Valorizzare l’Appia antica, un’occasione da non sprecare (di Carmine Dipietrangelo).
La decisione del comune di Brindisi di partecipare come capofila, assieme ai comuni di Francavilla, Oria, Mesagne e Latiano,
all’avviso pubblico dell’associazione comuni d’Italia “MediAree”, è importante e utile per valorizzare non solo la storia della “Regina Viarum” delle nostre parti ma anche per contribuire a dare una identità ad un territorio che è stato per secoli separato da Brindisi perché più attratto verso Taranto preferendo percorrere l’Appia verso roma e non verso Brindisi.
Dopo il frettoloso e errato superamento delle province, riconsiderare il ruolo dei comuni capoluogo per realizzare azioni di miglioramento e rafforzamento dei processi e degli strumenti di pianificazione strategica sovracomunale, di area vasta, è un occasione per Brindisi, oltre che per i comuni coinvolti di pesare nelle scelte nazionali con strumenti e progetti di autogoverno.
La valorizzazione dell’Appia Antica può diventare un progetto di grande rilievo non solo storico ma anche di sviluppo turistico ed economico. I Romani realizzavano le strade certamente per logiche militari, di dominio e di espansione ma mentre le costruivano attorno ad esse si realizzava sviluppo e, come diremmo nei giorni nostri, attrazione di investimenti. A dimostrazione che le infrastrutture, da sempre, non servono solo per far transitare uomini e merci ma creano anche altre utilità, culture e civiltà. Nell’Appia day dell’11 ottobre scorso organizzato dall’associazione “Brindisi e le antiche strade” a cui ho partecipato, in qualità di vicepresidente del consorzio di tutela Brindisi Doc, sviluppai un intervento a sostegno di questa tesi ed ebbi modo di constatare l’esistenza di una progettualità molto avanzata da parte del Parco Nazionale dell’Appia Antica. Sostenni come la via Appia e la Traiana hanno rappresentato, per la loro parte terminale nel nostro territorio, fattore di sviluppo, di modernizzazione anche nel settore agricolo e vitivinicolo. Le derrate alimentari e il vino necessari per approvvigionare le truppe che si imbarcavano dal porto di Brindisi, terminal della via Appia e della via Traiana, venivano prodotti in questa area. La viticoltura fu portata nei nostri territori dai messapi ma ebbe un salto di qualità e anche di quantità proprio con i Romani. Il porto di Brindisi raggiungibile con la via Appia e con la Traiana per ragioni prima di carattere militare e poi per il ruolo che contestualmente veniva ad assumere anche dal punto di vista commerciale nel mediterraneo diventò fattore di sviluppo territoriale. E non a caso i romani nel fare le strade sceglievano tracciati dove era possibile sviluppare, incrementare o realizzare attività agricole necessarie all’approviggionamento di derrate alimentari per i propri soldati e per i bisogni della vita quotidiana. E si costruivano tracciati preferibilmente vicini a corsi d’acqua. Il vino era un alimento indispensabile così come l’olio anche per bisogni non solo alimentari. La viticoltura e l’olivicoltura della campagna che arrivava fino a Brindisi si sviluppano così. La testimonianza più importante è rappresentata, oltreché dalla fertilità dei terreni brindisini, dalla presenza delle fornaci di anfore utilizzate per il trasporto via mare di vino e di olio.
Mentre allora si definiscono i contorni progettuali per la partecipazione al bando e per partecipare alla più ampia progettazione per la valorizzazione dell’Appia antica sarebbe opportuno conoscere bene e con precisione il vero tracciato della stessa nei nostri territori e in particolare quello brindisino, senza farsi condizionare dal recente vissuto o da riferimenti relativi all’attuale via Appia. Il tracciato non è certamente quello che comunemente abbiamo conosciuto in epoca moderna, la vecchia statale poi trasformatasi nell’attuale superstrada che porta a Taranto.
Gli storici locali e non solo loro sostengono che il tracciato della vera Appia antica sia quello della vecchia strada per Mesagne oggi strada comunale per lo Spada e Casignano. Una parallela della statale e costeggiante i canali (Capece, Galina, Cillarese) che allora bagnavano le campagne del territorio e arrivavano fino al seno di ponente del porto di Brindisi.
Bisogna evitare allora che in qualsiasi progetto di valorizzazione della regina viarum prevalgano inutili sovrapposizioni di studi e progetti ma sopratutto approssimazioni e superficialità storiche dal momento che può essere una occasione utile per ridare identità e riconoscibilità ai nostri territori attraversati dalla via Appia antica. Servirebbe per dare un po’ di lungimiranza e conoscenza agli stessi amministratori locali per salvaguardare i tracciati e una vera segnalazione lasciando così alle future generazioni le tracce e i luoghi giusti del passato e non solo semplici nomi o addirittura segnalazioni artificiose.
Ma la conoscenza dell’antico tracciato serve anche ad evitare eventuali interventi di aggressioni e stravolgimenti paesaggistici che si potrebbero tuttora realizzare sul reale percorso dell’Appia antica facendo scomparire qualsiasi riferimento reale ad un “bene culturale e comune”. Così anche la valorizzazione dal punto di vista turistico ed enogastronomico della via Appia, come ha affermato il sindaco di Brindisi nel presentare la partecipazione al bando, non sarebbe solo una proposta costruita sulla carta per ottenere un po’ di finanziamenti ma avrebbe il suo ancoraggio reale e storico.
Si spera che chi lavorerà a questo progetto possa dare un contributo per far conoscere la vera Appia antica e il tracciato che, attraverso i comuni coinvolti, era utilizzato per raggiungere il porto di Brindisi.
Carmine Dipietrangelo