Politica, economia e ambiente nel pensiero di Papa Francesco (resoconto incontro 15 ottobre)
Riceviamo e volentieri pubblichiamo i resoconti dell'incontro svoltosi il 15 ottobre u.s. di F. Sconosciuto, M. Portaluri, A. Greco, C. Mondatore
UNA CRISI DI DEMOCRAZIA (F. Sconosciuto)
Il Papa ha proposto di leggere l’attuale crisi socio-ambientale del pianeta nella sua unità e complessità, a prestare ascolto e rispondere al grido dei poveri e a quello della terra come ad un unico grido: occorre infatti maturare la consapevolezza che” l’ambiente umano e quello naturale si degradano insieme”. Ha nello stesso tempo invitato ad accogliere tale sfida attraverso un dibattito “onesto e trasparente”, e sviluppando “grandi percorsi di dialogo”, affermando nello stesso tempo che la Chiesa non “definisce le questioni scientifiche” né “si sostituisce alla politica”.
Porsi il problema della risposta a tali indicazioni vuol dire individuare possibili vie e modalità per avviare soluzioni adeguate alla gravità e all’ampiezza della crisi attuale.
Una delle questioni più rilevanti da prendere in considerazione nell’assumere tale sfida è certamente quello della democrazia, intesa come processo di diffusione del potere, della possibilità reale di contare e di esercitare diritti, e nello stesso tempo di maturare la responsabilità della partecipazione alla vita pubblica e contribuire al perseguimento dell’interesse generale.
Il fatto è che non si può separare il dramma terribile degli esclusi e degli “scartati” dagli assetti e dai meccanismi che caratterizzano le Istituzioni di governo e dalle forze e procedure che determinano le volontà politiche che le stesse Istituzioni traducono in scelte ed atti. Non ci può essere lotta alla miseria senza il protagonismo dei poveri, senza quindi un impegno che favorisca e determini percorsi di democratizzazione della vita politica la quale ha bisogno sia di procedure formali e controlli rigorosi che di contenuti sociali rilevanti in un collegamento tale da rendere effettiva la diffusione del potere e la sua regolazione, e così contrastare la sua tendenza alla concentrazione e perpetuazione.
Qual è l’attuale stato di salute della democrazia?
Questo grande valore della modernità (anticipato in esperienze, culture e istituzioni di alcune civiltà classiche) non sembra essere oggetto di attenzione; è diffusa una certa disaffezione, ci sono umori da cui addirittura ne emerge un rifiuto perché considerato modalità inconcludente di affrontare i problemi, fino al punto da essere identificata con la causa prima della corruzione , in un cortocircuito favorito da percezioni fuorvianti legate a tanti fatti di cronaca.
La Democrazia è una questione che non sembra alimentare passione civile e politica.
Senza prendere in considerazione aspetti che riguardano Istituzioni internazionali a cui è demandato il compito di risolvere difficili e delicate questioni che riguardano i rapporti tra gli Stati e la promozione dello sviluppo dei popoli ( ONU ), si può fare un cenno a due elementi, uno con riferimento all’Europa e l’altro al nostro Paese.
La crisi dell’Europa è prima di tutto una crisi di democrazia. Le Istituzioni disegnate dai Trattati mancano addirittura di un fondamento comune agli Stati dell’UE: il principio liberale della divisione dei poteri. Ad esso si accompagna l’assenza di una legittimità democratico-popolare, per cui le competenze normative dei suoi Organi più importanti sembrano troppo estese e lontane dai vissuti reali di tante popolazioni.
Il fondamento di quest’Europa sembra invece essere “ l’economia di mercato aperta ed in libera concorrenza” (artt.119-120 del TFUE), quindi il principio del liberismo capitalista dell’autoregolazione dei mercati a cui sacrificare i diritti individuali e sociali pur enunciati in altri articoli.
Da qui l’urgenza di cambiare rotta e riprendere il filo di orientamenti ideali, culturali e politici che indicavano la prospettiva di una Europa dei popoli che non può che essere quella di cittadini liberi e uguali, guidata da Istituzioni rappresentative capaci di realizzare coesione sociale e nello stesso tempo di valorizzare e far incontrare le varie culture e le tradizioni in essa presenti.
Con riferimento al nostro Paese è evidente un processo che tende a ridimensionare luoghi e forme della democrazia e a privilegiare la concentrazione dei poteri, in aperto contrasto con una Carta costituzionale che presenta le ragioni e disegna l’architettura di una democrazia partecipativa. Non può non destare preoccupazione un percorso “controriformistico” per il quale la rappresentanza dei Consigli comunali è dimezzata, i cittadini non votano i consiglieri provinciali e non dovranno votare i Senatori della Repubblica, i Deputati della Camera saranno largamente nominati e la maggioranza parlamentare si potrà costituire in modo talmente artificioso ed estraneo alla maggioranza del Paese reale da poterne essere rappresentativa perfino di una esigua minoranza.
Le ragioni della “governabilità” si configurerebbero così lontane dalle ragioni della volontà politica della maggioranza reale tanto da costituire un vulnus inaccettabile e pericoloso per la convivenza civile e democratica del Paese.
Occorre perciò un impegno nuovo e diffuso di tutte le espressioni sociali, culturali e politiche saldamente ancorate al dettato costituzionale, capace di aiutare a far riflettere i cittadini sulle dinamiche politiche in corso e a leggerle criticamente nella logica degli ideali costituzionali; per affrontare i nuovi drammi della povertà, della disoccupazione, soprattutto giovanile, e del degrado ambientale anche del nostro Paese occorre più democrazia, non meno democrazia.
AZIONE COMUNITARIA (M. Portaluri, A. Greco, C. Mondatore)
La ragione per cui è stato promosso l’incontro su “Politica, economia ed Ambiente nel Pensiero di papa Francesco” non risiede nel voler fare una celebrazione del Papa in un periodo in cui molti dicono di essere d’accordo con lui.
A noi interessa quello che sta dicendo insieme ad altre voci del mondo cristiano e del mondo laico, queste ultime anche da prima. E cioè che così, con questo tipo di società che produce esclusi non si può andare avanti. Che questa distruzione di Madre terra per l’arricchimento di pochi è tutt’uno con l’esclusione sociale. “Che è necessario un cambiamento. Che non basta conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la rendita finanziaria, o la conservazione dell’ambiente con il progresso; su questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro. Che la crescita sostenibile (idea tanto diffusa tra i benpensanti cattolici e non) diventa spesso un diversivo e un mezzo di giustificazione che assorbe i valori del discorso ecologico all’interno della logica della finanza e della tecnocrazia, e la responsabilità sociale e ambientale delle imprese si riduce per lo più a una serie di azioni di marketing e di immagine. Che semplicemente si tratta di ridefinire il progresso….(cfr. Laudato sì n. 194)”.
Certo Francesco non indica i modi del cambiamento, dice che deve essere positivo, non violento, ma è ormai inderogabile.
Ai rappresentati del Movimenti Popolari il 9 luglio scorso a Santa Cruz (Bolivia) ha detto:
“Vogliamo un cambiamento nella nostra vita, nei nostri quartieri, nel salario minimo, nella nostra realtà più vicina; e pure un cambiamento che tocchi tutto il mondo perché oggi l’interdipendenza planetaria richiede risposte globali ai problemi locali. La globalizzazione della speranza, che nasce dai Popoli e cresce tra i poveri, deve sostituire questa globalizzazione dell’esclusione e dell’indifferenza!”
E nello stesso incontro ci pare che indichi anche un metodo:
“Voi, da parte dei movimenti popolari, assumete i compiti di sempre, motivati dall’amore fraterno che si ribella contro l’ingiustizia sociale. Quando guardiamo il volto di quelli che soffrono, il volto del contadino minacciato, del lavoratore escluso, dell’indigeno oppresso, della famiglia senza casa, del migrante perseguitato, del giovane disoccupato, del bambino sfruttato, della madre che ha perso il figlio in una sparatoria perché il quartiere è stato preso dal traffico di droga, del padre che ha perso la figlia perché è stata sottoposta alla schiavitù; quando ricordiamo quei “volti e nomi” ci si stringono le viscere di fronte a tanto dolore e ci commuoviamo, tutti ci commuoviamo. Perché “abbiamo visto e udito” non la fredda statistica, ma le ferite dell’umanità sofferente, le nostre ferite, la nostra carne. Questo è molto diverso dalla teorizzazione astratta o dall’indignazione elegante. Questo ci tocca, ci commuove e cerchiamo l’altro per muoverci insieme. Questa emozione fatta azione comunitaria non si comprende unicamente con la ragione: ha un “più” di senso che solo la gente capisce e che dà la propria particolare mistica ai veri movimenti popolari. “
E ancora:
“siate creativi e non perdete mai il vostro attaccamento alla prossimità, perché il padre della menzogna sa usurpare nobili parole, promuovere mode intellettuali e adottare pose ideologiche, ma se voi costruite su basi solide, sulle esigenze reali e sull’esperienza viva dei vostri fratelli, dei contadini e degli indigeni, dei lavoratori esclusi e delle famiglie emarginate, sicuramente non sbaglierete.“
Se guardiamo a casa nostra, e per casa nostra possiamo dire tranquillamente l’Italia, il Sud, il Salento osserviamo continue evidenze di un pluridecennale inquinamento ambientale, l’incapacità delle amministrazioni di gestire i rifiuti di ogni tipo, gli effetti di anni di uso sconsiderato in agricoltura dei pesticidi, l’attacco alla olivicoltura con il pretesto della Xylella, lo sfruttamento delle risorse del mare e del territorio per l’arricchimento di pochi, la minaccia delle trivellazioni petrolifere. Osserviamo un territorio il cui volto, oltre la bellezza di sole mare vento e beni culturali, è pieno di ombre, immerso in una illegalità diffusa, in un “grigio” dove gli scambi tra persone malavitose e persone rispettabili sono continui, dove la gradevolezza dell’ambiente è mischiata all’ossessione di farlo fruttare, e dove i desideri di ciò che resta di una classe aristocratica dissipatrice sono fatti propri dai nuovi ricchi, individui che hanno la spregiudicatezza di camminare come funambuli sospesi tra politica, affari e luoghi associativi segreti. Sono fenomeni che creano emarginazione, disoccupazione, criminalità, corruzione. I dati diffusi dallo SVIMEZ in agosto parlano di un Sud ormai alla deriva secondo i parametri dell’economia produttivistica.
Di fronte a tutto ciò la popolazione è largamente silente, non reagisce più, senza più fiducia nella politica come strumento di cambiamento, si rinchiude nel proprio interesse privato, cerca di sopravvivere o di coltivare la propria convenienza. La scuola, le associazioni, le chiese, i sindacati cercano di contrastare la decadenza dell’etica pubblica e le crescenti diseguaglianze con interventi sporadici, scoordinati e, a volte, incoerenti. Nel contempo molti uomini e donne, soli o in piccoli o grandi gruppi, anche nelle predette istituzioni o realtà sociali cercano di percorrere vie alternative ma queste iniziative stentano a farsi “azione comunitaria”.
E’ necessario uno sforzo di “utopia” per chiarire a chi in questa società ingiusta sta sopra ma anche a chi sta sotto che è necessario un cambiamento e che questo non è possibile senza la partecipazione delle vittime, con un’azione comunitaria, con l’unità di quanti credono in questa urgenza.
E’ necessario anche uno sforzo di concretezza per definire i contenuti del cambiamento positivo, quel programma sociale che rifletta una economia di fraternità e di giustizia. Uno sforzo concreto perché qui e ora si realizziun’economia giusta che crei le condizioni affinché ogni persona, uomo o donna, possa godere di un’infanzia senza privazioni, sviluppare i propri talenti nella giovinezza, lavorare con pieni diritti durante gli anni di attività e accedere a una pensione dignitosa nell’anzianità. Questa economia è non solo auspicabile e necessaria, ma anche possibile. Non è un’utopia o una fantasia. È una prospettiva estremamente realistica. Possiamo farlo (cfr. Discorso in Bolivia).
L’incontro di questa sera vuol essere anche uno spazio per cercare questa concretezza per il nostro territorio.