“Il Gatto: o lo ami o lo odi” - di Anna Rita Pinto

Nel 1990 venne istituita nella data del 17 febbraio la giornata mondiale del gatto,

uno degli animali più diffusi al mondo, amato da molti e detestato da altri. Spiriti liberi per i quali non a caso si è scelto febbraio per celebrarlo, considerato il mese dei gatti e delle streghe ma anche il mese dell'acquario, segno zodiacale indipendente e amante della libertà. Tra le numerose iniziative che si svolgono in questa giornata troveremo mostre fotografiche, dibattiti, conferenze e raccolta di cibo da donare alle associazioni che si occupano dei gatti randagi.

Oggi esistono circa 50-70 razze di gatti selezionati (perfino una geneticamente modificata per contrastare le allergie al pelo) e si calcola che in tutto il mondo ci siano ben 600 milioni di gatti domestici: quasi il doppio degli abitanti degli Stati Uniti. Animali venerati come delle divinità dagli antichi egizi, considerati validi alleati dell'uomo per contrastare i parassiti nell'epoca greca e romana e perseguitati nel medioevo perché associati alle streghe. Oggi invece sappiamo semplicemente che accarezzare il proprio gatto fa bene alla salute, attiva l'ormone della felicità e di conseguenza riduce le probabilità di malattie cardiovascolari. Ma quali sono le sue origini e quale è stata la sua evoluzione fino a farlo diventare un affascinante animale domestico per come lo conosciamo oggi?

Sappiamo che deriva da un felino selvatico di origine africana il cui processo evolutivo inizia circa 6 milioni di anni fa. Prima di diventare domestico però, il gatto ha pagato la sua indipendenza con la fame, gli stenti e il freddo e, fin dall'epoca preistorica, senza mai scendere a compromessi per insediarsi in una caverna: la sua indipendenza e libertà valevano di più. Quando per propria volontà ha raggiunto i luoghi popolati dagli esseri umani ne è entrato a testa alta, con gli onori addirittura riservati agli dei.

Cinquanta milioni di anni fa il Miacis, un animale selvatico dal corpo allungato e dalle zampe corte, era l’antenato del gatto, del cane e dell’orso. Da una ramificazione di questa famiglia, oggi estinta, si è sviluppato il genere Felis al quale appartiene il gatto. Dal gruppo di questi Felidi e con la conseguente sua evoluzione, si è sviluppato un felino chiamato Dinictis, un autentico gatto simile a quello moderno ma di proporzioni più grandi, dalla forte dentatura e dal cervello non molto sviluppato. Di questi esemplari si sono trovate tracce in alcune aree della terra risalenti a circa 10 milioni di anni fa, ancor prima dunque dell’apparizione dell’uomo, del cane, del cavallo, del bue e del maiale.

Appartenente ai mammiferi, all’ordine dei carnivori, alla famiglia dei felini, al genere Felis, alla specie Felis catus, si pensa che sia il gatto selvatico africano, originario della valle del Nilo, il progenitore dell’attuale gatto domestico ed autorevole membro dei Felidi, probabile risultato dell’incrocio tra il Felis Sylvestris e il Felis Lybica (il primo esemplare non ancora del tutto civilizzato ma molto vicino ad esserlo, al quale fu attribuito un nome onomatopeico “Mau”)

Nel 3000 a.C. questo antico animale intraprende il suo alto e dignitoso rapporto con l’uomo, facendosi persino divinizzare dagli antichi egizi i quali erano convinti che alcune divinità assumessero le sembianze del gatto. Dai suoi comportamenti i grandi sacerdoti ne traevano messaggi divini e, alla morte dell’animale di casa, divenne usanza radersi le sopracciglia in segno di lutto. Quando un gatto moriva questi venivano sepolti con gli onori e le cerimonie dei funerali di Stato; esistevano in Egitto specifiche necropoli che accoglievano quasi 300 mila salme di gatti imbalsamati. Anche le leggi faraoniche difendevano e controllavano l’esistenza del gatto tanto che, chi ne uccideva un esemplare, riceveva per condanna la pena capitale.

Tramite i contatti commerciali con gli Egizi, il gatto fu conosciuto dai Greci. Allora in Europa i topi venivano combattuti dalle donnole e dalle puzzole, animali selvatici poco gradevoli. Quando si scoprirono le qualità del gatto, bello, domestico, pulito, inodore e ottimo cacciatore, in Grecia lo accolsero con entusiasmo ma gli Egizi non vendevano i gatti perché considerati divini, dunque i Greci furono costretti a rubarne cinque o sei coppie per portarle in patria. Dopo qualche anno furono in grado di venderli ai Romani, ai Galli e ai Britanni. Fu così che dall’Egitto il gatto arrivò in tutta Europa e in Asia. In Giappone, invece, il gatto fu apprezzato per la sua bellezza e come simbolo di pace e fortuna. Anche gli Arabi ben presto iniziarono ad accogliere il gatto con stima e rispetto. Nel medioevo, invece, il gatto venne coinvolto in stragi e persecuzioni perché considerato simbolo del Demonio e delle streghe. Nel 1800, superate le stragi del Medioevo, comincia il riscatto del gatto che torna ad essere un animale da compagnia e apprezzato per la sua bellezza e regalità, tanto che ebbero inizio anche le prime esposizioni, la prima a Londra nel 1871.

Carlos Driscoll, che all'Università di Oxford ha studiato approfonditamente la domesticazione anche dal punto di vista genetico, sostiene che la fase iniziale dell'avvicinamento all'uomo, taming (addestramento), sia cominciato per un esclusivo volere del gatto. Molti studiosi concordano sul fatto che la mansuefazione dei gatti selvatici mediorientali, e in seguito la loro domesticazione vera e propria, ha coperto un periodo di tempo molto lungo, iniziata con una delle più grandi rivoluzioni umane (quella neolitica, circa 12.500 anni fa). Attirati dalle prime "fattorie" che piano piano sorgevano nelle praterie, i gatti potevano infatti trovare avanzi commestibili tra i rifiuti, catturare i piccoli uccelli come i passeri ma soprattutto nutrirsi di topi selvatici a loro volta attratti dalle derrate immagazzinate. Al contrario di ciò che succedeva per le altre specie addomesticate che erano tenute lontane dai loro antenati selvatici, i gatti andavano e venivano dai villaggi ai territori circostanti favorendo un continuo scambio genetico tra le popolazioni di gatti che frequentavano l'uomo e i gatti selvatici.

Ulteriori analisi hanno anche rivelato che il Dna mitocondriale, trasmesso solo per via matrilineare, appartiene ad appena cinque aplogruppi diversi, che corrispondono ad altrettante linee evolutive. Il che significa che alcune decine di migliaia di anni fa, cinque femmine hanno dato origine a tutti i felini che abbiamo attualmente in casa. Questa magica cinquina ha probabilmente partorito vicino agli insediamenti umani, abituando i propri piccoli alla presenza degli uomini, che a loro volta li hanno accettati, visto che erano utili nella caccia dei topi, ma gli studiosi pensano che la relazione tra gatto e uomo, fin dalle origini, non sia stata solo di convenienza: fu probabilmente l'eleganza e il fascino di questo animale e del suo comportamento, che spinse l'uomo a rispettarlo.

Anna Rita Pinto

17.02.2023

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