Il vino di Brindisi (Carmine Dipietrangelo)
La vitivinicoltura brindisina ha fatto, negli ultimi anni, molti passi in avanti.
Grazie a quegli operatori, vecchi e nuovi, che hanno resistito e creduto, investendo con lungimiranza, la nostra vitivinicoltura sta raggiungendo livelli di qualità ormai riconosciuta dal mercato e dai consumatori. Ma mentre molti vini pugliesi si stanno affermando sui mercati, le uve dei vigneti brindisini non tutte vengono trasformate nel territorio. Sono ancora utilizzate altrove e per altri vini. Si continua,insomma, a lavorare per altri!
Se la viticoltura sta acquistando sempre più importanza e valore contribuendo alla rivalutazione dei territori vocati e dei vitigni autoctoni, quella brindisina, nel contesto pugliese e nazionale, ha tutte le condizioni e le potenzialità per recuperare e per riproporsi con il suo "terroir", con i suoi vitigni autoctoni (negroamaro, malvasia nera e bianca, susumaniello), con il suo vino. Di questo la nuova amministrazione comunale sembra sia consapevole. C’è una attenzione diversa rispetto al passato. Lo abbiamo visto anche nella impostazione che si vuole dare al PUG che vuole riservare alla campagna, all’agricoltura e alla vitivinicoltura un nuovo ruolo rispetto al tradizionale consumo del suolo per uso abitativo e industriale.
Da tempo affermo che Brindisi deve recuperare le sue potenzialità agricole e vitivinicole. Può dare un contributo ad un suo nuovo sviluppo. Dopo la crisi di questi anni e l'incipiente esaurimento del vecchio modello di sviluppo impostato sulla industria di base(petrolchimica) e di servizio(energia da fossili) i contorni di un nuovo sviluppo possono avere nel vino un solido riferimento. Non un ritorno ad un passato, anche se va detto, esso ha contribuito nel corso di più di due millenni, a fare la storia del vino nel Mediterraneo, contribuendo a valorizzare territorio, paesaggio e soprattutto il porto. Attorno al vino di Brindisi c’è sempre stato un indotto. La presenza delle tante fornaci di anfore vinarie utilizzate per trasportarlo per tutto il mediterraneo sin dai tempi dell’Impero romano, è un esempio di ciò che il vino ha rappresentato nell’economia brindisina. Vigneti, palmenti,fornaci, porto, se hanno avuto,un ruolo già duemila anni fa, la stessa economia e la stessa sinergia la si può ritrovare tra metà ottocento e novecento. Periodo questo che arriva fino ai nostri anni sessanta. Sempre vigneti, stabilimenti enologici (ai primi del novecento se ne contavano in città ben 121), industria delle botti (al posto delle fornaci), porto sempre affollato da “bastimenti” su cui veniva imbarcato il vino di Brindisi utilizzato per tagliare tutti i vini del nord Italia e della Francia. La modernizzazione e la industrializzazione, assieme ai primi segnali di crisi del settore, hanno preso il sopravvento su un territorio che è rimasto comunque caratterizzato da una forte presenza e vocazione agricola e viticola.
Dopo lo svellimento incentivato dei vigneti negli anni 70/80((si è passati in provincia di Brindisi dai 33.500 ettari vitati censiti in tutta la provincia nel 1970 ai circa 11.000 del 2016 a tutto vantaggio della viticoltura veneta e toscana ), dopo la crisi del metanolo, dopo quella delle cooperative sociali e dopo l'asservimento agli impianti fotovoltaici di aree agricole pregiate e vocate alla vite, si registra negli ultimi anni anche a Brindisi un ritorno di interesse verso la vitivinicoltura.
Ben 4.000 ettari dell'agro cittadino (il 50% della superficie agraria provinciale di tutta la superficie dove si produce uva da vino) ,tra vecchi e nuovi impianti, sono coltivati a vigneto per uve da vino. Assieme ai 1.300 ettari dell'agro di Mesagne costituiscono l’area della Doc Brindisi(una delle poche città che da' il proprio nome ad una denominazione d’origine controllata ). Una Doc, tra le 29 pugliesi, poco valorizzata e tutelata, poco utilizzata dagli stessi viticoltori: su circa 5000 ettari vitati solo 337 sono stati registrati a doc Brindisi!
Il consorzio di tutela della doc brindisi può e deve diventare uno strumento di valorizzazione, di promozione non solo,del vino ma anche della città che produce questa Doc. L'ipotesi di trasformare il negroamaro Doc Brindisi in DOCG (denominazione controllata e garantita) rimane la strada per la valorizzazione ulteriore dei nostri vitigni, del nostro vino, del nostro territorio.
Il Testo Unico del Vino approvato non più di due anni fa semplifica e riunisce le norme del settore con l’obiettivo di dare valore.
L'art. 1 di questa legge recita testualmente: "La Republica salvaguarda, per la loro specificità e il loro valore in termine di sostenibilità sociale, economica, ambientale e culturale, il vino prodotto della vite, e i territori viticoli, quale parte del patrimonio ambientale, culturale, gastronomico e paesaggistico italiano, nonché frutto di un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni".
Questo articolo della legge può diventare il manifesto per rilanciare e valorizzare la vitivinicoltura brindisina. Ci sono oggi favorevoli condizioni per ricostruire a Brindisi una nuova economia e una cultura del vino. Ci sono competenze, pratiche, tradizione e storia. Oggi più che mai è necessario mettere e mettersi assieme(produttori, tecnici, associazioni, istituzioni), cooperare in maniera innovativa, ripensare e rafforzare le forme associative di tutela, di ricerca, di promozione del prodotto vino e del suo territorio. Non servono prime donne ma imprenditori e produttori che devono saper cooperare nella valorizzazione di Brindisi, terra di antichi vigneti e di vino buono.
I produttori, tutti, devono stare in prima fila. Ma non solo essi. Ci devono credere i ristoratori, le enoteche, le vinerie, gli,appassionati e degustatori del vino, gli operatori turistici.
Brindisi e la sua agricoltura è entrata nel Gal dell'Alto Salento. In altri territori i Gal sono stati e sono strumenti e fonti di finanziamento per valorizzare territori viticoli. Non si perda, a brindisi, anche questa occasione.
L'economia e la cultura del vino non possono essere solo quelle che si incontrano negli eventi estivi, tipo sagre paesane anche se ambiziose e di livello o esaurirsi con essi. Se ne fanno tante e ovunque ormai. Esse,poi, non sono sufficienti, disperdono energie in inutili e invidiose competizioni e rischiano di diventare solo spettacolo ed indistinta sagra di enogastronomia. C'è bisogno di iniziative in grado di aiutare e promuovere capacità di conoscenza, di innovazione, di promozione, di commercializzazione e di valorizzazione dei nostri vini.
Le feste passano... il negroamaro, resta nella vigna, nelle cantine e sul mercato dove bisogna stare con competenza e passione.
Si faccia invece tesoro degli errori commessi o delle esperienze già fatte per avviare percorsi di nuovi eventi per promuovere il nostro vino e il territorio che lo produce. Il consorzio di tutela della Doc Brindisi e il programma e le misure di finanziamento del Gal Alto Salento devono vedere Brindisi e i suoi produttori agricoli protagonisti.
Sogno una Brindisi "scoperta", interpretata attraverso "un viaggio" che parte dal bicchiere(vino di negroamaro e di susumaniello da degustare), incontra e percorre il territorio e il paesaggio(quello vecchio e nuovo dei vigneti brindisini), passa dalle cantine ed arriva alla cultura(storia, tradizione, ricerca, innovazione). E i giovani brindisini che stanno scoprendo il vino e la sua cultura possono essere i testimoni e gli ambasciatori di queste emozioni che si possono provare a Brindisi e con i vini di Brindisi
Il negroamaro brindisino come altri vitigni autoctoni (susmaniello innanzitutto) hanno la loro specificità (sentono il clima del mare) ed hanno tutte le potenzialità per imporsi con una propria identità.
L'identità del vino ha un valore economico e non è solo un racconto da comunicare. L'identità è un percorso che affonda le radici nel passato e che si apre al futuro. Brindisi, terra di antichi vigneti e di vino buono, può essere tutto questo. Solo così l'attenzione verso questo importante settore potrà essere l'occasione per ritrovarsi come comunità che sa valorizzare il territorio, le sue vigne, i suoi vitigni, il suo vino.
Carmine Dipietrangelo