“Fratelli tutti” e Michele Di Schiena Antonio Greco
L’ultimo articolo, a mia conoscenza, di Michele Di Schiena, inviato al Nuovo Quotidiano di Lecce, è del 21 novembre 2019.
Esattamente un anno fa. Porta il titolo: “Politica e morale: la grande svolta ignorata”.
La riflessione di Michele è motivata dai “conflitti attuali tra populisti e antipopulisti”. Appena una settimana prima (14 novembre) a Bologna era nato il movimento delle “sardine”, di cui nell’articolo non c’è traccia. Dal conflitto tra populisti e anti, il suo sguardo, allenato da una lunga militanza alla ricerca di ciò che è profondo nella storia, si allarga scorgendo i segni di una trasformazione epocale inedita: c’è “un ritorno dell’etica nella politica con esiti che possono essere questa volta di grande rilievo innovativo anche se non ce ne rendiamo conto”. Secondo Michele, l’etica torna alla grande a dire la sua in materia politica come forza propulsiva rivolta a operare una radicale trasformazione del mondo. La fonte di questo ritorno dell’etica è scritta nella nostra Costituzione e negli altri Statuti progressisti varati dopo la caduta dei regimi illiberali. A mo’ di esempio, cita l’art. 4 dello Statuto che, parlando di lavoro, afferma che il cittadino ha il dovere di svolgere, ovviamente quando gli è concesso di farlo, “un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Bandita qualsiasi forma di spiritualismo o inquinamento religioso, i valori della spiritualità, intesa in modo laico, aprono, secondo Michele, la strada “a un’etica non al servizio dei poteri costituiti ma rivolta a controllarli per verificare se essi siano più o meno in linea con i principi etici che vanno maturando nella coscienza sociale e costituiscono il più efficace antidoto contro la dittatura”.
In un altro articolo del 31 gennaio 2018 precisava: “La spiritualità di cui parla la Costituzione va intesa allora come il complesso dei sentimenti, delle emozioni e delle tensioni etiche capaci di sfociare in comportamenti virtuosi generatori di liberazione e di fratellanza”. Fratellanza e Liberazione sono due comportamenti generativi che vanno insieme, due sorelle mai disgiunte. Così come progresso materiale e spirituale, due piani distinti ma non separati.
Quasi un anno dopo l’ultimo scritto di Michele, il 3 ottobre 2020 papa Francesco ha firmato la sua terza enciclica dal titolo “Fratelli tutti”. Michele non ha avuto la fortuna di poterla leggere. Per lui sarebbe stata una gioiosa conferma di tante sue riflessioni, che vengono da lontano come dimostra la miniera incredibile dei suoi scritti, sugli stessi temi affrontati dall’enciclica.
Michele e papa Francesco
Su Papa Bergoglio, dal 13 marzo 2013 Michele ha scritto diversi articoli:
Il Papa del Futuro, del 17 marzo 2013
Il ritorno di Francesco, del 29 luglio 2013
Credenti e non credenti: uno stimolante incontro, del 18 settembre 2013
La rivoluzione pacifica di Papa Francesco, del 13 aprile 2015
La teologia della liberazione e il travaglio della sinistra, del 30 novembre 2017
Sono testi impossibile da sintetizzare, ma sono da rileggere per i contenuti, in particolare per l’attenzione ai poveri e per la bellezza letteraria della prosa. In papa Bergoglio, Michele intravedeva il Francesco d’Assisi di oggi. Il messaggio di Francesco d’Assisi, “fondato sulla riproposizione del Vangelo senza glosse e pervaso dall’anelito di un ritorno alle origini dell’esperienza cristiana, è rimasto largamente inascoltato anche se ha prodotto preziosi frutti di spiritualità e di servizio in favore dei poveri. In una fase particolarmente travagliata della vicenda umana e in un momento difficile per la Chiesa cattolica va salutato come un evento foriero di rigenerazione e suscitatore di speranza il fatto che un Papa si sia dato, per la prima volta nella storia della Chiesa, il nome di Francesco. Un uomo davvero buono che si assunse la missione di ricostruire la Chiesa senza mai acuire le contraddizioni che la attraversavano ma confidando nella capacità liberatrice della bontà, della tenerezza, del dialogo e della comprensione” (17 marzo 2013).
Gli attacchi a papa Francesco della parte più clericale della chiesa, quelli chiaramente strumentali della grande stampa, i malesseri per le speranze deluse di cambiamenti strutturali nella chiesa di alcuni teologi che si dicono di sinistra, le giustificate ma non troppo impazienze del movimento femminista per i ritardi nel cambiamento del potere ecclesiastico tutto maschile, hanno trovato Michele sempre, anche nei colloqui personali, dalla parte di Bergoglio “senza se e senza ma”. Bisognava guardarsi dalle critiche a questo papa, quasi sempre strumentali, che erano manna, insisteva nel dire, per i poteri forti e per la peggiore destra conservatrice. La motivazione di questo suo schieramento è rintracciabile nelle sue riflessioni sull’attuale sistema economico e politico, in cui il riferimento all’insegnamento a papa Francesco è costante. Basta leggere le citazioni di Bergoglio in questi articoli degli ultimi due anni:
La “grande riforma” dell’economia, del 28 dicembre 2017
Politica: aprire alla spiritualità per evitare il naufragio
La crisi della politica e la cultura della “relazione”, dell’11 luglio 2018
Il mondo e la politica hanno bisogno di Dio, del 9 luglio 2019
Cambiare l’economia per combattere le disuguaglianze e salvare il Pianeta, del 30 settembre 2019
La sinistra ritrovi nell’uguaglianza la sua ragion d’essere, del 20 ottobre 2019
Politica e morale: la grande svolta ignorata, del 21 novembre 2019.
Per dare un po’ di sostegno a un “Uomo e a un Papa”, come non mai contestato così frontalmente, di fronte alla Sua immane impresa di tentare di portare il pachiderma ecclesiastico quanto più possibile alla sue origini evangeliche, faccio “una proposta minima”: raccogliamo e diffondiamo, con i primi cinque articoli di Michele sopra citati, un quaderno di Manifesto4ottobre, a testimonianza che noi che abbiamo ricevuto tanto in termini di speranza da questi sette anni di pontificato, non siamo in silenzio di fronte agli indegni attacchi fatti a Bergoglio dentro e fuori la chiesa.
“Fratelli tutti” di papa Francesco letta con i principi costituzionali secondo Michele
Il 2 giugno del 2010 Michele, da par suo, così sintetizzava i principi costituzionali a cui ispirava la sua riflessione di uomo, di magistrato, e di credente:
Il nostro Paese ha scelto di essere: “una Repubblica «fondata sul lavoro» quale valore informativo di tutto l’ordinamento giuridico; una democrazia che proclama la pari dignità sociale di tutti i cittadini e la loro eguaglianza davanti alla legge con l’assunzione da parte delle istituzioni dell’impegno di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che «impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori» alla vita del Paese; uno Stato soggetto attivo nei processi economici per coordinare l’attività produttiva e indirizzarla verso una maggiore giustizia sociale e un più diffuso benessere; una nazione che promuove la pace e che «ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali»; un ordinamento che dovrebbe informare il sistema tributario a «criteri di progressività»; una comunità organizzata che fa obbligo ai cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche di «adempierle con disciplina ed onore»”.
Questi principi sono stati tradotti, disseminati, spiegati, riportati in circa 700 articoli, quanti risultano dall’archivio online per l’alternativa Michele Di Schiena.
Non sembri esagerato o retorico, perciò, se mentre leggevo per la prima volta l’enciclica Fratelli tutti, sentivo la sensazione di leggere, in molte parti, anche il pensiero di Michele. Segno che il suo ragionare pacato e martellante per anni, su questi temi, fosse sintonizzato anche con i piani alti del sapere e non solo con noi, piccoli ascoltatori e/o lettori periferici.
Cito solo qualche frase dell’enciclica che è in sintonia con gli scritti di Michele che tanti di noi hanno avuto la fortuna di conoscere:
«Se la società si regge primariamente sui criteri della libertà di mercato e dell’efficienza, non c’è posto per costoro», leggi gli esclusi (n. 33).
“Il mercato da solo non risolve tutto, benché a volte vogliano farci credere questo dogma di fede neoliberale. Si tratta di un pensiero povero, ripetitivo, che propone sempre le stesse ricette di fronte a qualunque sfida si presenti. Il neoliberismo riproduce sé stesso tale e quale, ricorrendo alla magica teoria del “traboccamento” o del “gocciolamento” – senza nominarla – come unica via per risolvere i problemi sociali. Non ci si accorge che il presunto traboccamento non risolve l’iniquità, la quale è fonte di nuove forme di violenza che minacciano il tessuto sociale (n. 168).
“Oggetto di scarto non sono solo il cibo o i beni superflui, ma spesso gli stessi esseri umani. Abbiamo visto quello che è successo agli anziani in alcuni luoghi del mondo a causa del coronavirus…” (n. 18).
“Ci sono regole economiche che sono risultate efficaci per la crescita, ma non altrettanto per lo sviluppo umano integrale. È aumentata la ricchezza, ma senza equità, e così ciò che accade è che «nascono nuove povertà»” (n. 21).
“Un presupposto ideologico implicito dell’attuale indifferenza è che non vi siano altri percorsi di vita possibili al di fuori di quello segnato dal modello capitalistico via via trionfalmente affermatosi come incontrastato, quasi fosse un percorso naturale e ineluttabile, che nemmeno una pandemia delle dimensioni attuali pare poter scalfire nelle coscienze. Un modello di vita che conduce verso la divorazione stessa del mondo” (n.30).
Il fatto è che «la semplice proclamazione della libertà economica, quando però le condizioni reali impediscono che molti possano accedervi realmente, e quando si riduce l’accesso al lavoro, diventa un discorso contraddittorio» (n.110).
“A volte si hanno ideologie di sinistra o dottrine sociali unite ad abitudini individualistiche e procedimenti inefficaci che arrivano solo a pochi” (n.165).
“La mia critica al paradigma tecnocratico non significa che solo cercando di controllare i suoi eccessi potremo stare sicuri, perché il pericolo maggiore non sta nelle cose, nelle realtà materiali, nelle organizzazioni, ma nel modo in cui le persone le utilizzano” (n. 166).
“La fine della storia non è stata tale, e le ricette dogmatiche della teoria economica imperante hanno dimostrato di non essere infallibili. La fragilità dei sistemi mondiali di fronte alla pandemia ha evidenziato che non tutto si risolve con la libertà di mercato e che, oltre a riabilitare una politica sana non sottomessa al dettato della finanza, «dobbiamo rimettere la dignità umana al centro” (n. 168).
“Il grande tema è il lavoro. Ciò che è veramente popolare – perché promuove il bene del popolo – è assicurare a tutti la possibilità di far germogliare i semi che Dio ha posto in ciascuno, le sue capacità, la sua iniziativa, le sue forze” (n. 162).
La funzione sociale della proprietà: “Il diritto alla proprietà privata si può considerare solo come un diritto naturale secondario e derivato dal principio della destinazione universale dei beni creati, e ciò ha conseguenze molto concrete, che devono riflettersi sul funzionamento della società” (n. 120).
Una migliore politica: “Davanti a tante forme di politica meschine e tese all’interesse immediato, ricordo che ‘la grandezza politica si mostra quando, in momenti difficili, si opera sulla base di grandi principi e pensando al bene comune a lungo termine’” (n. 178).
Rinvio a un altro intervento la sintonia di Michele con la Fratelli tutti sul tema della pace.
Una sola fonte, due traduzioni
Perché così vicine le riflessioni di Michele Di Schiena a quelle di Papa Bergoglio, pur se con diversa e riconosciuta autorevolezza?
I tanti rivoli della verità, intesa come “relazione” o “connessione” delle forze del cambiamento, che percorrono la storia, sono destinate, per vie misteriose, prima o poi, a incontrarsi. L’accostamento fra i due, perciò, non appaia esagerato.
Entrambi, Papa Bergoglio e Michele, pur senza mai incontrarsi e conoscersi, hanno una sola fonte: la essenziale fedeltà al Vangelo di Gesù Cristo che ha come unico comandamento quello dell’amore all’uomo, con preferenza al povero.
Entrambi intravedono la necessità di un’alternativa al disastro dell’unico modello di sviluppo sociale ed economico, quello basato sulla crescita economica, sugli incrementi di produttività e sui consumi. Per questo modello, uscire dalle crisi, da quella finanziaria come da quella oggi indotta dal coronavirus, è un imperativo ma solo al fine di ricostruire quello stesso mondo che aveva provocato la crisi economica e la crisi ambientale. E questa è una prospettiva dissennata, anche se maggioritaria.
Entrambi attribuiscono valore alternativo a “un progresso materiale o spirituale della società”. Il progresso spirituale significa che per sconfiggere la miseria (nelle sue tante forme e in tutti i sud del mondo) occorre diventare eguali ma anche più poveri. Si diventa più uguali, perché tutti fratelli, tassando con equità i patrimoni e i consumi dei ricchi ed estendendo il più possibile i beni che sono di tutti, quelli che vanno sottratti alla compravendita e al mercato: la cultura, la salute, l’istruzione, il paesaggio, la terra. Si diventa più poveri, per fratellanza e non per miseria, scegliendo un tenore di vita essenziale che riporti il valore delle cose al loro valore d’uso, a quello che serve per vivere bene nel rispetto della natura e degli altri esseri viventi.
Entrambi, disturbatori dei poteri forti, sono uomini di speranza. In fondo al tunnel, forse molto lungo, ci aiutano a intravedere, in questi tempi così difficili, “una svolta già in atto ma ignorata”.
18 novembre 2020