“Il coraggio di essere” (di Anna Rita Pinto)
Come ogni buon gennaio che si rispetti nel nostro Paese, anche quest’anno è iniziato il chiacchiericcio su Sanremo,
che in questo momento almeno ci distrae dal Covid, dal toto-presidente e da quelle che sono state le arrampicate sugli specchi di Djokovic.
Ovviamente mi riferisco alla partecipazione di Drusilla Foer sul palco dell’Ariston. Presenza che offre il fianco ai leoni da tastiera e che ha fatto strabuzzare gli occhi ai più conservatori.
È un uomo, una donna, un travestito, una drag queen? Chi è questo “diverso” che si permette di entrare nelle case degli italiani in prima serata? Bene, cerchiamo di fare un po’ di chiarezza per non avere lo scrupolo che qualcuno non ci dorma la notte.
All’anagrafe Drusilla Foer risponde al nome di Gianluca Gori: fotografo, pittore, cantante e attore originario di Firenze, che un giorno, dal nulla, ha creato questo personaggio diventato in breve un fenomeno del web e che poi è passato, in rapidissimo tempo, alla televisione, al teatro e al cinema. Gianluca alias Drusilla non è "un travestito", come alcuni con piglio dispregiativo hanno scritto alla notizia della sua partecipazione a Sanremo, non è una trans e nemmeno una drag queen.
Ma facciamo un passo indietro e cogliamo questa occasione per capire le differenze dei vari termini spesso usati senza conoscerne il vero significato, poi torniamo a parlare di Drusilla.
La transessualità è la condizione di chi non si riconosce nel genere (maschile o femminile) che corrisponde alla sua identità sessuale di nascita e che, per questo, può decidere di trasformare il proprio corpo con interventi medici e o chirurgici.
Il travestitismo (trans-vestito, cioè al di là del vestito) è l’abitudine di assumere un aspetto tipico del sesso opposto. È un errore considerarlo sinonimo di transessualità: i travestiti possono essere omosessuali, ma anche etero che usano il travestimento per vivere un aspetto secondario della loro personalità.
Le drag queen, invece, sono uomini che si travestono da donna per fini di spettacolo e di intrattenimento, così come i drag king sono donne che si esibiscono in abiti maschili.
In ogni caso Drusilla non ha nulla a che fare con tutto questo, è semplicemente uno di quei personaggi che in un'opera teatrale viene interpretato da un attore o cantante di sesso opposto. In Italia questo genere è diffuso fin dall'800 sia nelle opere liriche che nel teatro che nel cinema con connotazioni politiche (di rivendicazione e rottura delle norme di genere) e non.
Basti pensare che nel teatro elisabettiano erano gli uomini a interpretare ruoli femminili. Shakespeare conosceva gli ostacoli che il suo mondo poneva alle donne che non potevano salire sul palco a recitare perché il corpo e l’onore di queste appartenevano agli uomini: una proprietà fisica, ma anche intellettuale.
Oppure, andando su qualcosa di più contemporaneo, pensiamo al film “A qualcuno piace caldo” di Billy Wilder (1959), dove due musicisti jazz, magistralmente interpretati da Tony Curtis e Jack Lemmon, sono costretti a travestirsi da donne per far parte di un’orchestra femminile e scampare all’inseguimento della gang di Ghette Colombo che vuole far loro la pelle, e poi uno dei due s’innamora di Zucchero, ovvero Marilyn Monroe.
Nulla di nuovo dunque, eppure nel 2022 tutto questo stupisce ancora.
Che la presenza di Drusilla sarà rivoluzionaria sul palco dell'Ariston, in ogni caso, è indubbio ed anche che i più conservatori storceranno il naso, ma l’idea che il suo spirito libero e il suo pensare fuori dagli stereotipi possa rappresentare tutto il coraggio di quegli uomini e quelle donne che, senza il timore di doversi fare accettare per forza, scelgono di mostrarsi con tutte le proprie contraddizioni, almeno a me piace parecchio.
Anna Rita Pinto
18.01.2022