“Non c’ero e se c’ero dormivo” (di Anna Rita Pinto)
Oggi non parleremo delle dimissioni di Lopalco da assessore alla sanità della Regione Puglia e della nuova nomina dell’On. Rocco Palese
che ha provocato un terremoto politico, ma ci concederemo la leggerezza di parlare anche noi, e per l’ultima volta, del Festival di San Remo.
Perché nonostante tutti dicano “Io non c’ero e se c’ero dormivo”, nella settimana della kermesse sui social si è parlato solo di quello. Più o meno prendendo le stesse distanze come quando qualche politico viene votato a furor di popolo e poi, per non rischiare di stare dalla parte sbagliata, tutti dicono: “io non l’ho votato”. Insomma sembra che noi italiani siamo sempre altrove, poi, invece, non ce ne perdiamo una per dire la nostra. E io oggi mi faccio portavoce degli umori raccolti sui social. Partiamo dalle co-conduttrici, che tanto le canzoni in gara non ce ne piace mai nessuna fin quando non passeranno in radio e di nascosto, ovviamente, finiremo per canticchiarle tutte.
La Muti ad esempio, tutti a dire: bellissima ma con personalità invisibile. Dunque assolutamente coerente con i suoi 50 anni di carriera. Perché dunque proprio ora speravamo in qualcosa di diverso? Peccato solo che le sia stata data la possibilità più di omaggiare gli uomini con cui ha lavorato, tranne Celentano per ovvi motivi di corna, che di parlare di sé, di ciò che ha rappresentato per lei diventare un’icona o di qualunque altra cosa che forse avrebbe potuto toglierla dall’impaccio di quel palco sul quale era chiaramente a disagio.
Poi c’è stata la Cesarini. Piccina, carina, genuina, acerba. E nera. Okay, tutti a dire che ha fatto un monologo retorico. Forse. Ma mi son chiesta: e se invece avesse solo parlato la stessa lingua di chi la retorica sugli stranieri, sporchi e cattivi, la promuove da sempre? La verità, come ha detto qualcuno prima di me, è che il razzismo finirà quando potremo dire che ci sono neri stronzi tanti quanti i bianchi. Punto.
Poi c’è lei, Drusilla Foer. Un personaggio fortissimo costruito da un attore strepitoso che attraverso lei ha dimostrato di poter essere esempio di arguzia, libertà, eleganza, garbo e seduzione, per uomini e per donne. Ma lei lo sapeva già, solo che ha capito che doveva fare un giro più lungo per arrivare anche alla famosa “casalinga di Voghera” che, a quanto pare, riesce sempre a dettar leggi anche su temi impegnati.
A mio parere, però, la vera rivelazione di questo Festival, tra le donne co-conduttrici intendo, è Chiara Giannetta, bella lei. Spontanea e ridente ha potato una ventata di freschezza pugliese e, nonostante le dichiarate paure dell’esordio, è riuscita ad essere credibile nel ruolo affidatole e probabilmente anche a godersi in pieno quest’esperienza, proprio come lei voleva. Ha dimostrato non solo di essere una brava attrice recitando il monologo sulla “bellezza di andare oltre ciò che si vede” e nel divertentissimo sketch insieme a Maurizio Lastrico, ma di essere assolutamente capace di gestire una diretta televisiva senza mai annoiare.
Cosa che avrebbe certamente potuto fare anche la Ferilli nazionale, visto che ha anche molta più esperienza della giovane ragazza, invece no. Lei si è limitata ad offrirsi come un buon piatto di spaghetti al pomodoro e basilico: “boni”, colorati e che non richiedono troppo impegno nella preparazione.
Sugli altri invece, beh, sarebbero troppi per citarli tutti, ad ogni modo alcuni non sono proprio pervenuti. Sappiamo però che Cremonini ha ringalluzzito molte signore agè; che Damiano dei Maneskin funziona più di Achille Lauro senza smanacciarsi tra i pantaloni; che Orietta Berti ha vestito le 50 sfumature di pulcino Pio; e che Berrettini, va bè niente, su Berrettini non c’è proprio niente da dire, se non rimpiangere di non avere più 20 anni o di non averlo avuto come compagno di banco, almeno per fare una partita a tennis ogni tanto, s’intende.
Insomma a parte la musica di cui si parla sempre meno, Amadeus, bisogna dargliene atto, è riuscito per il terzo anno a dosare benissimo tutti gli ingredienti per mettere su uno spettacolo di intrattenimento che abbracciasse tutte categorie, sociali, culturali e di età. Ed anche il famoso chiacchiericcio sul festival è stato trasversale, come trasversale è stato l’omaggio dei fiori anche agli uomini, che già nell’edizione precedente pare abbia ucciso centinaia di maschilisti, ma se gli uomini vogliono la parità è giusto partire dai piccoli gesti.
Dunque musica, ma soprattutto fiori, pizzi, veli e strass per tutti. Come a voler rimarcare la necessità di non dover rimarcare più nulla. Perché, forse, cresce la consapevolezza di vivere in un mondo sempre più fluid, di stare in rapporti sempre più poliamorosi e che la felicità, per ognuno, rappresenta semplicemente qualcosa di diverso, che è suo e solo suo.
Solo la musica, soprattutto quella delle nuove generazioni di cantanti, sembra un po’ tutta uguale, ma pazienza. Ad ogni modo, anche il podio ha accontentato un po’tutti: al terzo posto si è classificato Morandi col prossimo ballo di gruppo che si ballerà nei centri anziani; al primo un brano da “brividi” che accompagnerà le pomiciate adolescenziali e al secondo quello di Elisa. Lei che è capace di interpretare e di scrivere i testi e le musiche dei suoi brani con l’intensità di una donna della sua età e con la modestia di chi non si è mai montata la testa. A lei io dico: “O Forse sei tu”, la musica.
Anna Rita Pinto
06.02.22