“Anime salve” di Anna Rita Pinto

Cosa rimane di questa settimana così ricca di accadimenti in cui abbiamo assistito ai giochi dei grandi elettori

per accaparrarsi ognuno la “titolarità” del prossimo Presidente della Repubblica, con tutto ciò che ne consegue per i relativi gruppi politici promotori delle trattative e soprattutto per gli italiani? Cosa, dopo aver sopportato l’ardire di alcune frange no vax e no green pass nel paragonare le discriminazioni e lo sterminio degli ebrei alle norme anti Covid; dopo aver provato pena per le due ragazze di Livorno che hanno aggredito e minacciato di mettere nel forno un bambino di famiglia ebrea; dopo aver incassato un pugno nello stomaco alla notizia di due sorelle minorenni -di cui una disabile- abusate da un adulto col benestare dei genitori che offrivano la propria camera da letto per consumare l’oltraggio; dopo aver pianto alla notizia di un figlio che vessava, schiaffeggiava e seviziava la madre costretta sulla sedia a rotelle e che nonostante tutto lei ha negato per proteggerlo? Rimane una sola cosa buona: la capacità, per alcuni, di indignarsi ancora per tutto ciò che obbiettivamente offende l’intelligenza, il corpo e la sensibilità del prossimo.

Quei bellissimi slogan “Andrà tutto bene”, “distanti ma uniti” che sventolavano fieri sui balconi di tutt’Italia, ci hanno regalato per qualche mese l’illusione che ne saremmo usciti migliori. Ed è stato bello pensarlo. Per certi versi abbiamo quasi creduto che ciò che stava accadendo fosse un segno, un’occasione che il divino ci offriva per espiare i nostri peccati. Di fatto, invece, è stata solo l’opportunità perché ognuno rivelasse la sua vera natura. Perché, come insegnano i dogmi della drammaturgia, un personaggio rivela la sua vera identità quando è sotto pressione. E questo è, anche nella realtà.

Non possiamo farci niente, forse, se non affinare il nostro spirito di osservazione, abituarci all’ascolto, dare un peso alle parole, allenarci a sviluppare un pensiero critico, ovvero quella capacità di fare un’analisi oggettiva dei fatti per formare un giudizio e non per sentito dire. Perché quando smetteremo di considerare “normale” tutto ciò che accade, comprese le storture umane, allora vorrà dire che qualche anima salva esiste ancora, qualcuna che, guardando negli occhi di un’altra, riesce ancora a provare empatia.

Anna Rita Pinto

29.01.2022

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