Nuovi gasdotti non servono all’Italia e quindi al sud ed alla Puglia (Maurizio Portaluri)

Il gas naturale arriva in Italia dall'Algeria attraverso il Gasdotto Transmed che approda a Mazara del Vallo, dalla Libia attraverso il Greenstream che approda a Gela, dalla Russia attraverso il Tag che entra da Tarvisio,

infine due linee (Tenp e Trasitgas) portano gas di produzione olandese attraverso il Passo Greis e da qualche fonte minore. Il Ministero dello Sviluppo Economico riporta un consumo di gas nel 2016 di 70 miliardi di metri cubi, 5% in più dell'anno precedente, pari a quello del 2000 ma lontano dal livello più alto registrato nel 2015 (80 miliardi). L'incremento é attribuito al calo di fornitura di energia da fonte nucleare francese. Il principale fornitore di gas é la Russia che nel 2016 é stata quasi raggiunta dall'Algeria la cui quantità ha visto una forte impennata.

Russia e Algeria hanno fornito il 70% dei consumi.

Altro gas arriverà dal progetto Galsi che dall'Algeria approderebbe, per la sua metanizzazione, in Sardegna e poi in Toscana così come la linea TAP dall'Azerbaigian arriverà a Melendugno per fornire altri 10 miliardi di gas ed altro gas israeliano da giacimenti a Cipro approderebbe a Otranto.   Gas della LNG inglese arriverebbe da un rigasificatore offshore a 5 miglia dalle coste albanesi (quello che si impedí di fare a Brindisi) sulla costa di Torchiarolo a sud della stessa Brindisi. Siamo di fronte ad operazioni che rischiano di comportare impegni di spesa e forse anche esborsi effettivi con conseguenti ricadute in danno dei contribuenti.

I consumi di gas come combustibile hanno ormai eguagliato quelli del petrolio (35%) mentre i combustibili solidi tra cui il carbone rappresentano l'8%. L'attuale rete del gas è in grado di soddisfare un eventuale quanto improbabile fabbisogno fino ad oltre 100 miliardi di metri cubi (come sopra riportato, nel 2015 è stato di 80 miliardi). Perché allora altri gasdotti? Per ridurre la dipendenza dalla Russia e dipendere, in alternativa, da paesi instabili come Azerbaigian e Turchia? Per rendere l’Italia centro europeo di smistamento del gas? Sembra di no perché la Germania sta raddoppiando il gasdotto dalla Russia e non intende dipendere dal gas di passaggio dall'Italia. Per decarbonizzare la Puglia? Ma se ciò si volesse fare, i gasdotti già ora esistenti sarebbero più che sufficienti.

Inoltre nei prossimi decenni i consumi energetici si ridurranno perché le nuove tecnologie comporteranno minore energia, le abitazioni produrranno energia da solare e fotovoltaico ma soprattutto saranno costruite in modo da consumare di meno. Secondo previsioni ISTAT la popolazione pugliese dovrebbe registrare una forte diminuzione per la denatalità e per l'emigrazione.

Inserire il problema del fabbisogno di gas nel quadro dei citati elementi di valutazione risulta necessario alla luce del dibattito da mesi in corso su Tap. Nella campagna di comunicazione dei dirigenti di Tap si è lamentata la mancanza di confronto con le realtà locali sul progetto, sul suo scarso impatto riguardo l'ambiente e la salute, sulla possibilità di decarbonizzare. Ma il vero problema è un altro e che cioè altri gasdotti non occorrono e che il Sud non può essere considerato come eterna "stazione di servizio" specialmente quando questo servizio risulta palesemente inutile.             La politica delle grandi opere continua ad essere ripresentata quale toccasana per i mali del Mezzogiorno come se la storia economica ed industriale degli ultimi 60 anni non avesse mostrato con chiarezza la sua incapacità di ridurre la distanza del Sud e della Puglia dal resto del paese.

Altri gasdotti quindi non servono all'Italia e quindi neppure al Sud ed alla Puglia. E allora a chi servono? Come mai il denaro pubblico non c'è per il welfare ma c'è per le grandi opere?

           Con queste argomentazioni e questi interrogativi l’opposizione al Tap trova una piattaforma unificatrice che fa superare le visioni campanilistiche (“no” a Lecce e “sí” a Brindisi” è una alternativa immotivata ed ingiusta, una forma di 'razzismo' ambientale in danno di popolazioni ritenute “naturalmente” destinate a soffrire l’inquinamento) e le visioni semplificatrici (si tratta solo di un tubo che intacca pochi o molti alberi di ulivo), ma soprattutto si ricollega ad una tradizione di lotte popolari che non hanno visto le nostre popolazioni supine di fronte ai disegni egemonici di alcuni potentati economici: dalle lotte dell’ Arneo contro il latifondo, di Avetrana contro la centrale nucleare, di Manfredonia contro l'inceneritore, di Brindisi contro il rigasificatore, di Taranto contro l’inquinamento del siderurgico, alle tante battaglie locali che contraddicono l'immaginario di una popolazione rassegnata e manipolabile.

Pubblicato su Nuovo Quotidiano di Puglia il 6 settembre 2017                                                                              

http://www.salutepubblica.net/

--

ASSOCIAZIONE SALUTE PUBBLICA Via Appia 64 72100 Brindisi SOSTIENI LE NOSTRE ATTIVITA' CON UNA DONAZIONE VOLONTARIA: BANCA POPOLARE ETICA IBAN IT 74 A 03599 01899 050188517983

Per offrirti il miglior servizio possibile questo sito utilizza cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego in conformità della nostra Cookie Policy.