Teatro Verdi: «La luna blu»: in danza il disperato bisogno di socialità
La rassegna «Brindisi in Scena» riprende laddove si era fermata, alla fine dello scorso ottobre.
Sei mesi a sipario chiuso, ora è tempo di restituire la magia dal vivo alla scena. E così sabato 5 giugno, con inizio alle ore 18.30, si ricomincia nel segno e nel gesto della danza contemporanea con lo spettacolo «La luna blu» di Maria Chiara Di Giulio, prodotto dall’Accademia delle Danze.
Lo spettacolo è realizzato con il sostegno dei fondi regionali destinati al piano straordinario per la cultura e lo spettacolo «Custodiamo la Cultura in Puglia» e la partecipazione del main sponsor Enel, dei sostenitori Intesa San Paolo, Confindustria Brindisi ed Ance Brindisi. Prezzi: 10 euro; 5 euro ridotto bambini fino a 12 anni.
Per gli spettacoli sarà impiegata soltanto la platea e saranno osservate le regole del protocollo per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid-19. I biglietti sono disponibili sul circuito online Vivaticket e presso il botteghino del Teatro, aperto al pubblico dal lunedì al venerdì, dalle ore 11 alle 13 e dalle ore 16.30 alle 18.30. Il giorno dello spettacolo dalle ore 11 alle 13 e a partire dalle 17.30. Info 0831 562 554 e www.nuovoteatroverdi.com.
Lo spettacolo mette al centro le relazioni sociali in un tempo nel quale la pandemia ha compresso gli spazi d’incontro: Maria Chiara Di Giulio, che cura regia e coreografie, interpreta il desiderio di socialità, la riscoperta di un mondo con meno individualismo e più disposto a ragionare al plurale. Nelle giornate forse più buie del nuovo millennio, la poesia si è confermata riferimento di “bellezza” ispirando donne e uomini intorno alla vita, alle sue seduzioni, alle sue dolcezze e asprezze, spesso alle sue contraddizioni. L’uomo pensava di essere imbattibile e padrone del suo destino, un virus incontrollato ha messo a nudo tutte le sue fragilità.
L’idea nasce dalla lettura del libro omonimo di Massimo Bisotti nel quale la protagonista, Meg, compie un cammino interiore per realizzare il suo sogno e liberarsi di «quell’ombra nera che copre il blu quando ci sentiamo messi in un angolo». Ciò che ha fatto la pandemia oscurando le vocazioni più naturali dell’umanità, la relazione e l’aggregazione. «Durante il lockdown - ha detto la regista Maria Chiara Di Giulio - mi capitava spesso di mettermi alla finestra e di fissare la luna. Ne osservavo la bellezza cogliendone l’essere oltre il tempo rispetto alle effimere e provvisorie vicende umane. La luna splenderà sempre, qualsiasi cosa accada quaggiù, la sua bellezza e la sua luce trascendono il tempo. Quel senso di bellezza, così pura e intemerata, lo ritrovo nella danza, nella sua capacità di comunicare in modo immediato l’essenza e il mistero. La messinscena ha dovuto subire un riadattamento a causa delle successive interruzioni dettate dall’emergenza, ma sono sicura che questa seconda scrittura risponda perfino meglio all’idea originale, alle premesse da cui siamo partiti. La scenografia, curata da Alessandra Apollonio, riprende la silhouette della luna, due mezze lune che svettano sulla scena. I costumi, realizzati dalla Sartoria Diadema di Montalto Uffugo, sono ispirati alla presenza della luna nel cammino dell’uomo. Un incontro di bellezza che lo spettacolo vuole restituire alla fine di un periodo in cui sono prevalsi smarrimento e paura».
La danza mette in scena emozioni diametrali, la costrizione e l’attesa, il disincanto e la speranza, la frustrazione e la voglia di riscatto. «Sul palcoscenico saremo in otto - ha continuato la coreografa -, sei danzatrici, alcune delle quali giovanissime, e due danzatori, anche loro molto giovani, che in questi mesi hanno tenuto vive la tensione e la passione, anche nei momenti più difficili. Per questa produzione ho voluto rimettermi in gioco come danzatrice perché avevo voglia di sentire di nuovo il mio corpo e l’emozione di andare in scena. Per questo ringrazio la Fondazione del Verdi che oggi ci restituisce la forza magica della scena e ci permette di liberare la luna e di restituirla alla sua bellezza percepita».
«La luna blu» è dedicato a questo tempo, alle fragilità che l’uomo ha riscoperto e che ora possono diventare una chiave di lettura per interpretare un nuovo modo di vivere la socialità. «La famiglia che mi ha trasmesso l’amore per l’arte e la bellezza - ha concluso Maria Chiara Di Giulio - e per questo devo ritenermi fortunata. Sin da piccola ho respirato educazione all’arte e credo che la cultura abbia oggi il compito di riscostruire un immaginario. La fine della pandemia deve essere intesa come rinascita e la cultura ha per questo un’importanza strategica. Ci lasciamo faticosamente alle spalle un anno drammatico, noi lavoratori dello spettacolo abbiamo pagato un prezzo altissimo ma spetta a noi continuare a regalare bellezza, quella promessa di felicità di cui il mondo non può fare a meno, in particolare oggi. Perché ogni volta che andiamo in scena rinasciamo a nuova vita. Proprio come fa la luna che tutte le sere rinasce per farsi ammirare nella sua eterna e circolare meraviglia».