Al Verdi un classico di Eduardo: in scena «Filumena Marturano»
Mariangela D’Abbraccio e Geppy Gleijeses sono gli interpreti di «Filumena Marturano», testo cardine della cultura italiana,
in arrivo a Brindisi l’1 febbraio (ore 20.30). L’opera che Eduardo dedicò a sua sorella Titina è diretta da Liliana Cavani, regista prevalentemente cinematografica, alla sua prima prova teatrale.
La stagione del Teatro Verdi di Brindisi incontra Eduardo. E lo fa con uno dei più grandi e intensi ritratti femminili della storia del teatro, «Filumena Marturano», in arrivo mercoledì 1 febbraio (ore 20.30). Una pennellata di prosa neorealista che mescola dramma e comicità, un meccanismo teatrale perfetto, un’opera attuale a settanta anni dalla sua stesura.
Nel ruolo di Filumena e Domenico due grandi protagonisti della scena italiana: Mariangela D’Abbraccio, che ha iniziato la sua carriera diretta da Eduardo, e Geppy Gleijeses, allievo prediletto dell’autore. A dirigere la commedia la grande Liliana Cavani, figura di spicco del cinema italiano, al debutto nella regia teatrale.
È la storia di Filumena Marturano e Domenico Soriano: lei è accorta, ostinata contro tutto e tutti nel perseguire la propria visione del mondo, con un passato di lotte e tristezze, decisa a difendere fino in fondo la vita e il destino dei suoi figli; lui borghese, figlio di un ricco pasticciere, “campatore”, amante e proprietario di cavalli da corsa, un po’ fiaccato dagli anni e dalla malinconia dei ricordi, è stretto in una morsa dalla donna che lo tiene in pugno e a cui si ribella con tutte le sue forze. Ma è soprattutto la storia di un grande amore.
La commedia porta al pubblico il tema, scottante in quegli anni, dei diritti dei figli illegittimi. Il 23 aprile 1947, infatti, l’Assemblea Costituente approvò l’articolo che stabiliva il diritto-dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare anche i figli nati fuori dal matrimonio, mentre otto anni più tardi, nel febbraio del 1955, venne approvata la legge che aboliva l’uso dell’espressione “figlio di N.N.”.
Nella commedia c’è tutta la contrapposizione di due mondi: da una parte la Napoli dei “bassi” trasudante miseria e dignità, dall’altra la città “bene”, spensierata e inconsapevole, che sfrutta e umilia la prima. Due culture destinate a non incontrarsi mai. «Filumena Maturano è una commedia sociale - disse una volta Eduardo - e vuole essere la riabilitazione di una categoria di donne e un grido di ribellione in questo mondo sconvolto e turbinoso che la guerra ci ha lasciato». Ma è anche una commedia di sentimenti: l’istinto materno è infatti la sola molla che fa scattare Filumena dopo anni di silenziosa sottomissione, inducendola all’inganno come unica via capace di assicurare un cognome ai tre figli generati di nascosto da tutti.
Nel dramma di Filumena, che rifiuta di rivelare all’amante quale dei tre figli da lei messi al mondo sia suo, De Filippo dichiarava di voler rappresentare l’allegoria di un’Italia lacerata e depauperata anche moralmente, e prefigurarne la dignità e la volontà di riscatto. «Filumena lascia la casa, la sua casa, portandosi via il segreto - scrive nelle note di regia Liliana Cavani -. Domenico, attanagliato dalla più angosciosa curiosità, la supplica di rivelargli la verità; ma intanto riscopre tutte le qualità umane di quella donna. E per non lasciarsi sfuggire il figlio, acconsente a liberarsi della fidanzata, a sposare, questa volta davvero, Filumena e a prendersi in casa i tre giovani. Ma nemmeno diventata moglie Filumena svelerà il segreto. Madre di tutti e tre, non accetterà che uno di loro goda di qualche privilegio. Così, alla fine, Domenico li accetterà tutti serenamente, ripetendo le parole di lei: ’E figlie so’ ffiglie… e so’ tutte eguale… hai ragione Filume’, hai ragione tu!».
«Filumena Marturano» è senza meno un titolo difficile da rappresentare, per gli echi sempre forti delle passate interpretazioni, sia nella versione teatrale sia in quella cinematografica. Una bella sfida, quindi, per la regista Liliana Cavani che sceglie di incentrare tutto sulla storia strizzando l’occhio al cinema neorealista. La vicenda della pasionaria Filumena scorre così tutta d’un fiato e gli attori ridisegnano lo spaccato dipinto da Eduardo seguendo alla lettera gli insegnamenti del drammaturgo, che esigeva un napoletano meno stretto per il pubblico non partenopeo.
Si comincia alle ore 20.30
Durata dello spettacolo: un’ora e 50 minuti, atto unico
Ingressi da 18 a 25 euro (ridotti da 16 a 22 euro); studenti al di sotto dei 25 anni 10 euro; ragazzi fino a 12 anni e gruppi scolastici di minimo 15 studenti 6 euro
Biglietteria online http://bit.ly/2jFFDYs
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