Quinta puntata – Sante Semeraro e i fascisti di Mesagne (di Domenico Urgesi)
Da più parti ci vengono richieste notizie su Sante Semeraro.
Concedetemi, quindi, una breve digressione dal tema portante di questa ricerca storica (Eugenio Santacesaria).
Se ricordate, la volta scorsa abbiamo scoperto che a Parigi, nel mese di dicembre 1925, c’erano Sante (il suo nome di battesimo era Sante Filippo Neri) Semeraro, un Marchionna V. e un De Nitto A. Chi erano gli ultimi due? E che c’entrano con Semeraro? Mentre il nostro racconto si snoda, le carte ritrovate cominciano a parlare, e come parlano!... E così veniamo a scoprire che “Profilo Felice fu Antonio da Mesagne, Biscosi Cosimo fu Antonio da Mesagne” ed altri 9, erano stati incriminati nel 1945, per aver esploso – nei giorni precedenti la marcia su Roma – “tre colpi di rivoltella contro Santo Semeraro, allo scopo di uccidere”.
È utile focalizzare alcune date: caduto il fascismo (25 luglio del ’43), il Re formò il Governo Badoglio. Avvenuta poi la svolta di Salerno nell’aprile del 1944, comunisti e socialisti abbandonarono l’opposizione pregiudiziale alla monarchia e il 24 aprile fu costituito il secondo Governo Badoglio, con tutti i Partiti antifascisti. Da questo Governo furono emanati i provvedimenti per la Punizione dei delitti e degli illeciti del fascismo, corrispondenti giuridicamente al Regio Decreto Legislativo 26 maggio 1944, n. 134.
Oggi faremo riferimento ad alcune carte processuali dalle quali risulta che l’incriminazione di quei soggetti fu disposta alla fine del 1944 e l’istruttoria fu affidata al Tribunale di Brindisi, il 21 dicembre 1944, il quale ordinò il rinvio a giudizio di 11 persone. Chi erano quegli imputati? Sappiamo che il Profilo era proprietario terriero e gerarca provinciale del Partito fascista ed il Biscosi era stato segretario comunale di quel partito. Entrambi, comunque, esponenti del notabilato mesagnese; dato che il Profilo era imputato anche di istigazione, ne deriva che gli altri 9 costituivano la manovalanza. E che cosa li spingeva ad opporsi alle organizzazioni socialiste? Per rispondere dettagliatamente bisognerà definire i profili di quei personaggi, ma a un primo esame non sono da escludere, come la storiografia ci insegna: la brama di dominio di classe nei capi, di prevaricazione nei gregari, e il fanatismo, e il servilismo.
Sarà pure interessante riflettere sull’esito di quel processo, in realtà lentamente iniziato e velocemente abortito, anche in virtù della cosiddetta “Amnistia Togliatti” (varata il 22 giugno 1946). Bisognerà esaminare come, da un Ufficio Giudiziario all’altro, i capi di imputazione vengono via via modificati, poi sminuiti, fino quasi alla nullificazione. Vedremo…
Ma in questa sede ci premono i fatti storici, non quelli giuridici; anzi, per la precisione, alcuni fatti particolari, quelli che ci riportano ai nostri due poveri compaesani fuggiaschi.
Risulta, allora (leggo dall’incriminazione), che alcuni degli 11 erano imputati per avere
“alcuni giorni prima del 28 ottobre 1922, in correità con altri cooperatori ignoti, con finalità fasciste ed a mano armata di rivoltella, delle quali usarono anche per sparare tre colpi, minacciato Semeraro Sante per costringerlo a sottoscrivere una dichiarazione contenente l’impegno di non ricostituire la sezione del partito socialista di Mesagne e non occuparsi di politica, senza riuscire nell’intento per rifiuto del Semeraro ed intervento di persone presenti, restando impuniti per l’esistenza del regime fascista”.
Altri vennero imputati
“per avere nella sede del fascio di combattimento di Mesagne, l’ultima sera di carnevale del 1924, in correità di altri cooperatori ignoti, per finalità fasciste ed a mano armata di rivoltella, minacciato Semeraro Sante e De Nitto Antonio per costringerli a bere olio di ricino senza riuscire all’intento per il loro rifiuto, e restando impuniti per l’esistenza del regime fascista”.
Ecco dunque chi era il De Nitto A. fuggito da Mesagne, e che nel dicembre 1925 si trovava a Parigi insieme a Sante Semeraro! E, quindi, entrambi erano stati minacciati di morte; ma Semeraro per due volte, essendo già scampato, nel 1922, al tentato omicidio per “tre colpi di rivoltella”.
Riparleremo di queste carte processuali, fortunatamente sopravvissute, limitandoci adesso a riferire che il settimanale barese del PCI «Civiltà Proletaria», in data 4 febbraio 1945 scrive fra l’altro, che gli imputati “[…] durante i 20 anni di dittatura fascista formarono la squadra della Morte e bastonarono, malmenarono e cercarono di coartare le coscienze dei lavoratori”.
Come sappiamo, negli anni del fascismo tali violenze, omicidi, soprusi, avvennero in tutta l’Italia. In molti casi la verità è venuta alla luce; ricordiamo ad esempio, il caso di Giuseppe Di Vagno, o di altri personaggi di alto livello, come Giacomo Matteotti. Sui fatti di Mesagne, come in altri similari, curiosamente, è calato un velo scuro sulle “squadre della Morte”. Per inciso, ne esisteva una molto feroce a Brindisi, e varie altre nei paesi della provincia; con violenze continue, e qualche omicidio. Sembra quasi che si sia ripetuto, in questi casi, l’oblìo che per decenni si abbatté sulla shoah! E poi, a un tratto, improvvisamente succede che il velo nero si quarcia, come è accaduto a Michela Marzano, che ha scoperto casualmente che suo nonno era uno sfegatato fascista.
Tornando al nostro fortunato ritrovamento, leggiamo su un altro documento giudiziario, questa volta della Corte d’Appello di Lecce, che un capo di imputazione precisa che cosa era avvenuto la sera dei colpi di rivoltella (l’episodio dell’ottobre 1922). Otto di quei fascisti, infatti, erano imputati
“per avere, per motivi fascisti esploso a fine di uccidere, vari colpi di rivoltella contro il Semeraro, senza riuscire nell’intento per circostanze indipendenti dalla loro volontà. In Mesagne, nella sera imprecisata in cui i fascisti bruciarono i mobili della Sezione Socialista”.
L’incendio della Sede socialista, dunque, da queste carte viene affermato per certo e datato nei giorni precedenti alla marcia su Roma.
Abbiamo, fin qui, tolto dall’oblio il De Nitto Antonio esule a Parigi nel 1925, e ora sappiamo perché era fuggito. Non sappiamo ancora chi fosse Marchionna V. Qualcuno ne sa qualche cosa? (continua)
Domenico Urgesi