“Dogman, una poesia dai toni forti” - di Anna Rita Pinto
Presentato in anteprima mondiale in concorso all’80° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia,
Dogman è l'ultimo lavoro firmato dal regista francese Luc Besson (classe 1959), probabilmente la sua miglior pellicola dai tempi diLéon.
Il film viene ispirato da un articolo di cronaca in cui si racconta di un bambino francese di soli 5 anni che viene rinchiuso in una gabbia dai suoi genitori; un particolare che diventerà poi importantissimo per la scrittura della sceneggiatura originale di Dogman (che, nonostante condivida lo stesso titolo, non ha nulla a che vedere con il film del 2018 di Matteo Garrone).
Quella in cui si imbatte lo spettatore è una storia certamente sopra le righe, prorompente, cupa e di forte impatto emotivo, che si svolge tra ambientazioni urbane e sub urbane, palcoscenici, spettacoli con Dag Queen e rifugi per cani, ma allo stesso è anche un racconto delicato, poetico, mai banale e di grande profondità che narra la vita di un uomo che ha conosciuto solo il dolore e che ha costruito il suo mondo, tassello dopo tassello, sulle uniche cose sulle quali poteva contare: le sue abilità e l'amore verso i suoi cani (115 esemplari di razza quelli utilizzati in totale nel film; mediamente 80 quelli presenti sul set giornalmente, accompagnati dai loro addestratori).
Un grande film non solo sulla sofferenza ma anche sulla dignità e sulla guarigione che in quale modo, forse, rievoca l’infanzia del regista che in un’intervista ha dichiarato che i genitori divorziarono dopo una violenta lite che vide la madre ricoverata in ospedale per gravi contusioni, quando lui aveva solo 10 anni e di essersi sentito, per molto tempo, come un inutile ricordo di una relazione che non aveva funzionato; proprio da questo ne era scaturita la sua rabbia e il desiderio di morte. Tratti comuni che inevitabilmente riportano a Doug, il protagonista di Dogman, interpretato con maestria in ogni sua sfaccettatura da Caleb Landry Jones, che per un anno prima dell'inizio delle riprese ha vissuto per diversi mesi in sedia a rotelle per calarsi nel personaggio.
Dogman è un film che non lascia indifferenti gli spettatori: avvincente, incalzante eppure di grande respiro, da vedere per il suo valore cinematografico e narrativo, e che certamente inviterà a dibattito post visione con gli amici ma anche a una salvifica bevuta alcolica che cancelli i dubbi. O li alimenti.
Anna Rita Pinto
19.10.23
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