio è un ridotto di amici che hanno stessi interessi e vocazioni diretti verso l’elaborazione di “momenti” che suscitano emozioni.
Pochi giorni fa mi è stato donato da Carmelo Colelli un amico nativo di Mesagne legato alla nostra terra, al nostro dialetto ed alle nostre tradizioni, un pamphlet dal titolo «Odi alimentari» stampato per i tipi di Tabula Fati; un formato tascabile (130x200mm.) da leggere negli spezzoni di tempo libero, senza impegno particolare, ma con la curiosità di chi ha il piacere di leggere.
In quarta di copertina si dice che l’idea è stata quella di pubblicare un volumetto di «Odi alimentari» quasi in contrapposizione ad un volume di ben altro livello e tenore «Odi elementari» di Pablo Neruda dopo aver valutato, invitato e coinvolto nell’iniziativa una quarantina di persone.
Ed il tema trattato è veramente singolare considerato che si tratta di argomenti culinari e di lodi che inneggiano al pane, alla pasta, alla carne, al ragù, al minestrone ed a tantissime specialità di cucina salentina.
Ed in questo lavoro si sono cimentati 34 autori con un paio di poesie ciascuno per un totale di 68 odi: Accettura, Barlen, Ceglie, Cellaro, Cersosimo, Chiesi, Colelli, De Giorgi, Laera, Lafranceschina, Lamanna, Latino, Latorre, Lombardi, Lorusso, Lotito, Mamone, Messa, Montalto, Morelli, Paciullo, Palmiotta, Pierri, Procino, Prudente, Redavid, Sannelli, Spera, Spilotros, Valentini, Vasco, Venuto, Vivona, Zilli.
Interessanti, poi gli argomenti scelti: pane fatto a casa, orecchiette alle cime di rape, brascioli e pucci di S. Antonio, ragù della bisnonna, e dolci come il gelato, la cartellata, lo zabaione, la millefoglie. In definitiva un mondo poetico che si immerge nel variegato cibo semplice e tradizionale di ogni giorno e che si ispira il più delle volte alla cucina povera, pugliese e salentina in particolar modo.
E le odi si disperdono in frenesie della sera per il cioccolato, carezza della sera per la sangria pugliese, bocciolo rotondo e delicato per il cappero, sposa felice del sottile consorte per la carbonara e via di seguito con versi liberi, non impegnativi che coinvolgono il lettore oltre il pensabile.
Un esperimento originale ben riuscito perché se da una parte l’argomento era il cibo dall’altra parte il progetto realizzato è stato quello di collegare persone che su un filone comune hanno condiviso la volontà di esprimere lo stesso idem sentire et volle.
Non so se oltre alle odi ci sarà un prosieguo e magari un appuntamento per passare alla pratica. Sarebbe interessante preparare una settantina di specialità tra primi, secondi, bevande e dolci. Sarebbe una sinfonia di dolcezze e di sfavillanti colori su una tavola da bandire con la semplicità tipicamente nostrana e la curiosità di recepire suggerimenti per allenare e fortificare il “buon gusto”.
Alla fine, non me ne vogliono gli altri autori, mi piace segnalare le due odi del nostro amico, mesagnese di nascita, Carmelo Colelli che ha presentato due composizioni dal nome la prima Brascioli e la seconda Li pucci ti San Martinu! Una lettura attenta ci porta a riconsiderare non solo una lingua pregevole come il nostro dialetto ma il modus vivendi di un tempo dove lo stesso veniva scandito con la tradizione di festa la domenica attraverso il piatto ti li brascioli e di feste annuali come quella di S. Martino che richiedeva cibo particolare, nel nostro caso le pucce ca tirunu lu vinu.
La pubblicazione del volumetto la si deve ad un’iniziativa realizzata da Daniele Giannone con l’editing di Anna Cellaro e Angela Redavid, ben riuscita e che ha posto, ancora una volta, l’attenzione su argomenti, molte volte trascurati, ma atti a conservare l’immenso patrimonio che riviene del passato.
Giuseppe Giordano