Una volta l’anno è lecito impazzire - di Anna Rita Pinto

È il proverbio associato al carnevale, che nel Medioevo veniva chiamato fasnachat o fesenach,

ovvero festa di pazzia, derivato dall'antico detto latino «semel in anno licet insanire» e da qui origina anche il modo di dire "A Carnevale ogni scherzo vale" legato alla nota ricorrenza che fa riferimento al fatto che in questo periodo dell'anno gli scherzi devono essere accettati di buon grado, perché ogni occasione sarà buona per festeggiare.

Il gioco di parole ha origini antiche perché veniva utilizzato già all'epoca dei saturnali romani, cerimonie pagane in onore del Dio Saturno che avvenivano in occasione del solstizio d’inverno e quindi attorno al 21 dicembre. Il Dio Saturno avrebbe propiziato l’inizio dell’anno agricolo infatti, con questa ricorrenza, si intendeva salutare l’inverno ed accogliere la primavera e la fertilità con i festeggiamenti, durante i quali non vi era più differenza tra nobili e plebei, grazie all'uso delle maschere, indossate come difesa contro le potenze diaboliche ostili, con la speranza che avrebbero reso il futuro raccolto abbondante.

Per gli antichi romani, Saturno era il Dio dell'età dell'oro, un periodo felice in cui regnava l'uguaglianza e, con i Saturnali, così come nelle feste “dionisiache” greche dedicate a Dioniso, tutto ciò veniva festeggiato con balli, canti e tutto era fatto in chiave scherzosa, in cui si annullavano le gerarchie e si assisteva al rovesciamento dell’ordine costituito, sovvertendo tutti gli obblighi sociali e di classe: gli schiavi divenivano padroni e quest’ultimi li servivano, ci si dava alla pazza gioia con grandi banchetti senza farsi mancare nulla, neppure riti orgiastici in totale libertà e dissolutezza, lasciando spazio a scherzi e mascheramenti che simboleggiavano la supremazia del caos sull’ordine come rinnovamento simbolico della società. Feste pensate come occasione di coesione sociale a tal punto che in Grecia, invece, venivano fermati i procedimenti penali e addirittura liberati i prigionieri per poterli includere e farli partecipare. Mantenere l'anonimato attraverso una maschera permetteva di trasgredire in piena libertà. Col passare degli anni l'usanza non è stata abbandonata e, complici i costumi originali, si fa tutto ciò che nel resto dell'anno non si ha il coraggio di fare. Alcune popolazioni arcaiche, invece, si servivano delle maschere per entrare in contatto con le energie della natura durante le cerimonie spirituali: in cambio di raccolti abbondati gli spiriti gli concedevano l'opportunità di divertirsi e fare baldoria.

Ai tempi dell’Antica Roma, la festa in onore della dea egizia Iside, che si diffuse in tutto l’Impero Romano, prevedeva la presenza di gruppi e cortei mascherati come possiamo leggere nelle “Metamorfosi” (Libro XI) di Lucio Apuleio. Nella festività denominata “Equirria”, in onore di Marte, e celebrata tra il 27 febbraio ed il 14 marzo, avvenivano delle corse di carri mentre l’anno vecchio era simboleggiato dal personaggio di Mamurio Veturio, un uomo coperto da pelli di capra portato in processione e colpito da alcune bacchette. In suo onore veniva celebrata la festa del “Mamuralia” il 14 o 15 marzo.

La parola maschera deriva dall'arabo "Mascarà", che significa: scherno, satira. Nel teatro greco e in quello romano la maschera veniva usata dagli attori per sottolineare i tratti del personaggio che interpretavano. Nel XVI secolo si afferma in Italia la "Commedia dell'arte" e, uno dei temi ricorrenti, era la beffa del servo che riusciva ad avere la sua rivincita verso il potente. È in questo quadro che sui palcoscenici di Venezia nasce il personaggio di Zanni (il servo zotico) che poi subirà diverse metamorfosi fino a diventare rappresentativo della figura del servo attraverso maschere della nostra tradizione come Arlecchino e Pulcinella. Oggi, oltre ad utilizzare le maschere, si pensa a come truccarsi per il carnevale riproducendo, magari, anche le classiche maschere veneziane, con il solo aiuto del make up.

In molte altre parti del mondo, soprattutto in Oriente, c'erano molte feste con cerimonie e processioni in cui gli individui si travestivano: a Babilonia, ad esempio, non era strano vedere grossi carri simboleggianti la Luna e il Sole sfilare per le strade rappresentando la creazione del mondo.

Tra le maschere di Carnevale più famose d'Italia troviamo: Arlecchino che ha origine a Bergamo e rappresenta la figura del servo sciocco ma dotato di buon senso, ma sempre pieno di debiti. Rappresenta chi è capace di adattarsi a ogni situazione e servirebbe chiunque per avere dei propri vantaggi; Pulcinella, anche questa maschera, che nasce a Napoli, rappresenta la figura del servo. Ha la gobba il naso adunco e indossa una camiciona e un cappello bianco. Rappresenta la plebe napoletana che si ribella alla classe medio-alta borghese, simboleggiando la rivincita del popolo sui potenti; Balanzone maschera tipica bolognese, è un dottore burbero e chiacchierone che si fa credere sapiente ma che prova sempre a truffare chi gli capita a tiro. Rappresenta la presa in giro di quelli che non fanno altro che vantarsi del proprio sapere ogni volte che si presenta l'occasione; Colombina serva chiacchierona e furba della tradizione veneziana, affezionata alla sua padrona Rosaura per la quale farebbe di tutto pur di renderla felice. Indossa un abito semplice con delle balze, un grembiule mal ridotto e una cuffietta bianca; Brighella altra maschera di Bergamo è un servo furbo a cui piace litigare con le persone e attaccar briga (da qui il suo nome). Porta pantaloni e giacca bianchi con disegni verdi, un cappello da cuoco e una maschera nera; Pantalone è la maschera che rappresenta un mercante vecchio e brontolone, tipico della tradizione veneziana. È dedito solo al denaro e al commercio. Le uniche che riescono a tenergli testa sono la moglie e le figlie;

Spostandoci dall’Italia e pensando ai carnevali più famosi nel mondo, non si può non ricordare il Carnevale di Rio de Janeiro: per il Sud America il Carnevale ha sempre rappresentato un avvenimento importante, soprattutto per le classi più povere. A Rio il Carnevale comincia il sabato grasso e dura per quattro giorni senza mai fermarsi, tra carri allegorici, balli e canti. La domenica grassa, i carri sfilano per la città e le persone si travestono e ballano al ritmo della batucada, ballo da cui nasce la samba de roda con movimenti del bacino e passi rapidi avanti e indietro dei ballerini. Ci sono scuole di danza che si preparano tutto l'anno per l'evento e alla fine una giuria vota le singole scuole in base al tema scelto, alla bravura dei ballerini, ai costumi e ai carri. Ogni anno, durante questa festa, sfilano i blocos, gruppi di persone con magliette e costumi a tema che animano le vie della città per tutta la durata della festa.

In Francia, invece, c’è il famoso il Carnevale di Nizza, dove si svolgono, oltre alle tradizionali sfilate di carri, anche le "battaglie di fiori", che sono protagoniste assolute. Durante i festeggiamenti, inoltre, vengono accese più di 12.000 lampadine di 15 watt per illuminare tutta la città.

In Germania è famoso il Carnevale di Colonia che inizia l'11 novembre alle 11:11, quando vengono nominati i protagonisti di questa festa: il Principe, il Fante e la Vergine che scenderanno in piazza solo il giovedì grasso per sfilare tra il pubblico e dare il via ai festeggiamenti e alle celebrazioni. La cosa particolare è che questa giornata è interamente dedicata alle donne che prendono il comando nelle case, negli uffici e nei negozi e tutto è loro concesso nei confronti dell'uomo.

8.2.2023

Anna Rita Pinto

 

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