Beppe Patrono. Dalla resistenza romana alla libertà di pensiero e azione; il 18 marzo un seminario alla "De Leo".
Il 18 marzo alle ore 9 presso l’Auditorium dell’Ex Seminario “Benedetto XVI” la Biblioteca Pubblica Arcivescovile “A. De Leo” e la Fondazione “Giuseppe Di Vagno (1889-1921)”,
impreziosite dalle donazioni della biblioteca e dell’archivio di Beppe Patrono, organizzano, nel decennale della scomparsa, un seminario di studi su “Beppe Patrono. Dalla resistenza romana alla libertà di pensiero e azione“.
Dopo i saluti di Gianvito Mastroleo (Presidente della Fondazione “G. Di Vagno”), dell’arcivescovo di Brindisi Ostuni, mons. Domenico Caliandro, dei sindaci di Brindisi Angela Carlucci e di Mesagne Pompeo Molfetta e del Provveditore agli Studi Enzo Nicolì, relazionerà il prof. Marco Revelli, ordinario di Scienze della Politica dell’Università del Piemonte Orientale “A. Avogadro” su Beppe Patrono: l’eresia democratica del Partito d’Azione.
Seguirà l’intervento di Katiuscia Di Rocco, direttore della Biblioteca Pubblica Arcivescovile “A. De Leo” di Brindisi su La Biblioteca Patrono, infinite possibilità di ricerca; poi Ugo Falcone (Agenzia Italiana per il Patrimonio Culturale di Udine) e Tina Latrofa (Fondazione “G. Di Vagno”) su L’Archivio Patrono: spunti di riflessione; quindi Cesare Preti (coordinatore del Comitato Scientifico Fondazione “G. Di Vagno”) su Beppe Patrono e il rapporto con Guido Calogero. Concluderà i lavori la Maria Carmela Stridi-Patrono ripercorrendo alcuni ricordi familiari. Al Convegno prenderanno parte anche alcune classi del Liceo Scientifico “Fermi Monticelli di Brindisi”
“Lui veniva dal Sud ed al Sud intendeva dedicarsi a fascismo finito” così Luisa Adorno descrive Beppe Patrono nel suo romanzo, Le dorate stanze.
Nasce a Brindisi il 25 agosto 1918, frequenta il Ginnasio-Liceo “Marzolla” a Brindisi e i suoi amici sono Paolo Colonna, Gaetano De Vita, Ugo Guadalupi, tutti fortemente critici nei confronti della dittatura fascista. E’ un lettore attento fin da adolescente e tra i suoi autori preferiti c’è Benedetto Croce. Prende la maturità nel 1938 e risulta primo agli esami di concorso per accedere alla Scuola Normale Superiore di Pisa, dove ha come compagni Giorgio Piovano, Secondo Traversa, Vanni Mafera, Giulio Cervani, Mario Riani, Mario Casagrande, Armando Saitta, Carlo Azelio Ciampi, Antonio Russi, Alessandro Natta, Mario Baratto, Alfonso Irace, Giulio Corsetti e come docenti, fra gli altri, Luigi Russo, Giorgio Pasquali, Guido Calogero, Alfonso Omodeo.
Gli anni che vanno dal 1934 al 1942 sono quelli più intensi per l’Università di Pisa, anni in cui gruppi giovanili antifascisti si costituiscono e tengono salda la loro organizzazione su un banco di prova degli anni più difficili. A capo di questo gruppo di oppositori di studenti e docenti, più o meno tollerati da Giovanni Gentile e dal regime, c’è Guido Calogero che nel Natale del 1938 consegna una lettera a Giuseppe Patrono con l’incarico di andare a trovare a Bari Tommaso Fiore e di mantenere i contatti con lui.
Nel 1941 Giuseppe Patrono viene chiamato sotto le armi e trasferito a Roma. Interrompe quindi gli studi accademici a causa della guerra, e malgrado le sollecitazioni dei suoi professori, in primis Luigi Russo, non conseguirà mai più la laurea per gravi problemi di salute nei quali è incorso dopo la guerra (e non come è stato più volte detto per dissidi insorti con alcuni docenti). L’esperienza del servizio militare è per lui importantissima poiché gli conferma l’inadeguatezza di un apparato e di un sistema che è pari alla retorica e alla impreparazione del regime fascista.
L’8 settembre del 1943 Beppe è ricoverato per una forte febbre nell’ospedale militare del Celio; uscendo da lì indossa la divisa di sottotenente dei Granatieri ed entra subito in clandestinità con il nome di “Pasquale Marrazza”, come testimonia la carta d’identità falsa fatta da Guido Bonnet a Roma nel settembre del 1943 e che con amore per la memoria è stata custodita e oggi donata dalla moglie, prof. Maria Carmela Stridi, insieme agli altri documenti, alla Fondazione “G. Di Vagno” di Conversano.
I suoi rapporti a Roma sono strettissimi con Ferruccio Parri, Riccardo Bauer, i Gallo, Vittorio Gabrieli, Ernesto Rossi e Pilo Albertelli che Beppe vede, come ultima persona, salire su un tram mentre lo saluta dicendogli “addio Patrono”, prima che questi fosse preso e poi fucilato dai nazisti nelle Fosse Ardeatine.
Dopo l’aprile del 1945 rimane ancora qualche mese a Roma tra i cumuli di macerie: è necessario ricostruire l’Italia e Patrono crede e si prodiga come non mai affinché il 2 giugno del 1946 si voti a favore della Repubblica, tanto che successivamente si candida alla Costituente per il Partito d’Azione.
Sono gli anni in cui partecipa anche attivamente al Movimento Federalista Europeo, collaborando a diverse riviste fra cui “il Mondo” di Pannunzio e successivamente “il Ponte” fondato da Piero Calamandrei. Dopo lo scioglimento del Partito d’Azione, passa nelle fila del Partito Socialista Italiano dal quale viene espulso (Sezione di Brindisi), “per insanabili contrasti etici e metodologici”, così nel ’68 si presenta al Senato, come indipendente nelle liste del Partito Comunista Italiano. E’ consigliere comunale di Brindisi per diverse legislature e noti sono i suoi comizi nelle piazze cittadine sui temi più forti di politica locale e nazionale. Beppe Patrono si ritira a vita privata alla metà degli anni ’80 e si trasferisce a Mesagne.
Per volere della vedova, prof. Maria Carmela Stridi, l’archivio di Beppe Patrono è stato concesso in comodato gratuito decennale alla Fondazione “G. Di Vagno” e la preziosa biblioteca, con un patrimonio di 30.000 libri, donata alla Biblioteca Pubblica Arcivescovile “A. De Leo”.