Come fu che… nacque la Biblioteca Popolare “Ugo Granafei”. La Biblioteca di Mesagne – nel 150° anniversario – 3a puntata (di Domenico Urgesi)

Abbiamo visto come, agli inizi del Novecento, lentamente deperisce la Biblioteca Comunale “Ferdinando” e come viene avviata, in forma privata, la Biblioteca Popolare “Granafei”.

Conviene soffermarci brevemente su questo passaggio, che pare essenziale per comprendere l’alba della moderna “società di massa”; ossia lo sviluppo dei ceti più abbienti e acculturati e, nello stesso tempo, la dinamica delle classi sociali della piccola città che, nel 1911, conta già quasi 14.000 abitanti, con un incremento dell’80% nei primi cinquant’anni dell’Unità d’Italia.

Abbiamo visto come il Comune non stanzia in bilancio i fondi necessari per il buon funzionamento della Civica “Ferdinando”; alcuni privati invece, si lanciano nell’avventura della “Biblioteca popolare circolante”, a partire dal 1908.

L’offerta di servizi di lettura ai ceti popolari vide nel corso dell’800 e del primo ’900, in Italia come in altre nazioni europee, vari tentativi per lo più slegati dall’intervento diretto delle amministrazioni pubbliche centrali o locali e affidati invece in massima parte a iniziative di singoli o di associazioni private di varia natura. Lo sviluppo della scienza, della tecnologia, delle macchine, dei mezzi di comunicazione determinò, in Italia come in tutta l’Europa occidentale, la necessità di un’educazione popolare. Vi si dedicarono alcuni strati delle classi sociali dominanti, ma anche le associazioni mutualistiche, socialiste e cristiane. Esse si proponevano l’elevazione dei ceti subalterni, mediante l’offerta di strumenti atti a farli gradualmente partecipare, sia pure in forme quantitativamente e qualitativamente ridotte, al circuito culturale dominante: era essenziale l’inclusione, la partecipazione. Il fenomeno è stato chiamato, da illustri storici, “nazionalizzazione delle masse”. Rarissimi erano i circuiti culturali alternativi; e venivano dagli intellettuali più evoluti.

A Mesagne, il progetto della “biblioteca popolare circolante” riprese vigore nel 1911 con l’igienista Achille Sclavo e, poi, tra la fine del 1911 ed i primi anni del 1912, prese slancio con un comitato formatosi attorno al proposito di celebrare il tenente Ugo Granafei, perito nella guerra di Libia. Egli non fu il solo mesagnese morto in quella infausta guerra; morirono anche due soldati: il bersagliere Carmelo Giorgio e il fante Ugo Distante. Però come fu come non fu si decise di incentrare l’attenzione sul rampollo dei marchesi Granafei.

Promotori della nuova Biblioteca erano personaggi come Giovanni Antonucci, gli avvocati Giovanni e Federico Profilo, il farmacista Vincenzo Cavaliere, il medico Francesco Morgese: il fior fiore della gioventù mesagnese. Nel 1912 la biblioteca era già ricostituita.

E quale fu il luogo deputato alla riuscita ed allo sviluppo del proposito? Può sembrare strano, ma era il Teatro Comunale. Ultimato sul finire dell’Ottocento, si impose subito come luogo deputato alla rappresentazione culturale della buona borghesia mesagnese. E i giovani promotori ne compresero subito l’importanza, tanto che nel febbraio del 1913 chiesero, ed ottennero dal Comune, l’autorizzazione all’uso del Teatro per “proiezioni cinematografiche a beneficio della Biblioteca popolare”.

Il 31 marzo 1913 la Biblioteca fu inaugurata ed intitolata al ten. Ugo Granafei. La manifestazione si svolse (ovviamente) nel Teatro Comunale, con una numerosa partecipazione di scolaresche e cittadini, compreso il Comitato, la madre del Granafei (Principessa Iram d’Abro Pagratide), il Sindaco di Mesagne Annibale Profilo. Parteciparono anche varie personalità forestiere quali: il ten. Chiesi in rappresentanza dei Cavalleggeri, il Sindaco di Taranto Francesco Troylo, l’on. di Taranto Federico Di Palma e l’on. di Brindisi Pietro Chimienti.

Il discorso inaugurale, imbevuto di retorica combattentistica e nazionalistica come tutta la manifestazione fu tenuto dal fortissimo oratore Alessandro Criscuolo. Una breve introduzione fu svolta dal Chimienti; questi evidenziò come il futuro del paese Italia fosse ancorato ai valori del lavoro, della disciplina, del patriottismo e come quei valori avessero riscontro nella cultura mesagnese e pugliese. Aggiunse che il futuro di quei valori e della stessa Italia si rispecchiavano nel futuro della Biblioteca (e viceversa). Eravamo alla vigilia dell’estensione del voto a tutti i maschi maggiorenni; ma, soprattutto, eravamo ancora nella guerra di Libia e in piena campagna colonialistica. Mi pare utile e istruttivo riportare un brano del suo discorso:

“[…] Dalla idea di fondare una biblioteca circolante a quella d’intitolarla col nome dell’eroe, dalla partecipazione suggestiva degli alunni delle nostre scuole a quella di tutta la cittadinanza, voi vedrete di quali simpatiche manifestazioni di sentimenti e di cultura, di quale squisita rispondenza dell’animo popolare alle grandi idealità della vita sia capace questa cittadina di Mesagne che ha saputo anche attraverso i secoli più oscuri della nostra storia e fino ad oggi mantenere sempre nel suo seno la tradizione della cultura, della gentilezza, del patriottismo. Cosicché essa è da questo punto fra le più mirabili ed interessanti cittadine della nostra provincia. Io stesso che mi considero mesagnese, e in questa città ho consuetudini di vita e di amicizia fraterna, rimango spesse volte sorpreso dalle gentili manifestazioni dell’animo popolare di questa dolce terra. Ma lo spettacolo di oggi supera ogni previsione. È il culto della memoria di un eroe, non solamente affidato al freddo marmo, ma vivente nello scambio diuturno tra una ricerca avida di apprendere e l’offerta rapida del libro che quella ricerca tende ad appagare.

Non è possibile immaginare una rispondenza spirituale più diretta tra lo scopo della istituzione di Ugo Granafei e il fatto che questa morte viene sul nome dell’eroe a dare forza morale e virtù operativa alla medesima. […]”.

Questo stesso tema fu quindi sviluppato dall’avv. Criscuolo, con citazioni dotte ed erudite, e richiami continui ed incalzanti a personaggi e avvenimenti tratti dalla storia greca e romana. È il tema, in un certo senso foscoliano, della trasmissione della memoria, sia dei propri cari come dei grandi della storia. Ma in questo discorso l’impianto è rovesciato e privo di ogni minima traccia di pessimismo; pare sviluppato soltanto su un verso dei “Sepolcri”: A egregie cose il forte animo accendono l’urne de’ forti.

Per Criscuolo, è il libro ad “accendere le egregie cose”; e queste consistono nell’azione volta alla grandezza della patria. Granafei viene paragonato agli eroi Omerici e a quelli che fecero la grandezza di Roma. È un discorso dagli accenti quasi dannunziani, incentrato sul libro come base dell’azione; si intravvedono i presupposti dell’ideologia del “libro e moschetto”, nella quale (venti anni dopo) un’ulteriore trasformazione porrà l’accento reale più sul moschetto che sul libro. Qui siamo solo all’inizio del culto dei reduci, dei martiri; che sarà ampiamente sviluppato negli anni della Grande Guerra e in quelli successivi, avendo come base l’uso ideologico della storia, dei grandi avvenimenti, dei grandi personaggi. I discorsi di Chimienti e di Criscuolo erano indirizzati a persone acculturate, che potevano capirli e apprezzarli; facevano parte di quel ceto medio agiato e intellettuale che porterà l’Italia nella Prima Guerra Mondiale e poi nella Seconda, tirandosi dietro la restante massa (più o meno accondiscendente).

Del discorso di Criscuolo, cito alcuni brani eloquenti:

“[…] Geniale e civile fu il pensiero di nominare la biblioteca […] ad Ugo Granafei, perché il libro crea il carattere. Egli [Granafei] viene dal libro, ed il libro lo reclamò…

I giovani della città vostra, che chineranno la mente su i volumi, onde è ricca la vostra biblioteca, troveranno che egli balza dal mondo di quei volumi, come un cavaliere ariosteo. Perché il libro gli aveva detto: compi il tuo dovere e venga quello che può.

[…] Non vi arrestate, ammoniva la Storia. E quella balda, fiorente giovinezza italica non si arrestò e divenne epica, gittando l’anima ai fati e l’avvenire a noi. E non le manca che Omero!

[…] Il libro gli aveva detto [a Granafei]: ritirarsi mai, …

[…] Il libro gli aveva detto: non sete di conquista, come quella del Corso [Napoleone], ma apostolato civile; non guerre d’avventura, […] ma guerra di rinascita civile.

[…] Il libro infine, assertore diuturno di gesta, lo aveva infiammato…

[…] E il libro gli disse: vissuto è assai chi per la patria muore.

[…]Fra noi, antica pagana progenie e insuperata di combattenti, di filosofi e d’artisti, voi o giovani di Puglia, troverete le propaggini della rinascenza, che sotto al lievito degli ideali, creerà le nuove e sante battaglie dell’avvenire.   […]”

Altri brani ci potrebbero illuminare ulteriormente, ma mi fermo all’essenziale.

(Ora, qui, le considerazioni storiografiche si potrebbero allargare ad altre zone dell’Italia, ad altre questioni, ma… temo di annoiarvi troppo; o sbaglio?).

Era stata così delineata, nel 1913, la Biblioteca del Futuro mesagnese: patriottica, nazionalistica, combattente. Non c’è che dire: i ceti dirigenti di allora avevano le idee chiare!

Il 31 marzo 1913 la Biblioteca popolare “Ugo Granafei” possedeva 864 volumi, un centinaio dei quali erano stati donati nel novembre 1912 proprio da Pietro Chimienti; avevano donato libri anche Pietro Palumbo, Pasquale Maggiulli, Francesco d’Elia, Cosimo De Giorgi. Numerosi furono i donatori nei mesi successivi: la Regina Margherita, Antimo Micalella, Alessandro Criscuolo, Benedetto Croce, il Re V.E. III, Amilcare Foscarini, ecc..

Le donazioni, e l’intensa attività, si fermarono nel luglio del 1915: l’Italia era entrata in guerra. Paradossalmente, il Futuro radioso per il quale la Biblioteca era stata immaginata (forse arrivato troppo presto), ne aveva decretato la prematura fermata.                  (3-continua)

Domenico Urgesi

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