“Malamovida” di Anna Rita Pinto
Mentre in questi giorni apprendevamo la notizia che il barese Nicola Vernola, 20 anni, è il più giovane laureto in giurisprudenza
d’Italia e che Francesco, pianista di soli 9 anni, leccese, vince l’oro a Londra in una competizione per giovani talenti, Milano si svegliava con gli arresti dei due trapper Baby Gang e Simba La Rue per fatti criminosi, avvenuti in questi mesi, all’intero di una faida tra trapper. Non banali risse ma episodi di violenza e sopraffazione, originati da una logica di banda e da una volontà di controllo del territorio. Dunque da una parte i giovani eccellenti, dall’altra i giovani scadenti.
Quest’ultimo, purtroppo, è il fenomeno sempre più dilagante delle baby gang che vede protagonisti bambini e ragazzi dall’età compresa fra i 7 e i 14 anni che si riuniscono in gruppi più o meno organizzati con il preciso scopo di commettere reati come atti di vandalismo, bullismo, soprusi, aggressioni, furti, per poi degenerare in reati sempre più gravi. Cosa che si sviluppa non solo nelle periferie ma anche nei contesti urbani. A dimostrazione dell’aumento di questa brutta realtà lo dimostrano gli oltre 1900 articoli pubblicati su giornali nazionali e locali da gennaio ad aprile 2022 contenenti riferimenti a “gang giovanili” o “baby gang”.
Secondo alcune teorie, le azioni criminose delle baby gang, che non sempre provengono da famiglie in condizioni di disagio socioeconomico così come si potrebbe pensare, si ricollegano alle difficoltà relazionali o di inclusione nel tessuto sociale, ai rapporti problematici con le famiglie, con i propri pari e con il sistema scolastico.
Altre teorie “razionaliste” sostengono invece la tesi secondo cui l’adesione alle baby gang è volontaria e spontanea. Secondo questa prospettiva, i giovani, influenzati da determinati contesti valoriali, scelgono questa strada per ottenere un guadagno in termini economici o di autostima.
Vi sono poi le teorie che fanno leva sul concetto di aggressione-frustrazione. In questo senso, il fenomeno delle baby gang avrebbe origine nella psiche di soggetti frustrati. E quando la fonte di una frustrazione non può essere controllata, l’aggressività si rivolge verso un obiettivo debole.
Le baby gang, infatti, sono facilmente riconoscibili: agiscono in branco, facendosi forza l’un l’altro e coprendosi le spalle a vicenda; si avvicinano alla vittima servendosi di futili motivi per attaccare briga col malcapitato di turno e agiscono spesso per gioco, per noia o per dimostrare la propria forza, o anche solo per accaparrarsi gli oggetti di consumo più alla moda. Tutti usano i social network come strumento per rafforzare le identità di gruppo e generare processi di emulazione o auto-assolvimento. Non è raro infatti che questi diffondano con orgoglio i video delle loro vittime, anche quelli che le coetanee concedono ai fidanzati in momenti di intimità.
Ad essere i bersagli di pestaggi, furti e bullismo, sono generalmente altri giovani della stessa fascia di età con caratteri più deboli e il teatro delle azioni è generalmente il contesto scolastico. Si può trattare di volta in volta del compagno di scuola, da cui quotidianamente farsi consegnare la merenda o piccole quantità di denaro facendo leva sulla paura e la sudditanza psicologica, oppure di un semplice passante, colpevole magari di uno sguardo di troppo e capitato per caso nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Transcrime, il centro di ricerca interuniversitario dell'Università Cattolica, Alma Mater Studiorum dell’Università di Bologna e di Perugia, con il Servizio analisi criminale del Dipartimento della pubblica sicurezza del ministero dell'Interno e il Dipartimento per la giustizia minorile del ministero della Giustizia, riscontra che le baby gang sono attive nella maggior parte delle regioni italiane (con una leggera prevalenza del Centro-Nord rispetto al Sud del paese); sono principalmente composte da meno di 10 individui per gruppo, in prevalenza italiani e maschi, anche se sempre più spesso fioriscono anche le band femminili, e hanno quasi tutte un loro slang e un loro luogo di ritrovo, anche se tutto avviene prevalentemente tramite chat.
I crimini che più spesso vengono attribuiti loro sono reati violenti, come risse, percosse e lesioni, atti di bullismo, disturbo della quiete pubblica e atti vandalici. Meno frequenti e di solito commessi da gruppi più strutturati sono lo spaccio di stupefacenti o reati appropriativi come furti e rapine. A tal proposito vi sono quattro tipi principali di gang presenti in Italia, con caratteristiche differenti e una diversa distribuzione sul territorio:
- gruppi privi di una struttura definita, il tipo maggiormente rilevato e più consistente numericamente. Sono prevalentemente dediti ad attività occasionali violente o devianti e presenti in tutte le macroaree del paese. Questi gruppi sono caratterizzati da legami deboli, dall’assenza di una gerarchia chiara o di una organizzazione definita e spesso anche di fini criminali specifici.
- gruppi che si ispirano o hanno legami con organizzazioni criminali italiane: presenti specialmente nel Sud del Paese in contesti urbani in cui vi è storicamente una presenza mafiosa. Sono composti quasi totalmente da italiani con un elevato coinvolgimento di minorenni. Questi gruppi sono spesso legati alla volontà di accrescere il proprio status criminale con l’auspicio di entrare a fare parte delle sopracitate organizzazioni criminali.
- gruppi che si ispirano a organizzazioni criminali o gang estere: presenti prevalentemente in aree urbane del Nord e Centro del Paese e composti in prevalenza da stranieri di prima o seconda generazione. Fra le attività criminali più spesso associate a questo tipo di gang emergono risse, percosse e lesioni, atti vandalici e disturbo della quiete pubblica.
- gruppi con una struttura definita ma senza riferimenti ad altre organizzazioni e dediti ad attività criminali specifiche: presenti in tutte le macroaree del Paese e composti in prevalenza da italiani. Compiono spesso reati appropriativi, come furti o rapine, ma anche reati violenti. Queste gang non sono solitamente dotate di simbologie particolari né hanno interesse a pubblicizzare le proprie azioni.
Possiamo concludere che le azioni importanti che tutta la società, non solo le forze di Polizia e le famiglie, dovranno porre in essere per contenere e contrastare questo fenomeno, sono certamente quelle atte a intercettare i segnali di disagio sul nascere e intervenire per evitare un’escalation della violenza. Importante, però, è anche sollecitare le vittime ad avere fiducia negli adulti affinché i ragazzi riescano a chiedere loro aiuto senza provare vergogna perché qualcuno li importuna o li bullizza insistentemente per il loro aspetto fisico, per il carattere pacifico, per il loro orientamento sessuale o perché sono i più studiosi della classe. Quest’azione è un primo passo per convincere le vittime non solo a rompere il silenzio, ma anche a credere che quelli sbagliati non sono loro ma gli altri, che se questi fossero davvero così forti come tentano di far credere, non avrebbero bisogno di ricorrere alla prepotenza e alla violenza per ottenere rispetto e stima. Cedere alle loro violenze, fisiche e psicologiche, significa solo alimentare ciò che invece va troncato sul nascere, e solo chi è nel giusto ha il potere di spezzare questa catena.
Anna Rita Pinto
12.10.2022