Arturo Brachetti è “solo” al nuovo Teatro Verdi
Una casa piena di ricordi, affollata di strani oggetti tra cui la semplice falda di un cappello
che cambia forma e almeno sessanta personaggi diversi in un uomo solo. Arturo Brachetti, il più inafferrabile attore trasformista del mondo, arriva al Nuovo Teatro Verdi di Brindisi con il suo one man show «Solo, the legend of quick-change», in cartellone venerdì 14 gennaio, con inizio alle ore 20.30. Lo spettacolo è programmato dal Comune di Brindisi in collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese e la Fondazione Nuovo Teatro Verdi.
Biglietti disponibili online su https://bit.ly/3pPUDH2 e presso il botteghino del Teatro a partire dal 7 gennaio secondo le giornate e gli orari di apertura consueti, ore 11-13 e 16.30-18.30. Il giorno dello spettacolo, ore 11-13 e 19-20.30. Ingresso consentito solo con Green Pass Rafforzato e utilizzo obbligatorio della mascherina FFP2.
La sua statua di cera campeggia al Museo Grévin e lui a Parigi, dove è stato nominato cavaliere delle Arti e del lavoro dal ministro della Cultura, è una vera star. Brachetti porta al Verdi i numeri di quick-change che lo hanno reso celebre in tutto il mondo: un’ora e mezza di grande suggestione, nella quale il trasformista ripercorre le tappe della sua storia artistica. Un vero e proprio assolo del grande artista, dopo il trionfo delle sue precedenti produzioni, «L’uomo dai mille volti» e «Ciak!», applauditi da due milioni di spettatori in tutto il mondo.
Un ritorno alle origini per Brachetti che, in questo spettacolo, apre le porte della sua casa, fatta di ricordi e di fantasie; una casa senza luogo e senza tempo, in cui il sopra diventa il sotto e le scale si scendono per salire. Ogni stanza racconta un aspetto diverso del nostro essere e gli oggetti della vita quotidiana prendono vita, conducendo in mondi straordinari nei quali il solo limite è la fantasia. Una casa segreta, senza presente, passato e futuro, che custodisce sogni e desideri. Brachetti schiude la porta di ogni camera per scoprire la storia che ne è contenuta e che prende vita sul palcoscenico. Reale e surreale, verità e finzione, magia e realtà: tutto è possibile insieme ad Arturo Brachetti, il grande maestro internazionale di quick-change che mette in scena un varietà funambolico e fiabesco nel quale poco spazio resta alla razionalità.
Nello spettacolo protagonista è il trasformismo, quell’arte che lo ha reso celebre in tutto il mondo e che in «Solo» padroneggia con una lunga galleria di personaggi, molti dei quali ideati ad arte per questo show. Ma «Solo» è anche uno straordinario campionario di discipline ripiegate nella valigia dell’artista: grandi classici come le ombre cinesi, il mimo e la chapeaugraphie - l’arte di maneggiare un panno di feltro forato per trasformarlo in innumerevoli cappelli -, la poetica sand painting e il magnetico raggio laser. Il cross-over tra scenografia tradizionale e videomapping permette infine di esaltare i particolari e coinvolgere gli spettatori.
Dai personaggi di popolari telefilm a Magritte e alle grandi icone della musica pop, passando per le favole e la lotta con i raggi laser in stile Matrix, Brachetti tiene il ritmo sul palco: un vero e proprio “as-Solo” per uno degli artisti italiani più amati nel mondo, che torna in scena con entusiasmo per regalare al pubblico il suo lavoro più completo. Genio del trasformismo, unico vero erede di Fregoli (entrambi hanno debuttato a Parigi il 20 gennaio, a distanza esatta di un secolo), il celebre “replicante” coniuga, come nessun altro, teatro di figura, illusionismo e circo contemporaneo.
«Non basta portare sul palco dei personaggi per fare uno show - ha detto Brachetti -. Bisogna saper comunicare emozioni, aggiungere qualcosa alla tecnica. Sul palcoscenico torno bambino ogni volta e vivo mille vite in una sola sera. In questo viaggio mi porto dietro il pubblico, un po’ come Peter Pan. Nello spettacolo sono braccato dalla mia ombra che mi segue implacabile a terra e sulle pareti. È un po’ la mia parte razionale, quella che non perde mai il contatto con la realtà. Da ragazzo studiavo in seminario, ero molto timido. Poi un giorno, un prete, don Silvio Mantelli, mi ha regalato un libro di trucchi e di magie ed è stata la svolta. Attraverso i giochi mi son preso la rivincita. La prima audizione, a 18 anni, al Paradis Latin di Parigi, lo storico teatro fondato da Napoleone Bonaparte nel 1803 a Parigi. Devo moltissimo al suo fondatore, Jean-Marie Rivière. Era un mangiafuoco, se sbagliavamo ci tirava le bottiglie addosso ma non ho mai più trovato una joie de vivre pari alla sua. Dopo di lui ho incontrato altre persone straordinarie. Penso a Paolo Poli o Ugo Tognazzi. Maestri che mi hanno insegnato molto senza mai farmi una lezione, semplicemente permettendomi di vampirizzarli».