SSTO: La riforma portuale di Federico II e la portualità meridionale

Brindisi. Palazzo Granafei.25 gennaio, inizio ore 17.30 

 

La quinta tappa del tour dei porti federiciani volta a esporre le vicende degli undici scali scelti da Federico II per l'export dei prodotti agroalimentari del Regnum Siciliae, approda a Brindisi grazie alla partnership tra Propeller Club - Port of Brindisi, Comune di Brindisi, Società di Storia Patria per la Puglia - Sezione di Brindisi e C. R. E. St. A. (Centro Ricerche Etnografiche, Storiche, Antropologiche) Puglia di Bari, nell’occasione offerta dalla presentazione del volume, scritto dall'avvocato salernitano Alfonso Mignone La riforma portuale di Federico II (Ed. La Nuova Mezzina, Molfetta 2017). Interverranno, dopo l’indirizzo di saluto del dr. Santi Giuffrè, Commissario prefettizio del comune di Brindisi. Giacomo Carito, della Società di Storia Patria per la Puglia, Claudio Masciopinto del C. R. E. St. A. e Alfonso Mignone presidente del Propeller Club – Port of Salerno. Introduce e coordina Donato Caiulo, presidente delPropeller Club - Port of Brindisi.

L'autore, avvocato esperto in diritto marittimo e appassionato di storia, ripercorre le vicende che, nel 1239, portarono all'emanazione di una legislazione di riordino amministrativo di undici porti del Regno di Sicilia considerati strategici per l'export di prodotti agricoli: l'ordinatio novorum portuum. La disposizione pone in evidenza la straordinaria visione logistica dell'imperatore;  i porti, sottratti, se lo erano, a controllo feudale sono statalizzati col ruolo di far cassa per l'Erario con relativo compito  affidato a funzionari regi quali i portolani. Nel volume anche un accenno alla nascita di embrionali forme di defiscalizzazione simili alle odierne Zes per incentivare gli investimenti dei ceti mercantili nel Regno. Federico riforma la vecchia politica fiscale normanna, incoraggiando gli arsenali a costruire nuove navi e creando nuovi mercati con Africa e Oriente musulmano.

L'antica Brundisium era già porto d’importanza strategica in età romana; l’importanza del sito fu colta dai normanni che vollero la ricostruzione della città, distrutta dai longobardi nel VII secolo. Grazie all'ampliamento dell'arsenale e ai dragaggi voluti da Federico II, divenne il più importante scalo del regno di Sicilia sulla sponda adriatica. Pur non comparendo tra gli scali "export oriented" dell'ordinatio novorum portuum del 1239  fu non casualmente denominato dall’imperatore "Caput terrarum maritimarum Apuliae" divenendo gate per i traffici mercantili con l'Oriente soprattutto dopo l'alleanza politica e commerciale con la repubblica di Venezia. Dal porto salpavano le navi che trasportavano in Terra Santa, oltre che  guerrieri, mercanti e pellegrini, le derrate per l'approvvigionamento dei presidi cristiani d'oltremare. Brindisi, in cui avevano sede la Banca di Stato e la Zecca, ove fu coniato l’Augustale, una delle più notevoli monete del medioevo europeo, si proponeva quale ponte verso Asia e Africa.

Federico II governò l'Europa e il Mediterraneo dal regno del sud; oggi l'Europa dovrebbe e potrebbe riconsiderare il Mezzogiorno d’Italia all’interno della sua politica mediterranea. Perché sia effettivo raccordo con Africa e Asia occorre una rete di infrastrutture ben diversa da quella attuale; l’obiettivo è raggiungibile coinvolgendo i paesi nord europei nello sviluppo e rilancio della regione. La Cina, ancora trent’anni fa poverissima, si è sviluppata all'inizio con infrastrutture sviluppate in Bot (Build operate and transfer): operatori stranieri erano chiamati a costruire, gestire per un numero di anni e poi trasferire allo stato le infrastrutture.

 “Al di là del porto

c'è solo l'ampio mare...

Mare eterno assorto

nel suo mormorare...”

Ferdinando Pessoa

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