Ancora sul porto (di Carmine Dipietrangelo).
Ancora sul porto. Si è sviluppato in questi giorni a Brindisi, sulla concessione di un'area importante del porto richiesta dal gruppo Grimaldi, un confronto di posizioni e di interessi che in altri paesi dell'Europa viene chiamato "dibattito pubblico".
Lì viene fatto e organizzato prima di assumere qualsiasi decisione di una certa importanza e quando riguarda un impatto sulla comunità e il territorio.
In questi paesi si discute in maniera trasparente, pubblica, facendo tesoro di tutti i contributi e poi si decide. Appunto si discute, rispettando le posizioni, i punti di vista e gli stessi interessi
in campo. Dovrebbe diventare questa, anche dalle nostre parti, la regola con cui affrontare le decisioni; si consentirebbe così una partecipazione consapevole e informata della collettività. Si sconfiggerebbe la mediocrità, la dietrologia, il chiacchiericcio interessato del sentito dire, che producono solo diffidenza e ignoranza che pesano sulle decisioni da assumere.
Anche di fronte a interessi contrastanti, a posizioni forti, chi è chiamato a decidere per una collettività e un territorio deve avere chiaro il quadro delle conoscenze e delle conseguenze.
Nel caso della concessione al gruppo Grimaldi sono emerse posizioni differenti, dubbi, preoccupazioni. La discussione sviluppatasi ha evidenziato le contraddizioni della richiesta di concessione e ciò che si potrebbe determinare sul porto a seguito di una sua pedissequa e supina accettazione. I contributi e i chiarimenti dati da più soggetti, le
condizioni poste aiutano, oggi, ad arricchire la conoscenza prima di qualsiasi decisione finale.
È la prova che la discussione serve. Adesso non ci sono alibi, né chi sarà chiamato a decidere potrà dire che non sapeva. Non mi convince il fervore di chi si è subito buttato a difendere le posizioni del presidente dell'autorità portuale e del gruppo Grimaldi e di chi pensa di svolgere la propria funzione di rappresentanza limitandola a garantire sempre la parte più forte e più "accattivante", a discapito degli interessi del territorio. Così come non riesco a capire coloro
che prima di assumere decisioni importanti, non studiano gli atti, le norme, non si informano e non valutano con equilibrio e disinteresse le conseguenze delle proprie decisioni. Il dibattito pubblico, in questo caso, spero che sia servito a far studiare e conoscere le norme, le funzioni, che regolano la gestione di una parte importante della città, quale è il porto. A quanto sembra, stando ai comunicati stampa ufficiali, centrodestra e centrosinistra sono uniti nell'assenso alla concessione ventennale a Grimaldi.
Tutti e due gli schieramenti, pare di capire, pongono modeste condizioni alla autorizzazione alla concessione. Si sono limitati a proporre un patto etico di buone intenzioni e una ipotesi di domare il cavallo di razza! È difficile capire la ratio di queste proposte.
Ognuno si assumerà le proprie responsabilità e si capirà, nei prossimi giorni, se almeno le condizioni più impegnative poste, per esempio da alcuni gruppi di opposizione, dal sindaco, dal Presidente della Camera di Commercio, e da quella parte di operatori del porto, libera e autonoma, saranno prese in considerazione e recepite.
Rimangono, a mio avviso, ancora dei dubbi sulla compatibilità con le norme e le procedure in vigore riguardo ad una concessione data ad un armatore che peraltro diventerebbe anche impresa portuale. E’ legittimamente prevedibile un ricorso a tale atto. Un altro dubbio è quello relativo agli investimenti e agli impegni occupazionali contenuti nella proposta di Grimaldi. È giustificabile e legittima una concessione ventennale per un impegno così esiguo? Avrebbe senso un investimento così modesto e un impegno occupazionale irrisorio dal momento che toglierà lavoro a chi oggi lo fa per conto di Grimaldi, solo se almeno si trattasse di una concessione limitata a 3/4 anni.
Concedere ad un privato per 20 anni una porzione di porto sulla quale il concessionario non prevede alcun investimento non ha alcuna logica e ne ha ancor meno se, come in questo caso, Grimaldi diventasse l’unico utente del porto in grado peraltro di gestire tutte le attività in proprio non creando alcuna condizione di sviluppo dell’indotto. Non va dimenticato che le infrastrutture dell'area richiesta sono state realizzate con risorse pubbliche che sarebbero utilizzate non per una libera concorrenza ma date ad un privato in regime di monopolio. Non a caso, se risulta vero, la prima richiesta avanzata da Grimaldi si limitava a quattro anni. Sarebbe stato l'attuale presidente dell'autorità a "pretendere" una concessione ventennale. Se fosse vero non si capirebbe il perché di tanta generosità.
Per questo mi sembra opportuno porre alla concessione un limite di 3 anni ad integrazione di quanto proposto da coloro che, meno accondiscendenti, hanno avanzato condizioni migliorative, come quelle di limitare l'uso delle aree a due soli approdi, di garantire una
occupazione vera e non a saldo zero rispetto a quella esistente, di affrontare un diverso rapporto con le imprese locali, ecc. Sarebbe un compromesso onorevole e soprattutto utile per verificare le reali intenzioni sul porto del gruppo Grimaldi che ad oggi prevede solo un aumento del traffico passeggeri del 10% nei prossimi vent'anni.
Una concessione ventennale sull'area più infrastrutturata limiterebbe oggettivamente le potenzialità ,l'autonomia del porto impoverirebbe le altre imprese che sono la vera ricchezza di un sistema porto. Se un’impresa portuale si impoverisce non potrà investire in mezzi meccanici, gru e attrezzature rendendo meno attrattivo e competitivo l’intero porto. Una concessione che si aggiungerebbe a quelle dell'Enel, di Eni, del terminal gasiero. Sarebbe questo lo sviluppo e il futuro del porto? È questa una buona motivazione per rivendicare più
autonomia? La proposta di limitare a tre anni e alle condizioni poste dal sindaco e dal Presidente della camera di commercio consentirebbe di non pregiudicare il futuro e le potenzialità polifunzionali del porto in un regime di libera concorrenza.
A conclusione di questi tre anni si potrebbe fare un bilancio delle attività e dei traffici prodotti, dell'eventuale successo dell'operazione e, nel frattempo, si potrebbero realizzare altre infrastrutture per rendere disponibili altre banchine e ulteriori servizi, consentendo così più libertà e più opportunità alle imprese. Soprattutto si potrebbe verificare se Grimaldi dimostrerà una significativa apertura verso altri armatori concorrenti che dovessero essere interessati al nostro porto. Se l'interesse del gruppo Grimaldi si dovesse confermare si potrebbe o estendergli la concessione o lo stesso trovare la convenienza per fare ulteriori investimenti in eventuali altre aree ancora disponibili. Sarebbe questo l'unico modo per sconfiggere i veri nemici del porto, le pelose subalternità al presidente e ai potenti di turno abituati a garantire o creare solo rendite e, credendo nelle potenzialità di questa risorsa, liberarla dai condizionamenti parassitari e dalle incapacità manageriali esterne che ne hanno
decretato il declino. Ma quando a Brindisi si riuscirà a far tesoro delle esperienze del passato? Non ha insegnato niente la recente storia delle aree concesse per il rigassificatore o quella della concessione per il terminal container a Salucci e ai maltesi?
Carmine Dipietrangelo
Presidente LEFT Brindisi