Una vita da gatto (di Carmelo Colelli)
Riceviamo e volentieri pubblichiamo un contributo originale del nostro collaboratore Carmelo Colelli.
Una mattina, uno strano rumore mi svegliò, mi girai e rigirai nel letto, con gli occhi ancora semichiusi, cercai di mettere i piedi giù dal letto per alzarmi, come facevo ogni mattina, non ci riuscii, rotolai sul pavimento, in quel momento spalancai gli occhi, mi trovavo di fronte ad una scatola chiusa con dei cassetti, sopra a questa un’altra scatoletta con una luce verde lampeggiante, dalla scatoletta veniva il fastidioso rumore che mi aveva svegliato.
Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo, forse stavo ancora sognando.
Ero piccolo-piccolo, gattonavo a quattro zampe, avevo fame, certamente stavo sognando, stavo sognando di essere piccino, volevo gridare, anzi gridai, ma non mi senti nessuno, del resto ero solo in casa.
Sempre gattonando mi spostai e mi ritrovai di fronte ad un’altra scatola grande, molto grande, dentro c’era un gattino tigrato color miele che mi guardava, era un bel gattino, pareva anche simpatico.
Io mi avvicinavo e lui si avvicinava, io cercavo con la mia mano di toccarlo e lui muoveva la sua zampa verso di me, mi allontanavo e lui si allontanava, era tutto molto strano, ma che bel sogno, io piccolo con un gattino in una scatola.
Mi riavvicinai e lui si riavvicinò, cercai di dire qualcosa, non sentii la mia voce sentii nettamente solo il suo miagolio, quanto era bello, volevo abbracciarlo, mi avvicinai ancora di più e sbattetti il mio viso contro qualcosa di freddo, il suo muso, non poteva essere, i gatti non hanno il muso freddo, c’era qualcosa di strano, ad un tratto chissà per quale miracolo capii che non avevo toccato il suo muso ma un grande specchio.
Mi spaventai, mi allontanai dallo specchio, in quel momento realizzai e capii quello che era successo, ero io il gatto, mi ero trasformato in un gatto, un gatto tigrato color miele, piccolo e cicciottello.
Il cuore, anche i gatti hanno il cuore, galoppava per la paura, ricordai quello che diceva il libro:
“Tanto devi pensare di essere un gatto che prima o poi diventerai un gatto”.
Non era un sogno, era un mio desiderio che si era realizzato all’improvviso, ero felice, l’esperimento era riuscito, ero libero di fare tutto quello che non potevo fare prima, quando ero un uomo.
I gatti sono sempre liberi nessuno li può legare.
Dopo lo spavento, la fame ritornò, più di prima, mi mossi alla ricerca di qualcosa da mangiare, mi ritrovai in cucina, saltai sul lavandino pieno di pentole e piatti, questi emanavano buoni odori che facevano aumentare la mia fame, leccai pentole e piatti, avevano tutti un buon sapore, la fame, però, aumentava, guardai fuori dal lavandino e vidi un sacchetto, saltai giù, il sacchetto era chiuso, ci pensarono le mie zampette anteriori a romperlo, il mio muso si tuffò dentro, con delle lische di pesce calmai la mia fame, risaltai sul lavandino ed acquetai la mia sete, girovagando per casa trovai una comoda poltrona e lì riposai prima di immergermi nella mia vita da gatto.
Dopo aver ben riposato, cercai una via per uscire dalla casa, la porta era chiusa, le finestre anche, la mia salvezza fu la finestra in alto nel bagno, un salto e mi ritrovai su davanzale della piccola finestra aperta, fuori il mondo degli uomini e dei gatti, un altro salto e fui sul balcone, giù, molto giù la strada, non potevo saltare fino a lì, saltai nel balcone vicino, una portafinestra aperta mi permise di entrare in quella casa, rimasi paralizzato da un soave odore, mi avviai seguendo la scia del gustoso profumo, su un tavolo, in un piatto, tante polpette, un salto e velocemente la mia zampetta anteriore sinistra afferro la prima polpetta la mangiai in fretta, come fanno i gatti, ero pronto a saltare di nuovo quando sentii un rumore assordante, era la voce della padrona di casa che mi rincorreva per cacciarmi via, io correvo a destra e a manca, lei dietro di me con una scopa, io correvo e lei non si calmava, un altro rumore, diverso, un po' più melodioso, giunse alle mie orecchie, era il campanello della porta, lei non mi rincorse più, si avviò verso la fonte del rumore, la segui a distanza, con la speranza che andasse via, mi aspettavano le polpette, lei aprì la porta e comparve una persona che le consegno una busta, in quel momento, prima che quella porta venisse chiusa e per me sarebbe stata la fine, scattai come una molla, passai tra le loro gambe, mi arrivarono alle orecchie dei rumori fastidiosissimi, le loro urla, di fronte mi ritrovai le scale, le scesi velocemente, finalmente la strada.
Ero libero, il mondo era mio, ora potevo girarlo tutto.
I gatti sono sempre liberi nessuno li può legare.
Carmelo Colelli