In ricordo di Pasolini: quando gli intellettuali erano le sentinelle della democrazia (Carmelo Molfetta)
L’omicidio avvenne tra la notte del 1 ed il 2 novembre del 1975 sul litorale di Ostia.
Il corpo fu rinvenuto la mattina su una strada sterrata e presentava gravi e molteplici ferite. Da una prima perizia risultò “che la morte del Pasolini era stata determinata da rottura del cuore con emopericardio, causata dalla compressione esercitata sul torace dal passaggio dell’autovettura che aveva cagionato la frattura del corpo sternale e di numerosi elementi costali.” Così la Cassazione descrive lo stato del ritrovamento del corpo di Pasolini e la causa della morte.
Si sa che per quell’omicidio venne condannato Giuseppe Pelosi il quale “…dopo aver gettato tra i rifiuti la camicia e le tavolette insanguinate, avviò l’autovettura (l’Alfa Romeo di Pasolini con la quale fuggì) accendendo le luci, e senza sbandamenti la diresse sul corpo inerte -che facilmente avrebbe potuto evitare tenendo la propria mano-, per riprendere subito dopo averlo sormontato, con una immediata correzione di marcia, la giusta direzione”.
Fu esclusa l’esimente della legittima difesa invocata dal Pelosi il quale sostenne che Pasolini avrebbe “posto in essere un tentativo di violenta sottoposizione del giovane ai suoi desideri”, perché non solo mancava “la prova degli elementi richiesti per la configurabilità dell’esimente, ma sono emerse risultanze atte ad escluderla.”
La Sezione per i minorenni della Corte d’Appello di Roma, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale per i minorenni di Roma con la sentenza di primo grado del 26 aprile 1976 che dichiarò Pelosi “colpevole di omicidio volontario commesso in concorso con altre persone rimaste ignote”, confermò la sentenza di primo grado “in ordine ai reati di omicidio e furto ascritti al Pelosi secondo l’originaria imputazione” che non menzionava però il concorso con ignoti avendo ritenuto “estremamente improbabile che Pelosi possa aver avuto uno o più complici”.
Al netto degli accertamenti giudiziali che hanno escluso questa circostanza, invero con qualche dubbio pur espresso nella motivazione delle varie sentenze (“…le conclusioni che la Corte trae intorno alla possibilità della partecipazione di altre persone al delitto, anche se non possono essere espresse in termini di totale e assoluta certezza…) sono in molti quelli che credono il contrario.
Tutti fatti noti e da anni dibattuti; così come è notorio che sono in tanti a ritenere che quello fu “un omicidio politico” (Pasolini. Un omicidio politico. Viaggio tra l'apocalisse di Piazza Fontana e la notte del 2 novembre 1975 – 2 nov 2017 di Paolo Bolognesi, Andrea Speranzoni) sicché ben può affermarsi che l’omicidio di Pasolini può essere annoverato tra i tanti misteri italiani non risolti.
Quella notte, insieme all’uomo, fu ucciso un intellettuale di grande ingegno e fu spenta la più alta voce critica del momento dalla purezza morale inarrivabile. Le antenne più sensibili sullo stato della democrazia che l’Italia registrava in quel momento furono disattivate.
Chi denuncerà più che “L’Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è, ora, il fascismo. ….(Vie Nuove 6 settembre 1962)
Quanto di quella denuncia è oggi attuale? E chi, oggi, ha la forza morale e la purezza d’animo di Pasolini per ribadire quella denuncia!
Chi oggi può dire “Io come il Dott. Hyde ho un’altra vita. Nel vivere questa vita, devo rompere le barriere naturali ed innocenti di classe. Sfondare le pareti dell’Italietta, e sospingermi quindi in un altro mondo: il mondo contadino, il mondo sottoproletario e il mondo operaio. …”Quella Italietta che per lui fu “…un paese di gendarmi che mi ha arrestato, processato, perseguitato, tormentato, linciato per quasi due decenni..”(Paese Sera 8 luglio 1974 <Lettera aperta a Italo Calvino: Pasolini quello che rimpiango).
Chissà cosa avrebbe detto oggi Pasolini del caso Regeni che parte da brillante ricercatore e torna cadavere; cosa avrebbe scritto del povero Cucchi affidato vivo alla custodia dello Stato e restituito morto dopo sevizie e torture inimmaginabili; e chissà cosa avrebbe detto e scritto di Domenico Lucano, il sindaco di Riace!.
E di questo mondo omologato, conformista, utilitarista, individualista, chissà cosa avrebbe scritto!.
Lui scrisse “Cos’è questo golpe: io so” Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe. Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili della strage di Brescia e di Bologna. Io so i nomi del vertice che ha manovrato…io so i nomi dei potenti…io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici…Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore…Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. …”(Corriere della sera 14 novembre 1974)
E quanti oggi, intellettuali e non, sanno ma tacciono?
Mesagne 13 ottobre 2018
Carmelo Molfetta