“La storia che non c’era” - di Anna Rita Pinto
È imbarazzante scrivere un articolo su sé stessi, ma visto che lunedì 24 aprile alle ore 23.30 su Radio1 Rai,
sarò ospite di puntata insieme alla regista romana Monica Repetto, nella trasmissione Radio 1 Plot machine, il format dedicato alla scrittura condotto da Vito Cioce e Marcella Sullo, coglierò l’occasione per raccontarmi a quanti non mi conoscono e che ancora mi chiedono: “sì, ma di mestiere vero che fai?”
In una parola sola potrei dire che sono semplicemente un’Autrice – o forse solo una temeraria -ma come tutte le professioni che non si toccano e non si vedono è difficile far comprendere esattamente cosa include questo mestiere che vive di grandi isolamenti alternati a una vivace attività pubblica.
In questo articolo che spero non annoi i lettori, confido di riuscire a racchiudere tutte le risposte alla fatidica domanda, perché le cose di cui mi occupo sono tante, per molti apparentemente diverse, ma per me tutte assolutamente connesse tra loro. O semplicemente connesse con la mia vita.
Sono Pugliese di origine e romana di adozione, nel senso che sono nata e vissuta a Mesagne fino all’età di 18 anni e poi sono andata via per studiare, fermandomi poi a Roma per ben 23 anni. Praticamente sono da sempre divisa a metà: cuore pugliese e testa romana. A Mesagne ho vissuto gli “anni di piombo”, quelli in cui la S.C.U. faceva la parte del leone e le viuzze di quello che oggi è un meraviglioso centro storico strabordante di turisti, era scenario di sparatorie ad altezza d’uomo.
In questo clima di proibizionismo, io sognavo di studiare e fare un lavoro creativo, di cultura, uno di quei lavori in cui potessi esprimere idee, ideali e personalità. Praticamente uno di quelli che, nei piccoli centri e anche per la mia famiglia, veniva definito “inconcludente e inutile alla società”. Così, mentre sognavo di frequentare il liceo artistico e poi l’accademia di belle arti, mi ritrovai a diventare odontotecnico e poi a frequentare il triennio alla facoltà di medicina e chirurgia a Roma. E anche a diventare depressa, incastrata nella “cosa giusta” per tutti tranne che per me.
La scrittura è apparsa nella mia vita così, come un’epifania, trovando terreno fertile nei miei tormenti. Scrivevo racconti e poesie e li inviavo ai concorsi letterari, vincendoli quasi sempre. Questo mi faceva sentire compresa e mi consentiva di rendere più leggera quella quotidianità che altri, nella buona fede di agire per il mio bene, avevano deciso per me.
Poi, nel ’99, accadde una specie di miracolo: grazie a una menzione speciae della critica ricevuto a un concorso internazionale e alla pubblicazione de "Voci dall’est" (Hammerle Editori in Trieste) fui invitata come “esponente dei nuovi poeti italiani”, insieme a tre poeti veri del calibro di Mario Luzi, Angelo Branduardi e Gino Paoli, in una trasmissione Rai in prima serata. Ho temuto fortemente che si fossero sbagliati, ma per ovvie ragioni non ho voluto indagare e quel sogno me lo sono vissuto tutto, prendendo da lì il coraggio di osare e dare il via a quella che sarebbe stata la mia personale battaglia tra la cosa giusta per tutti e quella che, forse, era giusta solo per me. Chi avrebbe vinto?
Disertando le lezioni di medicina e all’insaputa della famiglia che si sacrificava per farmi studiare fuori e verso la quale ho provato per anni un senso di colpa schiacciante, ho iniziato a frequentare, (oltre allo psicologo) corsi di scrittura creativa presso la scuola Omero di Roma, la prima fondata in Italia, poi presso un altro Istituto ho conseguito una qualifica di operatore cine-televisivo e infine, superando una selezione ad un concorso nazionale, sono stata ammessa alla scuola per sceneggiatori della Rai. Era chiaro: avevo una doppia vita ed ora mancava solo l’ultimo tassello, il più difficile, ovvero palesarmi alla famiglia che da lì a poco si aspettava il ritorno a casa di una figlia medico, invece...
Lo feci. Vi risparmio i dettagli della tragedia che si consumò in quell’anno, incluso il rischio di essere ripudiata in quanto rivelazione della peggiore delle figlie ingrate e traditrici, ma più aumentava il dramma e più si rafforzava in me quello che poi sarebbe diventato il mio mantra: “mai più tradirò me stessa”.
Così, all’improvviso, finalmente avrei avuto un futuro fumoso da scrittrice e la certezza di dovermi mantenere da sola facendo la cameriera o la donna delle pulizie, cosa che ovviamente ho fatto con tutta la dignità che merita qualunque lavoro e con la tenacia di chi ha un obiettivo. Praticamente ero una donna del sud, a Roma, meravigliosamente libera e felice e perennemente squattrinata.
Ho fatto mille lavori, tutti quelli che potevano consentirmi di rimanere nella Capitale e realizzare il mio obiettivo: dall’odontotecnico all’assistente di poltrona; dalla vendita di fiabe porta a porta (a Tor Bella Monaca e San Basilio, perché l’audacia non mi è mai mancata) all’ esattore per una società di recupero crediti, alla vendita di strumentario chirurgico fino al fonico trascrittore per il tribunale penale.
Nel 2000 finalmente arrivano i primi raggi di luce: per Mediaset lavoro come redattrice e per altre società mi occupo di organizzazione e direzione artistica. Come ghostwriter scrivo alcuni film per il cinema, due serie televisive e due importanti spettacoli teatrali, collaborando, tra gli altri, con Stefano Reali e con i miei due cari amici che non ci sono più: Enrico Vaime e Maurizio Costanzo. A mia firma, invece, ci sono due film per il cinema e un docu-film.
Per diversi anni tengo laboratori di scrittura creativa in strutture private e pubbliche (Ecipa Lazio, case circondariali, strutture di riabilitazione psichiatrica e case famiglia per minori). Poi, nel 2011, sento che dalla capitale avevo preso tutto ciò che potevo prendere, compresa la familiare frequentazione di certi salotti romani dove ho respirato tutta la cultura che non avrei mai immaginato, ma capisco anche che la metropoli e tutto lo stress annesso, ad un certo punto, era pronta a riprendersi tutto con gli interessi.
Torno in Puglia convinta che una lunga vacanza nel paese natio, come ogni volta, mi sarebbe bastata a ripartire più carica di prima invece, inaspettatamente, riscopro che è solo delle cose più semplici che avevo di nuovo bisogno: un focolare acceso, il mare, lo schiamazzo dei bambini che giovano per strada. La famiglia vicina. Forse è vero che si torna sempre da dove si è partiti. O forse è vero che sono questi i primi segni dell’invecchiamento. Ad ogni modo, anche in questa circostanza, non ho voluto indagare: non è detto che vi sia sempre una risposta a tutte le domande.
La Mesagne che ritrovo è una città diversa. Non ci sono più le sparatorie per strada e il centro storico, prima blindato, è diventato un vero polo attrattivo non solo per bellezza ma anche per le attività culturali. Chi è rimasto ha fatto un duro lavoro e ha tutta la mia stima. Non c’erano però tutte le attività che ero abituata a fare a Roma, dunque, bisognosa di ossigeno mentale, avevo solo una possibilità: crearle da me.
Insieme a una manciata di persone di fiducia fondo il circolo culturale Cabiria, che ancora gode di ottima salute, con annessa una piccola saletta cinematografica di 40 posti dove fare cineforum e invitare addetti ai lavori con le loro anteprime da Festival che facessero innamorare del cinema la gente che lo bazzicava poco. La sfida era una cosa che avevo conosciuto bene e non mi spaventava. Abbiamo iniziato con 5 persone nel pubblico e poi abbiamo riempito le piazze: in 10 anni di attività abbiamo proiettato più di 300 titoli. A seguire è arrivata l’organizzazione di Concorsi e Festival che abbracciassero il cinema, il teatro, la letteratura e la musica.
Contemporaneamente fondo l’accademia di cinema e scrittura creativa “Cine Script”, la prima in Puglia, per proporre ciò che avrei voluto trovare io tanti anni prima quando andai via.
Ormai parte di una cittadinanza attiva che sento molto, nel 2020 vengo eletta Presidente della Commissione Pari opportunità, Politiche di Genere e Diritti Civili della Città di Mesagne.
Numerosi sono i riconoscimenti che mi vengono conferiti in questi anni per la migliore sceneggiatura e regia di alcuni lavori realizzati per il cinema; ma anche quelli in ambito sociale, come il Premio Palma d’Oro conferito dalla Pro Loco della città di Mesagne “per l’impegno, la professionalità e l’eccellenza grazie alle quali favorisce la crescita del territorio”.
Oggi la mia base operativa è Mesagne ma continuo a lavorare anche con Roma e oltre all’attività autoriale, di editor e di direttore artistico, curo rubriche culturali e di denuncia sociale per testate giornalistiche e radiofoniche. Del mio passato, quando mi rimane tempo, mantengo ancora il lavoro di consulente tecnico di parte e perito per il tribunale penale nella redazione di trascrizioni di interrogatori e intercettazioni telefoniche e ambientali. In poche parole non mi annoio. A dicembre 2022 è uscito anche "Tre giorni cinquant’anni" (ImelItalia edizioni), romanzo scritto a quattro mani con Giuseppe Summa.
Non so se in questo articolo sono riuscita a rispondere a quella domanda che quasi quotidianamente mi viene ancora posta: “sì, ma di mestiere vero che fai?”.
La risposta è: faccio tutto quello che sono. La mia è una storia che non c’era e che ora c’è.
Anna Rita Pinto
24.04.23
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