Settanta anni fa… tra la vittoria di Gino Bartali, l’attentato a Palmiro Togliatti e la ”rottura” della CGIL (Cosimo Zullo)
Il 15 luglio 1948, dopo il giorno di riposo per la festa nazionale francese, riprendeva il Tour de France e sui tornanti di una salita durissima, entrava nella leggenda del ciclismo Gino Bartali.
Saluta tutti e se ne va via con una serie di scatti che fanno il vuoto alle sue spalle. Questa impresa davvero epica di "Ginettaccio”, già trentaquattrenne, emoziona il popolo italiano che si esalta alle gesta di questo grande corridore che era stato capace di ribaltare una classifica che sino al giorno prima lo dava per spacciato.
L’Italia è in estasi, e, lo stesso Togliatti dal letto dell’Ospedale, esalta Bartali per quanto sta accadendo al Tour. Questo trionfo creò un particolare clima di entusiasmo che permise al nostro Paese di calmare gli animi, di allentare un clima di tensione “da guerra civile”.
Il 14 luglio a Roma vi era stato l'attentato a Togliatti. Verso Montecitorio, mentre il segretario del Partito Comunista Italiano usciva dal Parlamento percorrendo via della Missione, accompagnato da Nilde Iotti, fu colpito da tre colpi di pistola. A colpirlo fu uno studente, il siciliano Antonio Pallante, che dopo essere arrestato disse di avere colpito Togliatti “ perché nemico della Patria e al servizio di una potenza straniera”.
Dopo i primi soccorsi all’infermeria di Montecitorio, Togliatti venne trasportato al Policlinico per essere operato di urgenza. Verso le ore 17,00, quando si svegliò dall’anestesia, ricevette la visita dei dirigenti del PCI. Egli si raccomandò di “non perdere la testa e non fare sciocchezze”.
Erano passati appena tre mesi dalla vittoria della Democrazia Cristiana (48,05%) sul fronte popolare PCI – PSI e il clima politico era molto teso. L'attentato a Togliatti vide esplodere la protesta in tutto il Paese. Si bloccarono fabbriche e uffici, si abbassarono le serrande dei negozi e i trasporti pubblici vennero fermati.
La Fiat venne occupata e i lavoratori trattennero in ostaggio 16 dirigenti tra cui il Presidente Valletta.
La CGIL decise di estendere a tutti i lavoratori italiani lo sciopero in atto ovunque e riuscì a dare forma e indirizzo a tutte le manifestazioni. In tutti i centri agricoli della Puglia e nelle città, lo sciopero venne realizzato nelle prime ore del pomeriggio.
Le masse bracciantili affluivano nelle città con tutti i mezzi di fortuna.
Bari, Foggia, Brindisi, Lecce, Cerignola, Andria e Gravina venivano invase da tantissimi lavoratori, così come dicono gli atti dell’Istituto Gramsci Pugliese.
A Taranto, mentre gli operai abbandonavano i cantieri navali e confluivano verso la Camera del Lavoro, vennero attaccati dalla Polizia. Nel conflitto che ne seguì morirono un operaio militante del PSI e un agente di Polizia. Un bilancio pesante: 16 morti e oltre 200 feriti. I provvedimenti del ministro Scelba avevano procurato 92.000 fermi, 70.000 rinviati a giudizio. Vi furono condanne e molti licenziamenti per rappresaglia.
Quel periodo, 1947/1949, era caratterizzato anche nelle nostre zone dalle lotte dei braccianti per l’imponibile di manodopera .
A Mesagne, c'erano già stati “i cosiddetti fatti del 1° Luglio 1948”. I lavoratori agricoli avevano reagito alla mancata registrazione delle giornate di lavoro da parte delle grandi aziende agricole, con una forte mobilitazione di oltre 800 lavoratori che presidiarono sotto le abitazioni degli agrari per rivendicare il riconoscimento delle giornate di lavoro. Vi furono 11 arresti e Il clima politico era molto caldo. (dal libro pubblicato nel 2012 “ L’Unione Cooperativa dei Lavoratori Società di MS nella Storia di Mesagne”).
Il 14 luglio, pertanto, la notizia dell'attentato a Togliatti giunse in un clima che era già troppo rovente e carico di molta tensione.
“Fu l’energico impegno di Pietro Ostuni, dirigente del PCI di Mesagne, a fare in modo che la protesta rimanesse nell’ambito dello sciopero proclamato dalla CGIL e non degenerasse” ci racconta il nipote di Pietro Ostuni, il professore Elio Galiano che all’epoca era un ragazzo quattordicenne.
A Francavilla Fontana alla notizia dell’attentato a Togliatti, Antonio Somma nel libro-intervista “La Storia di un protagonista del Sud”, ricorda"... presi la bicicletta e iniziai il giro di tutte le contrade di Francavilla e invitai i compagni a venire in paese per ascoltare le notizie e le direttive sul da farsi alla luce degli avvenimenti. Una grande folla riempì Piazza Dante Alighieri e le stradine adiacenti del Centro Storico di Francavilla Fontana. Erano momenti carichi di emozioni e tensioni… Dovevamo mantenere la calma, bisognava protestare senza scadere nella violenza e nella guerriglia”.
Di Vittorio viene a sapere dell’attentato durante il suo viaggio di ritorno dagli Stati Uniti dove aveva partecipato ad una conferenza.
All’aereoporto di Ciampino, scrive il responsabile storico della CGIL del Lazio Giuseppe Sircana, trovò ad attenderlo l’automobile mandata dal Ministro dell’Interno Scelba che voleva sapere se la CGIL era in grado di controllare la situazione. Di Vittorio lo rassicurò. Eppure il governo De Gasperi non si fece scrupoli nell’accusare la CGIL di avere proclamato uno sciopero insurrezionale per capovolgere l’esito del voto del 18 aprile 1948.
Il leader dei sindacalisti democristiani, Giulio Pastore, aveva detto: ”se lo sciopero non cesserà entro la mezzanotte del 15 luglio, valuteremo le decisioni del caso”. Lo sciopero cessò il 16 luglio a mezzogiorno, con dodici ore di ritardo rispetto all’ultimatum.
Grazie a Di Vittorio la sospensione dello sciopero, malgrado la contrarietà di molte Camere del Lavoro, dimostrò l’alto senso di responsabilità ed equilibrio della CGIL.
La testimonianza di Enrico Parri, esponente della corrente repubblicana, sul ruolo svolto da Di Vittorio nel corso dello sciopero, fu molto netta e precisa. Egli affermò: “Per fortuna a sera è arrivato Di Vittorio e anche questa volta ha tenuto saldamente i piedi a terra… la tensione si ridusse ovunque “(Michele Pistillo“ Giuseppe Di Vittorio 1944-1957- Editori Riuniti).
Invece il Presidente del Consiglio De Gasperi, dichiarò :”L’unità sindacale è stata portata alla soglia del cimitero”. Fu un incoraggiamento ai sindacalisti di area cattolica che convocarono, fuori da ogni vincolo confederale, una riunione della loro componente.
Il 5 agosto 1948 il Comitato Direttivo della CGIL ritenne la situazione non più tollerabile e decise all’unanimità, favorevoli anche gli esponenti repubblicani e socialdemocratici, la decadenza dagli incarichi e la cessazione delle funzioni sindacali dei dirigenti democristiani.
Contemporaneamente, l'esponente di area cattolica Giulio Pastore partecipava al Consiglio Nazionale della DC che si svolgeva nella Casa di Riposo dei Francescani a Grottaferrata, vicino Roma.
Fatti e avvenimenti che sollecitano la memoria di tanti e che ci dicono quanto siano stati determinanti a segnare il corso della Storia del nostro Paese che, appena uscito dalla guerra, doveva costruire la democrazia politica, istituzionale ed economica.
Mesagne, 11 luglio 2018 Cosimo Zullo