San Faustino martire e i single - di Anna Rita Pinto

Oggi non avere un partner non porta più con sé lo stigma di un tempo, ma fino al 1943 il single in Italia veniva addirittura tassato.

Senza alcuna distinzione tra “zitelle” e “scapoli”, l’imposta fu istituita il 13 febbraio 1927 ed era indirizzata ai celibi tra i 25 e i 65 anni. Consisteva in un contributo fisso che variava a seconda dell'età: si partiva da un minimo di 70 Lire (oggi poco meno di 5 euro) per i giovani fino ai 35 anni, per salire a 100 Lire fino ai 50 anni. Tra i 50 e i 66 anni la tassa veniva dimezzata passando a 50 Lire, per essere poi azzerata dopo i 66 anni. Gli importi riscossi venivano devoluti all'Opera Nazionale della Maternità e dell'Infanzia.

Poi, dopo aver sopportato tassazioni e numerosi San Valentino all’asciutto, finalmente per i single arriva in aiuto San Faustino, probabilmente diventato protettore dei single solo per il fatto di trovarsi lì, pronto per essere acciuffato dal mercato subito dopo San Valentino, forse per dare un’occasione di far festa anche a chi il giorno prima non avrebbe avuto di che celebrare. Ma facciamo qualche passo indietro e cerchiamo di capire chi è questo Santo e perché è considerato protettore dei single. In realtà, il suo legame con le persone in cerca dell'anima gemella non è del tutto chiaro e tal proposito circolano tre versioni.

La prima, e forse la più banale, consiste, come abbiamo anticipato, nel considerare che sia comodo far cadere la ricorrenza il giorno successivo a San Valentino, tenuto anche conto che Faustino fa rima, come contraltare, a Valentino. La seconda versione, invece, fa riferimento all'etimologia del nome che deriva dal latino “faustus”, che letteralmente significa propizio, perché nell'immaginario collettivo una persona in cerca della sua dolce metà ha parecchio bisogno di fortuna. Infine, si narra che il Santo aiutasse le giovani donne a trovare marito.

Al di là delle leggende, la storia di San Faustino è un racconto di fede e martirio. Faustino e Giovita erano due fratelli appartenenti alla nobiltà bresciana del II secolo d.C. che decisero di intraprendere la carriera militare. Furono convertiti al cristianesimo dal vescovo Apollonio e l'imperatore Adriano ordinò a Italico di procedere nella persecuzione, per non aver voluto sacrificare agli dei due giovani e per questo furono incarcerati.

Intanto l'imperatore di ritorno dalla campagna di Gallia si fermò a Brescia, venne coinvolto nella faccenda ed egli stesso chiese ai due giovani di adorare il dio sole ma essi si rifiutarono ed anzi colpirono la statua del dio pagano. L'imperatore ordinò allora che fossero dati in pasto alle belve del circo e furono rinchiusi in una gabbia con delle tigri. Le fiere rimasero mansuete e si accovacciarono ai loro piedi; il miracolo ebbe come effetto la conversione di molti spettatori tra cui anche la moglie del governatore Italico, Afra che diverrà un giorno anche lei martire e sarà proclamata santa, ma portò anche i carnefici a ordinare che i due fratelli venissero scorticati vivi e messi sul rogo. Il martirologio racconta come il fuoco non toccò nemmeno le vesti dei due condannati e le conversioni in città ebbero ancora più larga diffusione. I due furono tenuti prigionieri nelle carceri di Milano dove subirono molte torture, quindi furono trasferiti a Roma dove furono di nuovo dati in pasto alle fiere nel Colosseo, ma anche stavolta ne uscirono indenni. Poi, imbarcati e mandati a Napoli, pare che grazie ad una loro intercessione una tempesta durante il viaggio si placò. Le torture continuarono, infine si decise di spingerli nel mare su una barchetta che però tornò a riva (secondo la leggenda fu riportata in salvo dagli angeli). Furono quindi condannati a morte, riportati a Brescia e il 15 febbraio di un anno non meglio precisato fra il 120 e il 134, furono decapitati, poco fuori porta Matolfa, chiamata successivamente porta Cremona. I corpi furono sepolti nel cimitero di San Latino e nello stesso luogo il vescovo Faustino successivamente fece edificare la chiesa di San Faustino ad Sanguinem.

I due sono Santi patroni di Brescia, ma anche di Sarezzo, Chiari, Darfo Boario Terme, Brembate, Villa d’Almè (nella Bergamasca) e Sorbolo, nel Cremonese, dove secondo la tradizione avrebbero sostato durante l’ultima deportazione. La festa per i santi patroni Faustino e Giovita è legata ai fatti del 13 dicembre 1438. Si narra che sulle mura di Brescia, stretta in assedio dalle truppe milanesi di Niccolò Piccinino, apparvero le loro figure in difesa della città. I due respinsero le palle delle cannonate a mani nude e, secondo la tradizione, il condottiero sospese l’attacco esclamando: «Io combatto contro i fanti, non contro i santi». Il 17 dicembre l’esercito milanese cessò definitivamente l’assedio e lasciò la città al suo destino. La gioia per lo scampato pericolo si trasformò subito in festa per tutti i bresciani. Di comune accordo la municipalità innalzò ai martiri Faustino e Giovita al Roverotto, appunto nel luogo della loro apparizione, il monumento che ne ricorda l’intervento straordinario. Da allora, e per molti decenni successivi, ogni anno il 13 dicembre il ricordo di quei fatti venne celebrato come un dono di libertà per le giovani generazioni, una grande festa coinvolgeva tutta la città e in particolare assicurava un regalo ai più piccoli. Per questo si ritiene che proprio da tale celebrazione discenda la tradizione tutta bresciana di festeggiare santa Lucia.

15.02.2023

Anna Rita Pinto

 

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