Pier Paolo Pasolini: il candore di un'anima. (di Ermes De Mauro)
Era nato a Bologna il 5 marzo 1922, Ivi aveva studiato, laureandosi nel 1945 con una tesi su Giovanni Pascoli,
della cui spiccata e profonda sensibilità verso le classi sociali più povere e diseredate si nutrì per tutta la vita . Tra queste due date (1922-1945) si svolse un periodo assolutamente determinante nella formazione del giovane Pasolini:il carattere autoritario del padre, militare di carriera, provocò in lui un attaccamento intenso alla madre, fatalmente convertito in complesso edipico.
SUPPLICA A MIA MADRE
È difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.
Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.
E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame
d’amore, dell’amore di corpi senza anima.
Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era l’unico modo per sentire la vita,
l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.
Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…
BALLATA DELLE MADRI
Mi domando che madri avete avuto.
Se ora vi vedessero al lavoro
in un mondo a loro sconosciuto,
presi in un giro mai compiuto
d'esperienze così diverse dalle loro,
che sguardo avrebbero negli occhi?
Se fossero lì, mentre voi scrivete
il vostro pezzo, conformisti e barocchi,
o lo passate, a redattori rotti
a ogni compromesso, capirebbero chi siete?
Madri vili, con nel viso il timore
antico, quello che come un male
deforma i lineamenti in un biancore
che li annebbia, li allontana dal cuore,
li chiude nel vecchio rifiuto morale.
Madri vili, poverine, preoccupate
che i figli conoscano la viltà
per chiedere un posto, per essere pratici,
per non offendere anime privilegiate,
per difendersi da ogni pietà.
Madri mediocri, che hanno imparato
con umiltà di bambine, di noi,
un unico, nudo significato,
con anime in cui il mondo è dannato
a non dare né dolore né gioia.
Madri mediocri, che non hanno avuto
per voi mai una parola d'amore,
se non d'un amore sordidamente muto
di bestia, e in esso v'hanno cresciuto,
impotenti ai reali richiami del cuore.
Madri servili, abituate da secoli
a chinare senza amore la testa,
a trasmettere al loro feto
l'antico, vergognoso segreto
d'accontentarsi dei resti della festa.
Madri servili, che vi hanno insegnato
come il servo può essere felice
odiando chi è, come lui, legato,
come può essere, tradendo, beato,
e sicuro, facendo ciò che non dice.
Madri feroci, intente a difendere
quel poco che, borghesi, possiedono,
la normalità e lo stipendio,
quasi con rabbia di chi si vendichi
o sia stretto da un assurdo assedio.
Madri feroci, che vi hanno detto:
Sopravvivete! Pensate a voi!
Non provate mai pietà o rispetto
per nessuno, covate nel petto
la vostra integrità di avvoltoi!
Ecco, vili, mediocri, servi,
feroci, le vostre povere madri!
Che non hanno vergogna a sapervi
- nel vostro odio - addirittura superbi,
se non è questa che una valle di lacrime.
E' così che vi appartiene questo mondo:
fatti fratelli nelle opposte passioni,
o le patrie nemiche, dal rifiuto profondo
a essere diversi: a rispondere
del selvaggio dolore di esser uomini.
A Casarsa, paese d'origine della madre, ai piedi delle innevate Alpi friulane, trascorse la maggior parte di questo periodo; vi si rifugiò dopo l'otto settembre del 1943, vi visse gli echi epici della Resistenza (il fratello morì nella lotta partigiana), ma nel 1949 si trasferì a Roma.
Qui insegnò per un po' di tempo in un scuola privata, e si dedicò con grande passione alla letteratura; la grande città lo carpì con una realtà umana socialmente degradata, "il popolo selvaggio", non ancora plagiato dalla cultura borghese. Dal contatto coi sottoproletari delle borgate romane nacquero i romanzi " Ragazzi di vita "e " Una vita violenta ", che lo resero famoso, ma gli procurarono anche non pochi fastidi con la giustizia. Intanto non mancava di cimentarsi con la poesia. "Le ceneri di Gramsci " esce nel 1957 dopo una visita di Pierpaolo al sepolcro del grande pensatore Marxista e fondatore del P.C.I., morto nel 1937 dopo dieci anni di carcere duro.
IV
" Lo scandalo del contraddirmi, dell'essere
con te e
contro te; con te nel core, in luce, contro te nelle buie viscere; del mio paterno stato traditore- nel pensiero, in un'ombra di azione -mi so ad esso attaccato nel calore degli istinti, dell'estetica passione; attratto da una vita proletaria a te anteriore, è per me religione la sua allegria, non la millenaria sua lotta: la sua natura, non la sua coscienza: è la forza originaria dell'uomo, che nell'atto s'è perduta, a darle l'ebbrezza della nostalgia, una luce poetica: ed altro più io non so dirne, che non sia giusto ma non sincero, astratto amore, non accorante simpatia... Come i poveri povero, mi attacco come loro a umilianti speranze, come loro per vivere mi batto ogni Giordano. Ma nella desolante mia condizione di diseredato, io possiedo: ed è il più esaltante dei possessi borghesi, lo stato più assoluto. Ma come io possiedo la storia, essa mi possiede; ne sono illuminato: ma a che serve la luce?"
Emerge da questi versi un'anima pura, limpida, fortemente desiderosa d'amore come quella delle madri feroci, servili, vili, mediocri, disperate per non poter dare ai figli la legittima dignitosa condizione socio-economica; al clima rarefatto dell'ermetismo il poeta contrappone una poesia discorsiva, ricca di idee, ben relazionata con la realtà sociale e politica.
Si avverte subito, a volte sopita, ma mai spenta, l'eco dei Poemetti del Pascoli. Come osserva l'Armellini 《la sostanza, come in Pascoli, resta lirica e soggettiva ; per Pasolini il discorso ideologico resta inseparabile dal groviglio dei suoi sentimenti( Passione e ideologia) La sua poesia è un continuo fermento di immagini, emozioni e riflessioni》.
Riprendendo il verso"ma a che serve la luce?", il prof. Augieri, aprendo all'ermeneutica del discorso, sottolinea in Pasolini il passaggio, da Platone a Cartesio, della dimensione della luce come "costante archetipica simbolica della verità". È un unico verso che rivela la densità intellettuale di Pasolini, densa dell'attenzione antropo-sociologica e antropo-linguistica della conoscenza. La sua spiritualità ricca ci permette di notare che il semantema della "croce" è diffusissimo, elemento questo che qualifica ulteriormente la figura di un poeta da rimpiangere nonostante i suoi istinti, i suoi slanci e le sue contraddizioni.
Gli anni '60 segnano l'esordio di Pasolini come sceneggiatore, attore e regista cinematografico.
La letteratura gli parve sempre più il mezzo meno efficace per comunicare il proprio messaggio a vaste fasce di lettori, che era il fine autentico e la prima condizione della sua poetica civile e pedagogica. L'immagine cinematografica era per lui molto più vicina della pagina scritta al mondo degli istinti; che per lui restava l'unica isola felice di una società snaturata dalla ideologia borghese. Ora, però, questo mondo non coincideva più con le borgate romane, ma con il Terzo mondo, con l'Africa in particolare, dove Pasolini ambientò certi suoi film, approdando così, da" Accattone" (1961) a "mamma Roma"(1962), a "Edipo Re" e "Medea" (1970) passando attraverso capolavori quali " la ricotta"(1963) , " Vangelo secondo Matteo"(1964), "Uccelacci e uccellini (1966).
La " Trilogia della vita " ( il Decameron, i Racconti di Canterbury e Il Fiore delle mille e una notte) è ancora oggi considerata dai critici l'ultima concretizzazione simbolica del mito vitalistico del regista scrittore, e ripropone i miti della corporalità , del popolo libero e "selvaggio". Rimane memorabile nella storia del cinema il rapporto dello scrittore e regista con Maria Callas durante la lavorazione del film "Medea ".Il grande soprano sapeva della omosessualità virulenta e passionale di Pasolini, tuttavia non impiegò molto ad innamorarsi follemente del suo regista dall'anima candida e pura; ed egli fu tra i pochissimi vicinissimo alla Callas nei lunghi periodi di tristezza, di infelicità e di depressione che ella attraversava.
Le riprese di "Medea" in Turchia, Siria, Siena e Grado non furono soltanto un lavoro cinematografico; la nobiltà di sentimenti, l'altruismo e magnanimità innata in Pasolini sollevarono non poco l'animo fiaccato della grande artista, in particolare dopo che il 20 ottobre 1968 in magnate greco plurimiliardario aveva sposato Jacqueline Kennedy, lasciando nella più iniqua prostrazione la grande artista.
Tanto si legge nel dovizioso epistolario intercorso tra lei e lo scrittore. In una lettera scritta durante le riprese del film Pasolini dice:" tu sei come una pietra preziosa che viene violentemente frantumata in mille schegge per essere ricostruita di un materiale più duraturo di quello della vita, cioè il materiale della poesia. È appunto terribile sentirsi spezzati, sentire che in un certo momento, in una certa ora, in un certo giorno, non si è più tutti se stessi, ma una piccola scheggia di se stessi: e questo umilia, lo so. Io oggi ho colto un attimo del tuo fulgore, e tu avresti voluto darmelo tutto. Ma non è possibile..."
Mi pare di avere abusato anche troppo della paziente cortesia di eventuali lettori, ma il centenario della nascita di un' astro di empirea
luminosità non poteva essere liquidato con poche righe. Anche perché Pasolini intreccia argomenti personali e problemi civili, mescola elegia ed oratoria, spesso scivolando nel tono predicatorio. Su questa via del pedagogismo laico ha preso corpo la figura dell'intellettuale del dissenso, dell'eretico, del luterano, del corsaro, che ha polemizzato tanto con la cultura di regime quanto con la rivolta studentesca del 1968 e con quelle che definiva la " restaurazione di sinistra".
Non di meno è bene precisare, concludendo, che simili contraddizioni non hanno relegato Pasolini nel limbo degli intellettuali inutilizzabili, ma al contrario, il fatto che si siano potute riscontrare dimostra che la sua eredità è rimasta viva e stimolante, soprattutto per le nuove generazioni alle prese coi problemi inediti dell'Italia post- industriale.
ALLA MIA NAZIONE
Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico
ma nazione vivente, ma nazione europea:
e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti,
governanti impiegati di agrari, prefetti codini,
avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,
una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!
Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci
pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,
tra case coloniali scrostate ormai come chiese.
Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti,
proprio perché fosti cosciente, sei incosciente.
E solo perché sei cattolica, non puoi pensare
che il tuo male è tutto male: colpa di ogni male.
Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.