La riforma costituzionale: tutte le modifiche proposte
Dall'entrata in vigore della Costituzione, 1 gennaio 1948, ad oggi si è presentata la necessità di modificare e ripensare alcuni articoli in considerazione dell'evoluzione del costume e della realtà politica e sociale. Nel tempo sono state apportate delle modifiche alla Costituzione che non sono andate ad intaccare l'impianto complessivo, sino alla riforma del Titolo V della II parte della Costituzione (L. cost 3/2001).
La riforma costituzionale Renzi-Boschi è la proposta di riforma della Costituzione della Repubblica Italiana contenuta nel disegno di legge governativo, approvato dal Parlamento il 12 aprile 2016 che sarà sottoposto a referendum confermativo nella seconda metà dello stesso anno. Riassumendo, la riforma è stata presentata dal governo Renzi l’8 aprile del 2014 con un disegno di legge, essa predispone il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi finalizzati al funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL (Consiglio Nazionale dell’economia e del lavoro) e la revisione del Titolo V della II parte della Costituzione. Il Consiglio dei Ministri ha deciso pochi giorni fa la data del referendum confermativo: si voterà ad urne aperte il 4 dicembre 2016.
IL SUPERAMENTO DEL BICAMERALISMO PERFETTO: IL NUOVO SENATO
L’art. 55 afferma che “Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.” (questo è il primo comma che rimane identico rispetto quello della vigente Costituzione). Le differenze sono presenti nei commi successivi, in particolare, al comma 3 dell’articolo riformato si legge: “Ciascun membro della Camera dei deputati rappresenta la Nazione”, raffrontandolo con il nuovo art. 67 si comprende che: soltanto i deputati rappresentavano e continueranno a rappresentare la Nazione. I senatori con la nuova riforma non saranno più i rappresentanti di essa. Il comma 4 del nuovo art. 55 sancisce l’eliminazione di uno dei profili fondamentali del bicameralismo perfetto, ovvero il profilo relativo al rapporto di fiducia. Con la riforma di revisione costituzionale, spetterebbe solo alla Camera dei deputati accordare la fiducia al Governo, mentre nella Costituzione vigente, alla luce del bicameralismo perfetto entrambe le Camere, devono assegnare la fiducia al Governo nel momento in cui esso si costituisce, con mozione motivata e votazione per appello nominale. Se viene a mancare la fiducia da parte della camera alta o della camera bassa il governo deve necessariamente dimettersi.
Il nuovo Senato non rappresenterà più tutti i cittadini intesi nel senso di “Nazione”, ma rappresenterà esclusivamente le istituzioni territoriali com’è sancito nel comma 5 dell’art. 55 :” Il Senato rappresenta comuni e Regioni.” Inoltre il Senato esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli enti che costituiscono la Repubblica: “Cura il raccordo Stato-Regioni e comuni (e città metropolitane). Ma anche concorre al raccordo con l’UE.”
L'art. 57 novellato riguarda la composizione del Senato: “Il Senato della Repubblica è composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica”, i Senatori saranno dei Consiglieri regionali, oppure dei Sindaci. Viene specificato che la durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi da cui sono eletti, cioè da ciascun Consiglio regionale, ovvero dalla propria personale permanenza in carica (di Sindaco o consigliere).
La riforma prevede una Camera dei deputati che rappresenta la Nazione e che ha quindi una rappresentanza politica e il Senato della Repubblica che rappresenta gli interessi e le istituzioni territoriali.
Per far comprendere una delle tante incongruenze della riforma, è necessario fare una premessa, esistono due tipi di rappresentanza: la rappresentanza politica che agisce mediante divieto del mandato imperativo e la rappresentanza territoriale che essendo una rappresentanza settoriale, deve agire sulla base di un mandato imperativo e nel momento in cui non dovesse essere rispettato il contenuto limitato del mandato sulla quale i rappresentanti territoriali possano esprimersi, è prevista la revoca del mandato stesso.
Con la nuova riforma abbiamo un Senato “transgender” in quanto ne è derivato un Senato nè politico nè territoriale, o meglio si configura come Senato politico al quale mancano i contrappesi necessari per il suo funzionamento effettivo. Significa che i Senatori vengono eletti con un criterio politico proporzionale (rispecchiando la maggioranza e la minoranza) dalla maggioranza del Consiglio Regionale.
L’art. 58 nella revisione è stato abrogato in quanto concerneva l’elezione diretta dei Senatori e il loro elettorato passivo.
L’art. 59 cambia solo nel suo secondo comma, il quale afferma che : “I senatori a vita sono solo gli ex presidenti. Il presidente può nominare senatori (per altissimi meriti... etc.) solo per un mandato di sette anni, non rinnovabile al suo scadere.”
L’art. 60 attuale riporta: “ La Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sono eletti per cinque anni”, l’art 60 comma 1 della riforma prevede che soltanto la Camera dei deputati sia eletta per cinque anni, poiché il Senato della Repubblica diventa un organo permanente.
Con la riforma, il Senato deve garantire i diritti delle minoranze, mentre il regolamento della Camera deve disciplinare anche lo statuto delle opposizioni.
Nell’art. 66 viene aggiunto un nuovo comma, considerato che l’elezione al Senato è subordinata rispetto l’elezione a consigliere regionale o sindaco, se il senatore consigliere/sindaco cessa (da consigliere o sindaco), decade anche dalla carica di senatore: il Senato non può che prenderne atto.
L’art. 67 novellato, afferma che i membri del Parlamento esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato.
L’art. 68 rimane il medesimo, concerne le immunità parlamentari.
LA FUNZIONE LEGISLATIVA
L’art. 70 con la riforma diviene molto più complesso, se attualmente la funzione legislativa è esercitata collettivamente da entrambe le camere, successivamente la regola della legge bicamerale sarà valida solo per: leggi costituzionali, leggi riguardanti l’ordinamento degli enti locali,leggi di principio sulle associazioni tra comuni, leggi sulla partecipazione a formare/attuare il diritto dell’UE, leggi che riguardano le prerogative dei senatori, legge elettorale del senato, leggi di ratifica dei trattati dell’UE, leggi d’attuazione del Titolo V. Le altre leggi non citate saranno approvate esclusivamente dalla Camera dei Deputati. Ogni disegno di legge che sarà approvato dalla Camera dei deputati sarà trasmesso al Senato della Repubblica, entro dieci giorni, 1/3 dei Senatori può esaminarlo, ed entro i trenta giorni può anche deliberare proposte per modificare il testo, sulle quali si pronuncerà definitivamente la Camera dei Deputati. Se nessuno lo richieda o se il Senato pur avendo chiesto di esaminare il disegno di legge non si pronuncia entro i termini prestabiliti, decorsi i trenta giorni la legge già approvata dalla Camera è promulgata e pubblicata. I disegni di legge che riguardano la legge di bilancio e di stabilità dopo essere stati approvati dalla Camera dei Deputati sono esaminati automaticamente dal Senato che entro 15 giorni può effettuare proposte di modifica. Nel caso in cui si dovesse verificare un contrasto sul procedimento da seguire, decidono di comune accordo i Presidenti delle due Camere.
Il primo comma dell’art. 71 resta inalterato. Nel secondo comma dell'articolo novellato viene attribuito al Senato a maggioranza assoluta dei suoi membri e non più ai singoli Senatori il potere di formulare una proposta di legge alla Camera, quest'ultima dovrà pronunciarsi sulla proposta entro sei mesi. Il popolo continua ad esercitare l'iniziativa delle leggi, inizialmente la proposta doveva essere avanzata da cinquantamila elettori, attualmente sono necessari centocinquantamila elettori. Viene inoltre prevista l'istituzione di referendum d'indirizzo.
L'art. 72 cost. rimane invariato, importante è specificare che per quanto concerne il procedimento in Commissione, solo alla Camera vi è una doverosa corrispondenza fra composizione della Commissione e consistenza dei gruppi parlamentari. Non possono più essere approvati in Commissione i disegni di conversione di decreti legge. Si può intuire che questo sia l'imposizione di un limite alla decretazione d'urgenza. Sulle leggi non bicamerali ma a prevalenza Camera dei Deputati, il Governo può chiedere alla Camera dei Deputati una specie di corsia preferenziale con voto a scadenza predeterminata (settanta o ottantacinque giorni). Ciò dovrebbe permettere all’esecutivo di meglio attuare il proprio programma senza essere indotto al ricorso a decreti legge.
Nell'art. 73 cost. riformato restano identici il primo e l'ultimo comma. Nel secondo comma è prevista una delle novità fondamentali della riforma: prevede che su ricorso di almeno un
quarto dei deputati (158) ovvero di un terzo dei senatori (da 32 a 34), le leggi elettorali per le due Camere possano essere impugnate davanti alla Corte costituzionale prima della loro promulgazione, pubblicazione ed entrata in vigore. La Corte costituzionale si pronuncia entro trenta giorni. Una disposizione transitoria successiva prevede che ciò sia possibile retroattivamente anche per le leggi elettorali approvate nel corso della XVII legislatura e già in vigore (e cioè per l’Italicum).
Non sono più le Camere, bensì è la sola Camera dei Deputati che può dichiarare l'urgenza e può ridurre la vacantio legis (il periodo di 15 giorni che di norma intercorre fra la pubblicazione di una legge e la sua entrata in vigore.)
L'art. 74 cost. nella riforma presenta solo una modifica sostanziale al secondo comma: in caso di rinvio presidenziale di una legge di conversione di un decreti-legge il termine per la conversione viene esteso da 60 a 90 giorni. Nel comma successivo è presente solo una rettifica formale. Se la legge è nuovamente approvata, questa deve essere promulgata. (viene escluso il riferimento alle Camere che riapprovano entrambe la legge).
LA DISCIPLINA REFERENDARIA NOVELLATA
Nell'art. 75 cost. permangono identici i primi due commi: È indetto referendum popolare per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. Nel terzo comma viene specificato che tutti gli elettori hanno diritto di partecipare al referendum (in quanto l'unico elettorato attualmente è quello della camera). Nel quarto comma viene introdotta un’iniziativa referendaria rafforzata: se un referendum abrogativo è chiesto non da 500.000, ma da 800.000 elettori, il quorum non è più la metà più uno degli aventi diritto, ma la metà più uno di chi ha votato alle ultime elezioni: si tiene conto, così, dei più bassi livelli di partecipazione. I fautori del “no” difficilmente potranno sperare nelle astensioni. L'ultimo comma resta invariato “La legge determina le modalità di attuazione del referendum.”
LA MODIFICA DELLA DISCIPLINA DEI DECRETI LEGGE
L'art. 76 cost.che disciplina la delegazione legislativa dal Parlamento al Governo rimane invariato.
L'art. 77 cost. riguarda i decreti legge, la novità sostanziale è: nel caso di rinvio al Parlamento del decreto convertito, esso resta vigente per altri trenta giorni (in tutto novanta invece dei soliti sessanta giorni).Vengono costituzionalizzati i limiti alla decretazione d’urgenza previsti dalla legge 400/1988: la loro efficacia è stata in questi anni limitata proprio per la loro natura di norme di legge ordinaria anziché costituzionale.Viene introdotta in costituzione una limitazione volta ad evitare espressamente che in sede di esame parlamentare a un decreto vengano aggiunte disposizioni che nulla hanno a che vedere con esso. Ciò nel rispetto della giurisprudenza della Corte costituzionale.
L'APPROVAZIONE DELLE LEGGI DI COMPETENZA ESCLUSIVA DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
La riforma costituzionale ha escluso ogni interferenza del Senato della Repubblica in merito all'approvazione di leggi specifiche, oggetto dell'esclusiva competenza della Camera dei Deputati, quali:
il potere di deliberare lo stato di guerra e di conferire al governo i poteri necessari per far fronte alla situazione (art. 78), la concessione dell'amnistia e dell'indulto, l'autorizzazione con legge alla ratifica dei trattati internazionali di natura politica (art. 80), l'autorizzazione al ricorso all'indebitamento, l'approvazione del bilancio statale e il rendiconto consuntivo presentato dal governo (art. 81), le inchieste su materie di pubblico interesse (il Senato si occuperà delle inchieste che riguardano le autonomie locali) e l'autorizzazione alla sottoposizione del Presidente del Consiglio e dei Ministri alla giurisdizione ordinaria per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni (art. 96).
LA CANCELLAZIONE DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELL'ECONOMIA E DEL LAVORO
L'art. 99 cost. vigente: Il Consiglio nazionale dell' economia e del lavoro è composto, nei modi stabiliti dalla legge, di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa. E' organo di consulenza delle Camere e del governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge. Ha l'iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge.
Con la riforma si andrà ad abrogare tale articolo, in quanto il CNEL non ha mai assunto effettiva rilevanza e viene finalmente soppresso. La soppressione è immediata (da subito, non come il resto della riforma che sarà attuata dalla prossima legislatura).
LE MODIFICHE DEL RUOLO DELLA CORTE COSTITUZIONALE.
La legge di revisione costituzionale, interviene nell'ambito dell'elezione dei giudici costituzionali e va inoltre a modificare l'art. 134 cost. assegnando alla Corte Costituzionale la nuova funzione del sindacato preventivo di legittimità costituzionale della legge per l'elezione dei membri della Camera dei Deputati. Viene apportata una modifica al comma 1 dell'art. 135 cost., se attualmente i cinque giudici costituzionali vengono eletti dal Parlamento in seduta comune, con la riforma verrebbero nominati separatamente e rispettivamente, due giudici costituzionali sarebbero eletti due dal Senato e tre dalla Camera.
MODIFICA DEL TITOLO V DELLA II PARTE DELLA COSTITUZIONE
La riforma valorizza le autonomie regionali e locali mediante un coinvolgimento diretto nel sistema nazionale decisionale, in quanto il Senato sarà costituito dai rappresentanti delle istituzioni territoriali. In questa prospettiva dovrebbe migliorare la capacità delle istituzioni di soddisfare le aspettative e i diritti civili e sociali riconosciuti ai cittadini secondo il principio di sussidiarietà verticale. Viene modificato l'assetto territoriale della Repubblica per raggiungere un efficiente sistema del governo locale attraverso l'abolizione dell'ente Provincia. Al comma 5 dell'art. 40 della legge costituzionale sono ripartite le competenze legislative relativamente agli “enti di area vasta” attribuendo i profili normativi generali alla legge statale e lasciando le disposizioni di dettaglio alla singola legge regionale. “L'ente di area vasta” subentrerà al posto delle Province, sarà un ente intermedio tra Comuni e Regioni, e presumibilmente svolgerà i compiti amministrativi che i Comuni non saranno in grado di svolgere adeguatamente. In precedenza con la L.7 aprile 2014, n.56 (cd. Legge Delrio) erano già state istituite le città metropolitane e le province erano state riordinate, entrambi furono definiti enti di area vasta.
IL REGIONALISMO DIFFERENZIATO
La riforma di revisione costituzionale, supera la rigida ripartizione legislativa tra Stato e Regioni solo per “materie”, viene aggiunta una ripartizione per “funzioni”. La modifica rilevante all'interno dell'art. 117 cost. novellato riguarda l'eliminazione della legislazione concorrente(lo Stato determina i principi generali e la Regione emana la legislazione specifica per il settore considerato). Di conseguenza viene abolito il regionalismo differenziato in quanto ha causato rilevanti disparità di trattamento tra i cittadini delle regioni più ricche rispetto alle altre. L'attribuzione di eventuali forme speciali di autonomia regionale, si attua con legge bicamerale, non viene richiesta più la maggioranza assoluta dei componenti (come previsto attualmente), mentre resta necessaria la già prevista intesa tra Stato e Regione interessata.
RIDEFINIZIONE DELLE COMPETENZE STATO-REGIONI E IL REGIONALISMO COOPERATIVO
A seguito dell'abolizione della legislazione concorrente, vengono ridefinite le competenze esclusive dello Stato e residuali delle Regioni. Si garantisce comunque l'intervento dello Stato nelle materie di competenza esclusiva regionale nel caso si presenti la necessità di tutelare l'unità giuridica o economica della Repubblica o per la realizzazione di programmi economico-sociali di interesse nazionale (cd. Clausola di supremazia). Coerentemente alla redistribuzione delle competenze legislative in favore di un modello di “regionalismo cooperativo” si dovrà procedere ad una ridefinizione degli ambiti della potestà regolamentare come attualmente individuati dal dettato costituzionale. Il potere regolamentare viene ripartito tra Stato e Regioni sulla base delle rispettive competenze legislative, resta allo Stato la facoltà di delegare le Regioni in materie e funzioni che rientrano nella sua competenza esclusiva.
LE FUNZIONI AMMINISTRATIVE DELLE REGIONI CON LA NUOVA RIFORMA
Nella revisione della seconda parte della Costituzione è inclusa una modifica all'art. 118 cost. relativo alle funzioni amministrative. In particolare è prevista l'aggiunta di un comma specifico attreverso cui si dispone l'esercizio delle funzioni amministrative in modo che siano assicurati la semplificazione e la trasparenza della pubblica amministrazione secondo i criteri di efficienza e di responsabilità degli amministratori. Si costituzionalizzano principi già vigenti, sanciti dalla L. 241/1990, in aggiunta al dettato dell'art. 97 cost. che prevede il buon andamento, la legalità e l'imparzialità della pubblica amministrazione. Nell'art. 118 cost. novellato ritroviamo richiami ai criteri di efficienza e responsabilità degli amministratori.
AUTONOMIA FINANZIARIA DELLE REGIONI
L'art. 119 cost. sancisce l'autonomia finanzaria degli enti territoriali, nell'articolo riformato viene abolito ogni riferimento all'ente Provincia. Viene reso esplicito che l'autonomia finanziaria degli enti territoriali deve esssere esercitata in modo armonico con quelli che sono i principi costituzionali e le leggi statali. Al comma 2 dell'art. 119 novellato è chiarito che in coerenza con il nuovo art. 117 cost. è la legge dello Stato a dettare il coordinamento della finanza pubblica e del sistema fiscale.
IL CONSIGLIO REGIONALE CON LA RIFORMA
La mutazione del Senato in Camera di rappresentanza delle istituzioni territoriali incide anche sulle funzioni del Consiglio regionale, infatti le proposte di legge da parte del Consiglio regionale va effettuata alla sola Camera, non più ai due rami del Parlamento (come avviene attualmente).
Nell'ambito degli organi regionali, mediante il rinvio di una legge statale da approvare, si sta cercando di garantire la pari rappresentanza tra uomini e donne.
LO SCIOGLIMENTO DEL CONSIGLIO REGIONALE
Con la modifica apportata al comma 1 dell'art. 126 della costituzione, il decreto del Presidente della Repubblica che dispone lo scioglimento del consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta nei casi ivi indicati, è adottato dopo aver acquisito il solo parere del Senato, e non più dopo aver sentito la Commissione per le questioni regionali, composta da deputati e senatori.
Sara Calvano