L’inno di Mameli e l’Italia antifascista (di Domenico Urgesi)

Mi sembra veramente inquietante che alla fine dell’inno di Mameli non si possa dire tranquillamente “W l’Italia antifascista!”.

Come se, alla fine di una preghiera non si possa dire tranquillamente “Amen!”.

Mi sorprende perché l’Italia antifascista è legata all’inno di Mameli come l’Amen è legato alla preghiera cristiana.

Vorrei, perciò, ricordare che l’inno di Mameli (testo di Goffredo Mameli con musiche di Michele Novaro) divenne l’inno nazionale italiano il giorno 12 ottobre 1946, dopo che il referendum abrogativo della monarchia era diventato pienamente operativo. Chiamato anche, popolarmente “Fratelli d’Italia”, da allora esso rappresenta l’Italia repubblicana nata dalla sconfitta del fascismo monarchico, del fascio-nazismo di Salò e dall’affossamento del regime monarchico. Era la canzone che rappresentava l’Italia riunificata nuovamente dopo la guerra civile del periodo ’43-‘45.

E prima di allora qual era l’inno nazionale? Era la “marcia reale”, quella musichetta baldanzosa dedicata alle fantasie imperiali dei Savoia. Però, già durante gli anni della Resistenza, accanto a “Bella ciao”, i partigiani cantavano l’inno di Mameli. E pure nelle manifestazioni ufficiali svolte dopo l’8 settembre 1943, la marcia reale aveva ceduto il passo all’inno di Mameli. La repubblica antifascista nasce, dunque, con l’inno di Mameli.

Ricordiamo queste cose quando ascoltiamo l’inno nazionale! E perciò, quando finisce l’ultima parola di Mameli, bisogna assolutamente dire (e gridare, se necessario): W l’Italia antifascista!

 

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