Gramsci Antonio detto Nino: venerdì 9 all’ex convento Santa Chiara
Venerdì 9 ottobre, alle ore 19.30, presso l’ex convento Santa Chiara (nei pressi di piazza Duomo a Brindisi) LeftBrindisi riprende la sua attività
e, in collaborazione con l’associazione culturale URA Teatro, presenta
“Gramsci Antonio detto Nino”.
Lo spettacolo teatrale di Francesco Niccolini e Fabrizio Saccomanno è realizzato con la collaborazione artistica di Fabrizio Pugliese e la consulenza scientifica di Maria Luisa Righi della fondazione Gramsci.
…ero un combattente che non ha avuto fortuna nella
lotta immediata, e i combattenti non possono e non
devono essere compianti, quando essi hanno lottato
non perché costretti, ma perché così hanno essi stessi
voluto consapevolmente.
Antonio Gramsci
Gobbo. Alto meno di un metro e cinquanta. Una bara sotto il letto.
Appeso a una trave nel tentativo di raddrizzarlo.
Denutrito. Sempre al freddo. Il primo cappotto quasi a trent’anni.
Dieci anni in carcere. Cinque giorni di libertà prima di morire. Gramsci racconta frammenti della vita di uno degli uomini più preziosi del Novecento.
Vita assolutamente privata: sullo sfondo, e solo sullo sfondo, il tormentoso rapporto con il PCI e l’internazionale socialista, le incomprensioni con Togliatti e Stalin. E l’ombra di Benito Mussolini. In primo piano invece la feroce sofferenza di un uomo che il fascismo vuole spezzare scientificamente, che vive una disperata solitudine, e in dieci anni di prigionia, giorno dopo giorno, si spegne nel dolore e nell’assenza delle persone che ama: la moglie Julka, i figli Delio e Giuliano. Il primo lo ha visto piccolissimo, il secondo non lo ha nemmeno mai conosciuto. Proprio le bellissime lettere del riccio, sono state il punto di partenza: queste tenerissime epistole per i due bimbi, ai quali Gramsci scrive senza mai nominare il carcere e la sua condizioni fisica e psichica, dando il meglio di sé come uomo genitore e pedagogo. Ma accanto a queste, le lettere di un figlio devoto a una madre anziana che lo aspetta in Sardegna e non capisce. Le lettere di un fratello. Di un marito.
Il corpus delle lettere di Antonio Gramsci ai familiari è un capolavoro di umanità, etica, onestà spirituale e sofferenza, un romanzo nel romanzo, che apre a pensieri, dubbi, misteri che raccontare in teatro è avventura sorprendente.
A Mondaino chiuderemo un anno e mezzo di lavoro intorno a Gramsci: saranno gli ultimi cinque giorni di prove prima del debutto. Abbiamo lavorato accumulando materiali, lettere, arringhe, biografie e tutto quello che poteva permetterci di costruire il ritratto del nostro Nino.
Sarà anche l’ultimo confronto con un gruppo di narratori su questo argomento. Il terzo per l’esattezza, dopo Lari e l’Aquila: è stato un modo per scambiarci storie, umori e passioni intorno a una figura verso la quale il debito è enorme, eppure dimenticata. I meccanismi della narrazione sono un bene prezioso, riuscire a metterli in comune all’Arboreto, e su un argomento del genere, una grande occasione.
Gramsci Antonio detto Nino racconta frammenti della vita di uno degli uomini più preziosi del Novecento.
Vita assolutamente privata: sullo sfondo, e solo sullo sfondo, il tormentoso rapporto con il PCI e l’internazionale
socialista, le incomprensioni con Togliatti e Stalin. E l’ombra di Benito Mussolini.
In primo piano invece la feroce sofferenza di un uomo che il fascismo vuole spezzare scientificamente, che vive
una disperata solitudine, e in dieci anni di prigionia, giorno dopo giorno, si spegne nel dolore e nell’assenza
delle persone che ama: la moglie Julka, i figli Delio e Giuliano. Il primo lo ha visto piccolissimo, il secondo non lo
ha nemmeno mai conosciuto.
Proprio le bellissime lettere ai suoi figli sono state il punto di partenza: tenerissime epistole a Delio e Giuliano,
ai quali Gramsci scrive senza mai nominare il carcere e la sua condizioni fisica e psichica, dando il meglio di sé
come uomo genitore e pedagogo. Ma accanto a queste, le lettere di un figlio devoto a una madre anziana che lo
aspetta in Sardegna e non capisce. Le lettere di un fratello. Di un marito.
Il corpus delle lettere di Antonio Gramsci ai familiari è un capolavoro di umanità, etica, onestà spirituale e
sofferenza, un romanzo nel romanzo, che apre a pensieri, dubbi, misteri che raccontare in teatro è avventura
sorprendente.
Francesco Niccolini
laureato in Storia dello Spettacolo all’Università di Firenze. Drammaturgo, sceneggiatore, talvolta regista.
Da molti anni lavora, studia e scrive con Marco Paolini e insieme a lui ha realizzato Il Milione, Appunti Foresti, Parlamento chimico, la versione televisiva del Vajont e i racconti del Teatro civico di Report per RAI3, insieme ad Andrea Purgatori. Nel 2011 hanno debuttato con ITIS Galileo dedicato a Galileo Galilei, di cui ha preparato la versione francese insieme al regista Charles Tordjman.
Ha scritto testi e spettacoli per Sandro Lombardi, Arnoldo Foà, Anna Bonaiuto, Antonio Catalano, Roberto Citran, Anna Meacci, Roberto Abbiati, Angela Finocchiaro, Giuseppe Cederna. Molti dei suoi spettacoli sono stati rappresentati in tutti i paesi d’Europa, in Africa, Stati Uniti e in Asia con alcune delle più importanti compagnie italiane, francesi e belghe, fra cui Aldes, Dirk, Fattore K, Femme Theatrale, JoleFilm, Koreja, SiciliaTeatro, Sosta Palmizi, Théâtre de l’Arc-en-Terre, Théâtre Vidy.
Dal 2009 lavora insieme a Luigi D’Elia, con il quale ha già realizzato tre spettacoli: Storia d’amore e di alberi, La Grande Foresta e Aspettando il vento.
Con La Grande Foresta ha vinto il premio Eolo 2013 come migliore novità. Con Paladini di Francia ha vinto il Premio della Critica 2009, il Premio Eolo 2009; con Vita d’Adriano il premio Enriquez per la drammaturgia 2009; con Canto per Falluja il premio Enriquez per il teatro civile 2009; con Doctor Frankenstein il premio al miglior attore protagonista al festival internazionale Fadjr di Teheran. Storia d’amore e alberi si è classificato terzo al premio Eolo 2011. Aspettando il vento, ha vinto nel settembre 2013 il Festival di Teatro Ragazzi Festebà. Voccaverta, monologo su san Giuseppe da Copertino ha appena vinto il Festival di Troia 2014.
Dal 2007 ha allargato la propria attività alla documentaristica, con documentari prodotti dalla Televisione Svizzera Italiana. Ha collaborato con Radio3 e la trasmissione Tre colori. Per la Radio Svizzera italiana ha collaborato a racconti e documentari radiofonici.
Ha realizzato le sceneggiature di tre fumetti pubblicati da BeccoGiallo: Aspettando il vento (insieme a Luigi D’Elia, 2014), Vajont (2013, illustrato da Duccio Boscoli), Mattei (2012, illustrato da Simone Cortesi).
Tra le sue pubblicazioni: ITIS Galileo (con Marco Paolini, Einaudi, 2013) Memoria (2012, Titivillus, insieme a Loris Seghizzi), Mattei(2012, Becco Giallo, insieme a Simone Cortesi) La grande foresta (2012, Titivillus, insieme a Luigi d’Elia e Lucia Baldini), La guerra grande dell’Arno (2011, audio libro Scienza Express), Trilogia del Salento (2009, Titivillus), Il Milione (2009, Einaudi, con Marco Paolini), Racconti civili, d’amore e di guerra (2005, Manni), Teatro civico (2004, con Marco Paolini e Andrea Purgatori, Einaudi).
Fabrizio Saccomanno
Ha studiato Antropologia Culturale presso l’Università di Roma. Attore, regista e pedagogo teatrale dal 1998 quando ha iniziato a lavorare con Koreja.
Come pedagogo teatrale ha condotto numerosi laboratori (circa 23) in Italia e all’estero, in teatro, nelle scuole e nelle carceri, e ne ha diretto le rappresentazioni finali. Nel maggio 2007, all’interno del progetto Scena Nomade, ha diretto insieme a Salvatore Tramacere un workshop teatrale con i giovani della comunità Rom di Smederevo (Serbia) e i giovani attori della compagnia Pathos, sempre di Smederevo, realizzando lo spettacolo Brat presentato in tournée in Serbia (Šabac, Gimnazija, Smederevo, Belgrado), a Skopje all’interno della Biennale dei Giovani Artisti dell’Europa e del Mediterraneo e poi in Italia (Festival di Napoli, Milano, Lecce, Sicilia).
Nel 2008 ha insegnato narrazione teatrale all’interno di un corso di Alta Formazione e nelle annualità 2005-2006, 2006-2007, 2010-2011, 2011-2012 ha diretto il Laboratorio Teatrale permanente dei Cantieri Teatrali Koreja “Pratica in cerca di Teoria”.
Ha recitato in molte delle produzioni di Koreja: Doctor Frankenstein, La Passione delle Troiane, Il Calapranzi, Molto rumore per nulla, Dimissioni dal Sud, Brecht’s dance, Chart-to-line (Cartoline), Quel diavolo di un Bertuccia, La Crociata dei bambini, Iancu, Acido fenico. Produzioni che hanno viaggiato per tutta l’Italia e nel mondo (Inghilterra, Albania, Macedonia,Polonia, Bulgaria, Croazia, Serbia, Slovenia, Grecia, Cipro, Malta, Spagna, Francia, Brasile, Bolivia, Canada, Germania, Iran).
Nel 2013 è regista dello spettacolo La visita della vecchia signora di Friedrich Dürrenmatt, con i 18 allievi del laboratorio annuale permanente “Pratica in cerca di teoria”.
Nello stesso anno lavora in una produzione di Giorgio Barberio Corsetti La Guerra di Kurukshetra come narratore/attore e come regista di Voccaverta una produzione della Cooperativa Thalassia di Brindisi.
Attualmente conduce un laboratorio annuale sulle tecniche teatrali a Lecce ed è impegnato come attore nella nuova produzione di Thalassia sulla tragedia della motovedetta albanese Kater I Rades speronata dalla Marina Militare italiana nel 1997.
Con il sostegno di Thalassia nel 2014 riporta in scena due spettacoli: VIA – epopea di una migrazione, di cui è autore, regista e interprete (spettacolo che, prodotto da Koreja nel 2004, ha girato fino al 2007 per un totale di circa 200 repliche in vari teatri nazionali e internazionali come a Santa Cruz, in Bolivia, Serbia, Macedonia, Svizzera) e Iancu, un paese vuol dire, di cui è interprete e co-autore insieme a Francesco Niccolini.