“Chi farà cosa” di Anna Rita Pinto

Manca poco ormai all’inizio delle votazioni per eleggere il prossimo Presidente della Repubblica,

il tredicesimo dal 1948, anno in cui entrò in vigore la Costituzione italiana.

Bisogna dire che queste elezioni non potevano capitare in un momento più delicato per il nostro Paese, in cui le energie sarebbero state tutte da dedicare all’emergenza epidemiologica ed economica che stiamo vivendo, ma così è: i sette anni di Presidenza sono scaduti e un nome degno di rappresentare l’Italia bisogna pur trovarlo.

E mentre tutti i giornali e le trasmissioni tv ipotizzano nomi, strategie e trame di Palazzo, io non riesco a non pensare a Sergio Mattarella (classe 1941) nel suo quotidiano di uomo di terza età. Immagino che ogni mattina apra gli occhi al suono della radio sveglia sintonizzata sul notiziario, poi guardi le foto sul comò della moglie Marisa, scomparsa nel 2012, e del fratello Piersanti, ucciso dalla mafia nel 1980, e tiri un sospiro di coraggio per affrontare un altro giorno in cui tutti gli chiederanno ancora un bis. Poi, indossata la vestaglia presidenziale, lo vedo dirigersi verso il calendario appeso in cucina. La governante avrà già preparato la tazza col caffè-latte e le pilloline per la pressione sul tovagliolo, lui, intanto, spunterà un altro giorno andato, contando quelli che gli mancano per il traguardo di fine candidatura. Perché di offrire un bis, lui, pare non ne abbia proprio voglia.

Sarebbe anche lecito, forse, che quest’uomo, a quest’età, desideri scrollarsi di dosso un’agenda fitta di impegni istituzionali e dedicarsi a figli e nipoti o magari rimanersene a casa il sabato sera con un plaid sopra le ginocchia a guardare un banalissimo “C’è posta per te”. Un nonno più o meno come qualunque altro.

Mood completamente diverso, invece, quello del caro Silvio (classe 1936), di cui non serve nemmeno citare il cognome perché di Silvio ce n’è uno solo che, nonostante il trucco, il parrucco e il tacco 12, ha pur sempre 86 anni e ancora si sente un leone sulla cresta dell’onda, perché, nel suo caso, i leoni sanno anche surfare.

Diciamolo: è ammirevole quanta energia abbia ancora quest’uomo ed è lecito, dal canto suo, che, al di là delle ovvie strategie, ambisca chiudere il cerchio della sua vita occupando un altro ruolo di così alto prestigio. E siccome diventare Papa sarebbe un tantino più complicato, si è giocato per finta o per davvero la carta del Presidente della Repubblica, offrendo il fianco ai mass media di tutto il mondo. Fortunatamente ha deciso di ritirarsi perché, oltre a tutto quello che già sappiamo, sarebbe stato il Presidente più goliardico della storia, uno di quelli che fa le corna durante la foto ricordo di tutti i partecipanti in una riunione di vertici mondiali, roba da fare invidia alla Ferragni se solo diventasse anche un tiktoker. Un simpaticone insomma, almeno quanto gli scoiattoli che tanto ha provato ad acchiappare.

Ovviamente in tutto questo tam tam di nomi penso anche all’attuale Presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi, colui che, almeno apparentemente, sembrerebbe essere il favorito più o meno da tutti. Figura di spicco, soprattutto in questo momento storico che, qualora venisse votato, sposterebbe non poco i già precari equilibri del Paese. Cattolico praticante di educazione gesuita, già lo vedo la domenica prima delle elezioni recarsi nella chiesa di Sant’Egidio di Campo Marzio a Roma e volgere gli occhi in alto, verso il grande affresco della volta che rappresenta la gloria di sant’Ignazio di Loyola, di cui è profondamente devoto.

Che gli chiederà, mi chiedo: di continuare in santa pace il suo mandato? Di tentare un cambio di passo e diventare Presidente della Repubblica? Ma questo causerebbe inevitabilmente una crisi di Governo e oltretutto rimarrebbero senza posto fisso tanti “poveri” padri di famiglia. No, impossibile, chi tra i se la rischierebbe così tanto? Forse, a sostegno delle pari opportunità, chiederà a Sant’Ignazio di favorire le donne che mai hanno occupato questo ruolo? E chi poi, la Casellati, la Cartabia?

Non lo sappiamo ma di fatto, a volerlo, non ve ne sarebbero mica poche. Però a me una donna che viene votata perché è donna poco mi piace. Mi piacerebbe, invece, che venisse votata, al pari degli uomini, esclusivamente per le competenze, al di là del genere.

Ad ogni modo, a parte chi farà cosa, non ci resta che aspettare e votarci anche noi a Sant’Ignazio o a qualcuno di sua conoscenza, chiedendogli la grazia di guidare le scelte dei burattinai e di tutti coloro che sono a Palazzo, che alla fine son proprio tutti uguali. Perché, a parte le poltrone, esiste un’Italia malconcia che ora ha solo bisogno di una scrupolosa riabilitazione e di essere rappresentata con la dignità che merita.

Anna Rita Pinto

23.01.2022

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