“È bella ma non balla” di Anna Rita Pinto

Di cosa parliamo quando parliamo di educazione all’autostima?

In Puglia, precisamente a Nardò, ma prossimante apriranno anche a Lecce, Porto Cesareo e Gallipoli, esiste il primo istituto di bellezza in Italia dedicato a bambini dai 4 a 13 anni. Una Beauty Baby che offre ai piccoli clienti trattamenti che vanno da una limata di unghie, al pedicure, ai massaggi viso e corpo, alle maschere di bellezza con prodotti biologici al cioccolato, all’ananas, allo yogurt.

Questa idea è nata osservando alcune bambine estasiate da glitter e smalti quando accompagnavano le proprie madri in un centro di ricostruzione unghie. Così, ormai rapiti da una scia tutta americana, i titolari hanno addirittura alzato il tiro e si sono attrezzati anche per il beauty baby wedding: ovvero dei party a tema bellezza dove viene allestito un red carpet di moda su cui sfilano piccoli modelli e modelle con abiti forniti da negozi del territorio. E i genitori di questi bambini pare siano tutti emozionati quando assistono a queste perfomance perché, dicono, è per loro un momento di condivisione significativo.

Il rimando al film “Little Miss Sunshine”, già vincitore nel 2007 di un Oscar per la migliore sceneggiatura originale e uno per il miglior attore non protagonista, è immediato. Qui si narra la storia di una bambina cicciottella e con gli occhiali che ha l’ambizione di diventare piccola Miss California e dopo un rocambolesco ma significativo viaggio insieme a tutta la famiglia che la porterà nel luogo del concorso, si ritrova catapultata in un tritacarne in cui le bambine che vogliono assomigliare agli adulti sono “mostruose” e i genitori delle aspiranti miss lo sono ancora di più. Una commedia che fa riflettere parecchio sulle follie del mondo contemporaneo e sul concetto di bellezza e che, grazie a un esilarante finale, insegna qualcosa sulla normalità e sulle piccole cose che possono portare ugualmente alla felicità.

Ovviamente è importante insegnare a un bambino o a una bambina ad aver cura del proprio corpo, ma quanto, soprattutto a quest’età, il concetto della cura di sé può essere affrontato come un gioco e non come una performance? Considerando che viviamo in un mondo dominato dalle immagini e dai social, dove l’autostima è sempre in calo soprattutto nelle giovanissime che vorrebbero essere alte, magre e perfette come le icone che vedono attraverso lo smartphone, come si può far distinguere ai più piccoli la linea sottile che separa la sana attenzione per sé dalla necessità di piacere per forza a tutti? Come riuscire a instillare loro fiducia anche se non si è abbastanza belli e performanti? E quanto peserà nel percorso di crescita il giudizio degli altri?

Riflessioni lecite, non giudizi, soprattutto alla luce di un’altra notizia riguardo un fatto accaduto nel Regno Unito a febbraio dello scorso anno, qualche settimana prima del blocco della pandemia, concluso però solo qualche settimana fa con una condanna. Avete presente il detto: “è bella ma non balla”? Bene, in questa faccenda potremmo invece ripercorrere il proverbio al contrario: è brutta ma balla.

È ciò che è accaduto a Claire, una mamma 39enne che volendo concedersi una serata di svago si è presentata in discoteca ma i buttafuori le hanno risposto: “Sei troppo brutta per entrare” e quando lei si è ribellata è stata anche aggredita e derubata del telefono con il quale aveva ripreso l’accaduto in diretta. Risultato: uno dei due buttafuori ha dovuto risarcire economicamente la donna e dovrà anche essere sottoposto a un tot di ore di lavoro non retribuito e 15 giorni di riabilitazione. L’altro, invece, è morto improvvisamente prima che le accuse potessero essere formalizzate nei suoi confronti. Chissà se il Titolare dei cieli gli avrà fatto varcare la soglia dell’aldilà o qualche suo buttafuori lo avrà bloccato all’ingresso dicendogli: “sei troppo stupido per entrare”?

Certo siamo tutti bravi a dire che conta il carattere e non l’estetica, ma il risultato è che l’apparenza arriva a condizionare parecchio la vita delle persone, nel lavoro, nella società ma anche nelle relazioni private. Dunque come riuscire a guadagnarsi il proprio posto nel mondo se non si è abbastanza belli e performanti? 

Difficile trovare una risposta, soprattutto quando per qualche ragione si è fuori norma. Certamente occorre coltivare una personalità che ti alleni ad avere spalle grosse per schivare gli attacchi e magari capire anche che se è vero che questo mondo si divide in due categorie, vincenti e perdenti, i vincenti sono quelli che non si arrendono mai.

Ad ogni modo i genitori di questi ragazzi forse dovrebbero lasciare ai propri figli la libertà di vivere la spensieratezza della fanciullezza prima di tutto, e iniziare a pretendere da loro anche un po’ meno, oltre a insegnargli a vedere le persone nella loro totalità, perché di belli che non ballano ne abbiamo pieno il mondo, ma anche di brutti che ballano, fortunatamente.

Quei “momenti importanti di condivisione” forse sarebbero davvero tali se si coltivasse un dialogo a tavola, ad esempio, possibilmente senza avere il cellulare in mano, né gli adulti né i ragazzi. Perché in quel famoso concetto di condivisione, forse, c’è l’ascolto prima di tutto e se troppi genitori non conoscono i figli che gli dormono nella stanza accanto, da qualcosa dipenderà. Poi è facile accusare la scuola dicendo che ha il dovere di essere una seconda famiglia, ma quando la famiglia tornerà ad essere la prima scuola, il primo esempio?

Anna Rita Pinto

25.03.22

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